Per i Greci il Natale è una festività molto importante e sentita. A differenza di altre Chiese ortodosse – ad esempio, slave e copte che adottano il calendario giuliano e celebrano la nascita del Signore il 7 gennaio – la Chiesa greca condivide con quella cattolica il calendario gregoriano e quindi festeggia il Natale il 25 dicembre, anche se i riti si protraggono per tutto il periodo natalizio, ovvero fino al 6 gennaio, giorno in cui i Greci ricordano il battesimo di Cristo da parte di San Giovanni Battista sulle rive del fiume Giordano.
La Grecia, come si sa, è stata la patria della religione politeista che ha visto nel sommo Zeus il padre di tutte le divinità e nel monte Olimpo la sede del cosiddetto pantheon.
Con la diffusione del Cristianesimo anche la terra di Socrate, Platone e Aristotele ha abbandonato l’antica fede e abbracciato la religione diffusa dalla Chiesa di Roma.
La rottura vera e propria tra la Chiesa occidentale, quella di Roma, e la Chiesa Orientale avvenne nel 1054. Da questo Grande Scisma nacque la religione ortodossa che ben presto da Gerusalemme e Costantinopoli si diffuse in Bulgaria, Romania, Grecia e Russia.
Nonostante nell’ambito delle diverse Fedi si possano riscontrare delle diversità, anche per quanto riguarda la celebrazione delle feste principali, come Natale e Pasqua, tutte le Chiese ortodosse hanno identica struttura, sono autonome e indipendenti, non avendo un’organizzazione accentrata, e ciascuna di esse è retta da un patriarca. I patriarcati più importanti sono quelli di Mosca, di Costantinopoli e di Gerusalemme. In Grecia la Chiesa ortodossa è Chiesa di Stato.
Per i Greci il Natale è una festività molto importante e sentita. A differenza di altre Chiese ortodosse – ad esempio, slave e copte che adottano il calendario giuliano e celebrano la nascita del Signore il 7 gennaio – la Chiesa greca condivide con quella cattolica il calendario gregoriano e quindi festeggia il Natale il 25 dicembre, anche se i riti si protraggono per tutto il periodo natalizio, ovvero fino al 6 gennaio, giorno in cui i Greci ricordano il battesimo di Cristo da parte di San Giovanni Battista sulle rive del fiume Giordano.
In Grecia non c’è l’usanza di addobbare l’albero né di allestire il presepe (introdotto in occidente da San Francesco), sostituito da dei splendidi modellini di barche a vela in legno, decorati in modo speciale con tondini scintillanti e che evocano il mare, elemento con cui i Greci hanno un legame particolare. L’unica icona di Natale è rappresentata da una candela accesa che simboleggia la Stella Cometa e che viene portata in chiesa la notte del 24 dicembre, in attesa delle celebrazioni di rito.
I bambini non attendono Babbo Natale né, ovviamente, trovano i regali sotto l’albero, visto che non rientra nelle usanze greche. Ma non rimangono a bocca asciutta: infatti il 24 dicembre ai più piccoli viene regalata una sacca e un bastone con cui si recano di casa in casa cantando le calanda, tipiche canzoni natalizie, accompagnati dal suono di piccoli strumenti musicali come il trigono (un triangolo in acciaio suonato da una bacchetta metallica). In cambio della loro performance canora ricevono in dono frutta secca e biscottini, soprattutto i tradizionali kourabiedes, piccoli biscotti ricoperti di zucchero candito.
Una specie di Babbo Natale, tuttavia, è San Basilio che porta i doni ai bambini il 1° gennaio. Si tratta, quindi, di pazientare un po’…
Nella notte di Capodanno c’è anche l’usanza di preparare la vasilopita, ovvero la “torta di San Basilio”, che consiste in un dolce a base di latte, uova, burro e zucchero, nel cui interno è stata inserita una moneta di buon auspicio. La torta viene tagliata dal capofamiglia seguendo un preciso ordine gerarchico: la prima fetta è di Gesù, la seconda è della casa, la terza del capofamiglia, la quarta del coniuge, poi dei figli, nipoti, sempre in ordine di età. Perciò la vasilopita viene tagliata in tante fette quanti sono i componenti della famiglia, più due. La monetina diventerà il portafortuna di tutto l’anno per colui che la troverà nella propria fetta. E’ ovvio che se la monetina capiterà nella fetta di Gesù o della casa tutta la famiglia sarà benedetta.
