“Se solo per un istante Dio si dimenticasse che sono una marionetta di pezza e mi regalasse un pezzo di vita, probabilmente non direi tutto ciò che penso, ma in definitiva penserei tutto ciò che dico. Darei valore alle cose, non per ciò che valgono, ma per ciò che significano.
Con questo blog, io vi voglio far conoscere la cultura e la lingua italiana nel mondo, giacché l'Italia è una grande potenza culturale, troppo spesso inconsapevolmente...
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venerdì 17 marzo 2017
mercoledì 2 novembre 2016
Mercoledì 2 Novembre: COMMEMORAZIONE DI TUTTI I FEDELI DEFUNTI
La commemorazione dei defunti è conosciuta in Italia anche con il nome di Giorno dei Morti. Si tratta di una ricorrenza della Chiesa Cattolica, particolarmente sentita in buona parte dei paesi cattolici, quali l'Italia e i paesi dell'America Centrale, che si festeggia il 2 di novembre.
In Italia, benché questa ricorrenza sia particolarmente importante per i credenti che approfittano di tale giorno per far visita ai cari defunti, il giorno dei morti non è mai stato ufficialmente istituito come una festività civile.
Origini della Commemorazione dei Defunti
In molti confondono la commemorazione dei defunti con Halloween, ma in realtà queste due ricorrenze sono dissimili fra di loro, benché cadano a distanza di pochi giorni l'una dall'altra. Halloween, infatti, cade la notte a cavallo fra il 31 di ottobre e il 1° di novembre, mentre il Giorno dei Morti cade il giorno successivo, ovvero il 2 di novembre. Una cosa accomuna queste due festività: la credenza di origini pagane che, durante tali giorni, le anime dei defunti facciano ritorno dall'al di là e si cibino degli alimenti dei vivi. Per questo, nei paesi dove la credenza è forte, sono in molti a lasciare tavole imbandite per il ritorno delle anime dei loro cari, ormai estinti.
Le tracce più antiche della commemorazione dei defunti si trovano già nel rito bizantino, sebbene la domenica prescelta per commemorare le anime di tutti i morti cadesse due settimane prima dell'inzio della quaresima, ovvero in un periodo compreso fra gennaio e febbraio.
In seguito, la riforma cluniacense ad opera dell'abate sant'Odilone di Cluny, nel 998 d.C., stabilì che le campane delle abbazie suonassero con rintocchi funebri dopo la funzione dei vespri del 1° novembre, e che il giorno successivo fosse celebrata la messa per celebrare le anime dei defunti.
Infatti, tale celebrazione si basa sull'idea che le anime dei fedeli che non si sono purificati del tutto dai loro peccati veniali si trovano in Purgatorio, ma possano essere aiutate a raggiungere il Paradiso tramite la preghiera e le offerte dei cari ancora in vita.
Il giorno dei morti in Italia
In Italia, la commemorazione dei defunti è una ricorrenza molto sentita. Segue il 1° di novembre, ovvero la festa di Ognissanti, ed è un giorno di raccolta e di preghiera, durante il quale i credenti omaggiano il ricordo dei loro cari estinti.
Durante tale giorno, è consuetudine fare visita ai cimiteri locali e portare doni alle tombe, per lo più fiori. Oltre a far visita alle tombe nei cimiteri locali, in alcune regioni italiane, i credenti rispettano alcune sono tradizioni locali molto radicate, che accompagnano da sempre questa particolare ricorrenza.
In Sicilia, ad esempio, si preparano dei dolciumi chiamati "dolci dei morti", per lo più frutta di Martorana e altri dolci fatti con la pasta di mandorle. Inoltre, si ha la credenza che i defunti tornino indietro per fare dei regali ai bambini.
Nella provincia di Massa Carrara si crede che i defunti tornino indietro e che chiedano alle loro famiglie di distribuire cibo ai bisognosi, in loro nome.
Sull'Argentario, i bambini orfani indossavano un abito speciale con un'enorme tasca realizzata sul davanti, che veniva riempita di dolci e cibo. Tale usanza è andata via, via scomparendo.
