Il 6 gennaio, mentre l’Occidente cattolico saluta l’Epifania e la venuta della Befana, la Grecia ortodossa celebra la “festa delle luci” con l’allestimento di banchetti a base di dolci fritti, irrorati di miele. Le dorate “fotopite” (letteralmente “dolci di luce”) e le “loukoumades” al sesamo, fantasie di acqua e farina, forgiate in forma di piccoli soli, sono il segno distintivo di “Fotòn”, una festività che affonda le radici nella spiritualità orientale. E’ un modo, questo, per salutare il “dodekameròn”, il dodicesimo giorno dalla nascita del sole, di quel mitico “dies natalis Solis invictus”, affidando, ancora una volta, al cibo un messaggio di rinascita, di vittoria della luce sulle tenebre, della vita sulla morte. La miriade di luci accese intorno alle tavole del 6 gennaio, come per un magico effetto empatico, sono volte ad attirare sulla terra l’energia luminosa contenuta nell’astro solare. La tradizione della “Festa delle luci”, antichissima festa solare dedicata a Mitra e a Zoroastro, è giunta in Grecia attraverso i monaci basiliani, i quali la collegarono alla “festa delle acque” che si celebra oggi in Grecia nel medesimo giorno del 6 gennaio. “Festa delle luci” e “festa delle acque”, entrambe paganissime celebrazioni di Madre Natura, fanno da proscenio al battesimo di Cristo nel Giordano che la Chiesa ortodossa celebra il 6 gennaio. Durante la cerimonia, il pope immerge la croce per tre volte nell’acqua, invocandone la benedizione. Quindi, i fedeli bevono l’acqua consacrata per la remissione dei peccati. Nelle isole o presso i villaggi costieri la liturgia termina con una processione in riva al mare. Il momento più toccante è rappresentato dal lancio della croce nelle profondità marine. Al termine della cerimonia i fedeli attingono un po’ d’acqua consacrata da tenere in casa come amuleto contro il maligno.
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