Come fiocchi di neve bianca che seguitano a scendere senza potersi fermare, anche gli uomini vanno avanti, ora lentamente, ora correndo, poi bruscamente si fermano, poi riprendono ad avanzare; si muovono, si agitano, si affannano, consumano moltissime energie. Dove corrono, dove si affrettano, cosa stanno inseguendo? Cosa li ha spronati, li ha trascinati, per poi subito abbandonarli e lasciarli svuotati, esausti, in attesa della prossima corsa, tanto precipitosa quanto inutile? Sembrano proprio dei fiocchi di neve impazziti nella loro danza turbinosa, portati di qua e di là, senza sosta, senza pace, senza un vero perché. Eppure, da un certo punto di vista, si tratta di una danza armoniosa: non tanto per il singolo fiocco di neve, ma per l’insieme della nevicata: l’impressione complessiva è di leggerezza, di bellezza, di poesia. Il segreto è tutto qui: saper vedere le cose nel loro insieme, nella loro interezza; non fermarsi al particolare, non fermarsi al contingente: l’armonia e la bellezza sono ovunque, è la nostra capacità visiva che, troppe volte, si rivela debole e inadeguata. Quell’evento che ci è apparso privo di significato; quella esperienza da cui non abbiamo ricavato che fatica e sofferenza, non sono stati inutili, nulla è superfluo, nella vita; tutto ci aiuta a formarci e ci viene offerto come un’occasione di crescita spirituale: anche il male, anche la tentazione. Un disegno armonioso presiede alla trama della vita, anche se non ce ne rendiamo conto, anche se talvolta ci sembra di girare in tondo, assurdamente; anche se talvolta ci sembra di aver smarrito la strada, di sbattere contro cento e cento ostacoli; per coglierne la sapienza, bisogna allontanarsi, guadagnare una certa prospettiva. Finché siamo trascinati dalle nostre passioni, dalle nostre paure e dalle nostre brame, siamo come dei ciechi che vanno a tentoni. Solo quando è trascorso il tempo e ritroviamo la giusta distanza prospettica, ci accade di sorridere di quelle cose che ci avevano tanto spaventati o tanto attratti, tanto angustiati o tanto confortati; solo quando è trascorso il tempo e noi ci siamo aperti al ripensamento di noi stessi. Non sempre, infatti, il trascorre del tempo porta con sé la chiarezza, apre lo sguardo e lo rende limpido. Vi sono persone per le quali le esperienze fatte scivolano via senza lasciare una traccia apparente; forse, in esse, rimane un seme silenzioso, che spunterà fra un anno o fra dieci, chi può saperlo: crediamo di vedere molto, di capire tanto, ma poco sappiamo e poco comprendiamo. Dovremmo fidarci di più della saggezza della vita: non perché essa abbia il potere miracoloso di rimediare a tutti i nostri errori, ma perché, fidandoci di essa, forse ne commetteremmo meno, o forse riusciremmo a trasformarli in occasioni di bene; forse diventeremmo persone migliori, e impareremmo a perdonare e a compatire. Perché una vita senza compassione nessun uomo riuscirebbe a mantenerla sulla giusta rotta, sia quando sale la nebbia, sia quando calano le ombre del crepuscolo.
Liberamente tratto da un testo di Francesco Lamendola
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