In Abruzzo, era tradizione intagliare le zucche, esattamente come avviene durante Halloween.
Nella zona di Treviso, è consuetudine mangiare delle focacce chiamate "i morti vivi".
Il giorno dei morti nei paesi dell'America Centrale
La commemorazione dei defunti è particolarmente sentita anche nei paesi dell'America Centrale, quali il Messico, la Costa Rica, El Salvador e l'Honduras.
In questi paesi, il giorno dei morti ha radici molto lontane nel tempo e risale ancor prima della conquista ad opera degli Spagnoli. Infatti, gli antichi mesoamericani avevano un grande rispetto per la morte e il suo culto era estremamente importante nella loro società. Si credeva che le anime dei defunti avessero sorte differente l'una dall'altra, non tanto in base al comportamento tenuto in vita, ma in base al modo in cui era avvenuto il trapasso.
Si credeva inoltre che le anime continuassero a vivere dopo la morte, per cui le tombe dei defunti erano sempre accompagnate da oggetti che potevano essere o oggetti cari al defunto, o utensili necessari alla vita nell'al di là.
Quando gli spagnoli arrivarono nelle Americhe, fusero il rito cattolico a quello degli indigeni locali, per cui le usanze mesoamericane che omaggiavano i defunti e il loro ritorno dall'al di là continuarono a sopravvivere, ma la data di celebrazione venne fatta coincidere con quella "europea" del 2 novembre, giorno successivo a Ognissanti.
venerdì 29 luglio 2016
GIUBILEO 2016: GLI OCCHI DI GESÙ
Era luglio. Passeggiavo lungo il fiume, imponente. La forte siccità di quell’anno non aveva succhiato forza al suo silenzioso andare. Ci sono vene sotterranee che non si estinguono mai. Guardavo il fondo: pietre, composte, levigate dagli anni. E cielo, riflesso. Pietre, pesanti, come un cuore caduto in basso. Cielo, leggero, come un cuore richiamato alla vita. “Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra”, aveva detto il profeta. Rannicchiata sotto una chioma di verde, una donna contava le sue lacrime, ultime briciole di un passato lontano. Lavato, per sempre. Mi dice il suo nome, Marie. Da anni sfidava un “Dio”, se c’era. La sua era stata una cocciuta resistenza all’Amore, con le armi tenebrose del peccato. Poi, l’angoscia, la solitudine, il dolore, a uccidere la sua anima già morta. E così l’ultima decisione, presa davanti alla materna scultura della Madre: “Vengo da Te, portami a Gesù. Se esiste”. Voleva vedere i Suoi occhi. Per questo, quel giorno di luglio, aveva calcato quella terra benedetta, all’ombra di un santuario. Mentre lei si raccontava, in me notteggiava un sottofondo: “Ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue”. Entrò in un confessionale, uno dei tanti, come uccellino tremante. Gli occhi bassi, per la paura di guardarsi, di essere guardata, di essere giudicata. Giudicata. Una voce calda, paterna le sciolse il nodo in gola. “Per la prima volta nella mia vita cominciai a confessare i miei peccati”. Ad ascoltarla, ai bordi della sua anima, un sacerdote. Man mano, le parole smozzicate fuoriuscivano insieme alle lacrime, interrotte dai singhiozzi. “Voglio vedere i Tuoi occhi, Gesù Cristo”. Questo tormento l’aveva spinta fin lì. Ora tutto era consegnato. Non restava che alzare la testa. Parole di conforto, di perdono le sollevavano il volto. E la vita. Lei apre gli occhi. E incontra lo sguardo del sacerdote, luce concentrata in un volto. Perdono fatto carne. “Sentii in me scorrere il Sangue di Gesù, che aveva lavato i miei peccati. Gli occhi di quel prete non li dimenticherò mai”. Poi, una richiesta discreta di quel sacerdote: “Preghi per me, che da alcuni anni ormai sono diventato cieco”. A questo pensava, commossa, sotto quella chioma di verde: aveva visto gli occhi di Gesù.