Ma torniamo al Natale. La sera del 24 dicembre le famiglie si riuniscono per la tradizionale cena in cui non mancano i piatti tipici. E’ usanza che le donne di casa portino in tavola il Christopsomo, che letteralmente significa “pane di Cristo”. Si tratta di una pagnotta dolce di varie forme con decorazioni sulla crosta che rappresentano vari aspetti della vita familiare. Questo pane speciale verrà mangiato il giorno di Natale e sarà spezzato dal capofamiglia che poi lo distribuirà ai commensali. Un rito che, in un certo senso, ricorda la Comunione.
La mattina del 25 dicembre i Greci vanno a messa. Le loro chiese hanno una particolare struttura architettonica che ricorda il Tempio di Salomone a Gerusalemme. Si entra prima in un vestibolo, dove si trova il fonte battesimale, poi c’è la navata della chiesa vera e propria, luogo in cui la comunità si raccoglie durante la funzione religiosa. L’altare è separato dalla navata e sottratto alla vista dei fedeli dall’iconòstasi, una specie di parete ricoperta dai tipici quadri religiosi ortodossi, le icone, con le immagini di Cristo, di Maria, degli Apostoli e dei Santi, e si trova nel punto più sacro del tempio al quale può accedere solo il sacerdote.
La messa ortodossa trasmette un grande senso di armonia e di bellezza. E’ caratterizzata da processioni con incenso e torce, candele che vengono accese e spente, l’atto di inginocchiarsi e baciare le icone, i canti eseguiti dal coro senza accompagnamento di strumenti musicali.
Dopo la messa, le famiglie si riuniscono per il pranzo natalizio in cui vengono servite delle pietanze particolari come la tiropitakia, dei fagottini di pasta a filo ripieni di formaggio serviti come antipasto, la galopoula, tacchino farcito con castagne, uvetta di Corinzio e noci o mandorle, accompagnata da patate al forno, e il gourounopoulo psito, un porcellino arrosto in olio d’oliva e fatto cuocere a forno lento per circa 3 ore, e bagnato regolarmente col suo succo, acqua calda e succo di limone. Non può mancare il dolce tipico che è il melomacarona, a base di noci e sciroppo di miele.
Passando alle tradizioni popolari diffuse in Grecia in occasione del Natale, è nota la leggenda dei Kallikantzaroi, delle creature mostruose che vivono gran parte dell’anno negli inferi e divorano l’albero che regge il centro della Terra. A Natale, però, la nascita di Gesù fa sì che quest’albero si rigeneri completamente. Per questo motivo si crede che il 25 dicembre i Kallikantzaroi escano dalle viscere della Terra per vendicarsi degli uomini, rimanendo sulla Terra fino al 6 gennaio, quando, grazie alla Benedizione delle Acque, vengono rispediti negli inferi.
La benedizione dell’acqua, che conclude le festività il 6 gennaio in occasione dell’Epifania (in greco ta fota), avviene gettandovi dentro una croce: in chiesa il sacerdote compie quest’atto nell’acquasantiera, ma è usanza farlo anche nei fiumi, lungo le coste e nei porti. Quando la croce cade in acqua, nei porti suonano le sirene delle navi e le chiese celebrano l’evento con continui rintocchi di campane mentre gruppi di ragazzi, a volte sfidando l’acqua gelida, fanno a gara per recuperare il crocifisso perché si crede che chi lo tocca per primo avrà una vita prosperosa durante l’anno. (nella foto a lato, il rito che si svolge nel porto di Trieste dove la comunità greco-ortodossa è assai numerosa e ha una propria chiesa, intitolata a San Nicolò, dove celebrare le funzioni)
[fonti: guidagrecia.net, www.storico.org, angiecafiero.it, www.grecia.cc e lastampa.it; immagini tratte dal web da siti vari]
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