Tratto da Cenacolo GAM
domenica 17 luglio 2016
Chiesa di Santa Maria in Purocielo, o di Gorgognano. (Brisighella)
Vi si arriva percorrendo una stretta strada asfaltata che risale il Rio di Cò, stretta e selvaggia valle interna con punti panoramici notevoli, che in circa 3 Km (ultimi 1,5 non asfaltati) ci porta appunto alla chiesa di
Santa Maria in Purocielo.
E' una piccola e semplice chiesa di campagna:
questi luoghi nell'ottobre del '44 sono stati teatro di aspri combattimenti.
Il sito è punto di arrivo di un 'escursione intitolata "il sentiero dei Partigiani" (segnavia CAI 579).
sabato 25 giugno 2016
GIUBILEO 2016: LA VENUTA DELLA MISERICORDIA
“Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt 1,21).
Siamo immersi nel mistero della storia di salvezza, plasmati come fragili vasi di creta, ma nello stesso tempo, partecipi del mistero della divina grazia e della divina misericordia. Si sono manifestate, dice l’apostolo, la bontà e l’umanità di Dio nostro Salvatore.
Il Verbo incarnato è la manifestazione suprema dell’amore di Dio che, assumendo la nostra natura con tutto il suo peso di miseria, viene a cercarci e a sollevarci. Quale disegno grande e consolante! San Bernardo con un’immagine molto eloquente diceva: “Dio Padre ha inviato sulla terra un sacco, per così dire, pieno della sua misericordia, un sacco che fu lacerato durante la Passione, perché ne uscisse il prezzo del nostro riscatto; un sacco certo piccolo, ma pieno, se c’è stato dato un bimbo (Is 9,5) in cui però “abita corporalmente tutta la pienezza della divinità” (Col 2,9)”.
Il Vangelo secondo Giovanni proclama solennemente: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14). Il Verbo incarnato è la risposta al profondo anelito dell’uomo. Immersi in questo mistero, abbiamo bisogno di imparare ad accogliere in noi la vita divina per divenire a nostra volta piccoli sacchi ricolmi di misericordia, sacchi rigonfi, che si squarciano per nutrire tutti i miseri, affamati di amore e di perdono.
Anna Maria Cànopi
venerdì 3 giugno 2016
GIUGNO E IL SUO SACRO CUORE.- LA FAMOSA IMMAGINE DEL SACRO CUORE DI GESÙ
L’autore della più famosa immagine del Sacro Cuore di Gesù è Pompeo Batoni, artista di Lucca. Nel 1760, Batoni realizzò su rame l’immagine del Sacro Cuore di Gesù, che fu posta poi in una cappella della Chiesa del Gesù a Roma. Quest’opera d’arte è diventata l’immagine ufficiale della devozione popolare al Sacro Cuore di Gesù.L’artista, nel realizzare l’opera, si ispirò alle apparizioni della santa monaca francese Margherita Maria Alacoque. La prima avvenne nel 1673, nel monastero di Paray-Le-Monial, nel giorno della festa di san Giovanni Evangelista, mentre Margherita Maria si trovava davanti al Santissimo Sacramento. La santa racconta: “Il Divino Cuore mi fu presentato come in un trono di fiamme, più sfolgorante di un sole e trasparente come un cristallo, con la piaga adorabile; esso era circondato da una corona di spine e sormontato da una Croce”. Batoni ha rappresentato Cristo, vestito di una tunica rossa (colore del sangue, del martirio e dell’umanità) e un manto blu (colore del cielo e del divino), giovane e bello, con lunghi capelli inanellati sulle spalle, il Suo Volto è contornato da una breve barba, mentre con la mano destra indica il proprio cuore irraggiato dalle fiamme, e incoronato da una corona di spine, sulla sommità del cuore una croce. Nel racconto, santa Margherita Maria riferisce le parole che Gesù le ha detto: “Il mio Divino Cuore è tanto appassionato d’amore per gli uomini e per te in particolare, che, non potendo più contenere in se stesso le fiamme del suo ardente Amore, sente il bisogno di diffonderle per mezzo tuo e di manifestarsi agli uomini per arricchirli dei preziosi tesori”. Gesù chiede a Margherita Maria di posare la sua testa sul Suo petto, domandandole in dono il suo piccolo cuore, che Egli prende e inabissa nella fornace del Suo Cuore divino, restituendolo alla santa infiammato d’amore. L’abilità dell’artista risalta nello sguardo di Cristo che penetra l’osservatore, e la Sua mano destra è un invito per chi guarda a posare il suo capo sul petto di Gesù, come già fece l’apostolo Giovanni, e come ha fatto santa Margherita Maria. E la santa dona prontamente il proprio cuore per essere contagiato dalla passione di Dio per l’umanità.
venerdì 25 marzo 2016
Chiesa di Santa Maria delle Grazie e il Cenacolo di Leonardo Da Vinci (Milano, in LOMBARDIA).
La Chiesa di Santa Maria delle Grazie e il Cenacolo di Leonardo Da Vinci
(Milano, inLOMBARDIA).
Lo sapevate?
La chiesa è stata inserita nel 1980 nella World Heritage List dell'UNESCO perché è una delle massime testimonianze dell’arte rinascimentale, avvalorata dalla presenza dell'eccezionale opera del Da Vinci.
La Chiesa di Santa Maria delle Grazie, situata nel cuore di Milano, è un’ imponente opera architettonica, emblema della religiosità cattolica, ed è legata in modo indissolubile all’affresco di Leonardo da Vinci, il Cenacolo, conservato al suo interno, nel refettorio.
La chiesa è stata inserita nel 1980 nella World Heritage List dell'Unesco perché una delle massime testimonianze dell’arte rinascimentale, avvalorata dalla presenza dell'eccezionale opera del Da Vinci, eccelso rappresentante del genio creativo umano.
Crocevia di cruciali avvenimenti politici, sociali ed economici, Milano ha svolto un ruolo determinante nelle vicende della penisola. Qui nel 1460, il conte Gaspare Vimercati, comandante delle milizie di Francesco Sforza, donò ai Domenicani una cappella con affrescata l’immagine della Madonna, detta “delle grazie”, affinché edificassero una chiesa - Santa Maria delle Grazie, appunto - e un convento.
I lavori iniziarono nel 1463, progettati e guidati da Guiniforte Solari: il convento fu completato nel 1469, mentre per la chiesa fu necessario aspettare il 1482.
In seguito, per volontà di Ludovico il Moro, che la volle come mausoleo per la propria famiglia, la chiesa fu modificata.
Le modifiche, attribuite al Bramante, riguardano un geniale ampliamento della struttura, con l'aggiunta di grandi absidi semicircolari, una maestosa cupola circondata da colonnati, un bellissimo chiostro, e il refettorio.
La perfetta architettura della chiesa e il Cenacolo di Leonardo nel refettorio sono perciò i simboli della Milano rinascimentale che annuncia una nuova era nella storia dell'arte europea.
La chiesa presenta sui due fianchi sette cappelle quadrate per ciascun lato, realizzate dal Solari ad eccezione dell’ultima a sinistra, dedicata alla Vergine delle Grazie.
Dopo la costruzione dell’edificio, i più importanti casati milanesi richiesero il patrocinio delle cappelle per poterle utilizzare come sepoltura per i membri delle famiglie, e ne affidarono la decorazione a importanti artisti dell'epoca: come la Cappella di Santa Caterina che custodisce sculture di Antonello da Messina, o le Cappelle della Vergine Adorante e di Santa Corona con affreschi di Gaudenzio Ferrari.
Il convento, articolato attorno a tre chioschi, è costituito, a nord, dal fianco nord della chiesa, mentre sugli altri tre lati corre un portico di colonne con capitelli gotici a foglie lisce.
Sul portico si affacciano l’antica Cappella delle Grazie, le sale del Capitolo e del Locutorio e la biblioteca, opera del Solari.
Il lato sud è invece interamente occupato dal refettorio, contenente sia la Crocefissione, una delle opere di maggiore levatura del pittore milanese Donato Montorfano, sia il celeberrimo Cenacolo Vinciano.
Anche noto come l'Ultima Cena, il Cenacolo è considerato tra le più conosciute e importanti opere dell’artista ed è l’unico dipinto a muro di Leonardo Da Vinci visibile oggi.
Il dipinto si basa sul Vangelo di Giovanni, nel quale Gesù annuncia che verrà tradito da uno dei suoi apostoli.
All'interno di una stanza, Leonardo ambientò in primo piano la lunga tavola della cena, con al centro la figura isolata di Cristo, dalla forma quasi piramidale per le braccia distese.
Attorno a Cristo gli apostoli sono disposti in quattro gruppi di tre, diversi, ma equilibrati simmetricamente. L'utilizzo prospettico e la disposizione dei personaggi attraggono l'occhio al punto che sembra di assistere all'ultima cena di Gesù dal vivo e di vivere intensamente questo decisivo momento.
La tecnica adottata da Leonardo da Vinci nella stesura dell’affresco commissionatogli da Ludovico il Moro è “a tempera”, per dare libero sfogo alla sua creatività, una tecnica che tuttavia non ha retto alle mutevoli condizioni climatiche, creando notevoli problemi all'affresco.
Nel 1943, i bombardieri anglo-americani colpirono la chiesa e il convento si Santa Maria delle Grazie: il refettorio fu raso al suolo, si salvarono pochi muri, tra cui quello del Cenacolo, rinforzato appositamente con sacchi di sabbia e che ancora oggi è simbolo della devozione dei cattolici milanesi.
sabato 5 marzo 2016
UN’ANTICA DEVOZIONE CRISTIANA
Fin dalle origini della Chiesa, i fedeli erano consapevoli che l’umanità fosse stata redenta attraverso la passione di Cristo. I Vangeli raccontano la via del Calvario del Signore: il Figlio di Dio, divenuto uomo, accettò la Croce, la portò fin sul Calvario, dove fu crocifisso e morì per i peccati del mondo. Fu poi deposto nel sepolcro e il terzo giorno risuscitò. A Gerusalemme, i cristiani visitavano, in pellegrinaggio con fede e in profonda preghiera, i luoghi in cui il Signore era stato nelle ultime ore della sua vita terrena e consideravano quei luoghi sacri. Su alcuni di essi furono costruite delle chiese, in alternativa davano il compito di raffigurare gli avvenimenti della passione del Signore, in modo da poter meditare la “via crucis”, soffermandosi in preghiera davanti a ciascuna immagine. Contemplare un episodio della passione, soffermarvisi del tempo, ripercorrere e far memoria di ciò di cui si era stati testimoni, era come un sentirsi partecipe dell’evento: ci si sentiva come veri discepoli, uno di quei seguaci del Signore che amava seguire i suoi passi, che amava ascoltarlo. Nel secolo XVII, la “via Crucis” acquisì quella forma poi giunta fino a noi, cioè le quattordici Stazioni, accompagnate da commenti e meditazioni, un ausilio per una più profonda devozione e anche diffusione della pratica. In essa, il fedele ritrova elementi che, seppur non corrispondenti pienamente alla realtà, mettono in luce verità fondamentali del Vangelo non espresse chiaramente, come ad esempio l’incontro di Gesù con la Veronica, in cui si mostra quale dono prezioso siano i segni della passione per chi vuole condividere le sofferenze di Cristo. Attraverso questa forma di pietà, i cristiani si uniscono alle sofferenze del Signore: lo seguono sul Golgota, portano con lui la croce, perché come veri discepoli bisogna prendere la croce su di sé. Abbandonandosi a Dio sperimentano la grazia, e sentono il carico più leggero. Ascoltando le preghiere del fedele, il Signore gli dà forza, coraggio e la sua vita viene illuminata, perché con Cristo impara a vincere la sofferenza. Ciò rafforza la fede nell’uomo e genera frutti abbondanti: una pace e una quiete profonde.
sabato 27 febbraio 2016
LA QUARESIMA
La Quaresima, itinerario di quaranta giorni che ti conduce alla celebrazione della Pasqua, è un ritorno alle radici della fede, perché, meditando sul dono della grazia incommensurabile che è la Redenzione, non puoi non renderti conto che tutto ti è stato dato per amorevole iniziativa divina. Il Padre ti ha liberamente donato il suo Figlio, ti ha amato con infinita misericordia senza lasciarsi fermare dalla condizione di grave rottura in cui il peccato aveva posto la persona umana. Si è benevolmente chinato sulla tua infermità, prendendone occasione per una nuova e più meravigliosa effusione del suo amore.
La Chiesa non cessa di proclamare questo mistero di infinita bontà, esaltando la libera scelta divina e il suo desiderio non di condannare, ma di riammettere l’uomo alla comunione con Sé. “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date!” (Mt 10,8). Queste parole evangeliche risuonino nel tuo cuore lungo il pellegrinaggio penitenziale verso la Pasqua, affinché tu possa stupirti intimamente della grandezza di tale dono e sentire il desiderio di migliorare, di cambiare in meglio. Sì! Gratuitamente hai ricevuto e devi a tua volta donare. Il primo dono da rendere è quello di una vita santa, testimone dell’amore gratuito di Dio. Il tuo dono agli altri è risposta ai numerosi doni che il Signore continua a farti.
In questa Quaresima esci dalle abitudini stanche e dalla pigra assuefazione al male che ti insidia e dona senza riserve te stesso a Dio e al prossimo.
giovedì 25 febbraio 2016
UNA STORIA PER RIFLETTERE
Era un pomeriggio piovoso e una signora stava percorrendo in auto una delle strade principali della città, facendo particolare attenzione, poiché la strada era bagnata e scivolosa. All’improvviso, il figlio seduto sul sedile accanto, disse: “Sai mamma, sto pensando a una cosa”. La donna era curiosa di sapere quello che aveva scoperto con la sua testolina il bambino di sette anni. “Cosa hai pensato?”. “La pioggia, iniziò a spiegare, è come il peccato, e i tergicristalli sono come Dio, che spazza via i nostri peccati”. Superato lo stupore, la mamma chiese: “Hai notato che la pioggia continua a cadere? Cosa significa, secondo te?”. Il bambino non esitò un attimo a rispondere: “Noi continuiamo a peccare e Dio continua a perdonarci”.
Non esiste nessun libro dove vengono annotati i peccati. Dio non conserva nessun registro, nessun catalogo. Egli ci vede nel momento presente e ci avvolge con un amore incondizionato.
lunedì 5 ottobre 2015
LACRIME DI DONNA
Un bambino chiede alla mamma: «Perché piangi?». «Perché sono una donna» gli risponde. «Non capisco» dice il bambino.La mamma lo stringe a sé e gli dice: «E non potrai mai capire...». Più tardi il bambino chiede al papà: «Perché la mamma piange?». «Tutte le donne piangono senza ragione», fu tutto quello che il papà seppe dirgli. Divenuto adulto, chiese a Dio: «Signore, perché le donne piangono così facilmente?». E Dio rispose: «Quando l'ho creata, la donna doveva essere speciale. Le ho dato delle spalle abbastanza forti per portare i pesi del mondo, e abbastanza morbide per renderle confortevoli. Le ho dato la forza di donare la vita, quella di accettare il rifiuto che spesso le viene dai suoi figli. Le ho dato la forza per permetterle di continuare quando tutti gli altri abbandonano. Quella di farsi carico della sua famiglia senza pensare alla malattia e alla fatica. Le ho dato la sensibilità di amare i suoi figli di un amore incondizionato, anche quando essi la feriscono duramente. Le ho dato la forza di sopportare il marito nelle sue debolezze e di stare al suo fianco senza cedere. E finalmente, le ho dato lacrime da versare quando ne sente il bisogno. Vedi figlio mio, la bellezza di una donna non è nei vestiti che porta, né nel suo viso, o nella sua capigliatura. La bellezza di una donna risiede nei suoi occhi. Sono la porta d'entrata del suo cuore, la porta dove risiede l'amore. Ed è spesso con le lacrime che vedi passare il suo cuore».
Fonte non specificata
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