mercoledì 12 dicembre 2018

L'ANGELO DI NATALE CHE PREGAVA SUL BORGO

Quando con il disperdersi dell'aurora il sole spuntava da dietro la collina, nella sua breve corsa invernale da monte a monte, dava il buongiorno al paese arroccato illuminando per prima una statuina bianca, che con il gelo di dicembre, brillava come rianimata da quei raggi caldi, tornata in vita dopo una notte fredda, in cui solo le stelle indicavano agli uomini la via del cielo. A mani giunte e con un volto da eterno bambino, gli occhi socchiusi dalle lunghe ciglia, e le labbra gentili, inginocchiato, era posto in cima al borgo fin dalla sua fondazione, un angelo di marmo che tutti conoscevano come "il custode dei gelsomini". Quelle delicatissime mani, create con precisione fino a renderle perfette, che da anni pregavano notte e giorno per gli abitanti del borgo, venivano spesso accarezzate dai bambini che incoraggiati dalle mamme, inviavano dei baci e sussurravano le preghiere. Nato come statua votiva voluta dai pastori , negli anni aveva subito molti restauri, perché il vento e la grandine lo avevano scalfito, ma mai abbattuto ed era tornato brillante e lucido, come un bambino gentile e forte al tempo stesso, che proteggeva con il respiro e dalla popolazione veniva protetto mese dopo mese. Quando si avvicinava il Natale, con il sottofondo delle zampogne a fargli compagnia, intorno all'angelo nasceva il vischio e sulla colonna il muschio, che creava una piccola grotta che lo proteggeva dal vento freddo che veniva dal lago non appena tramontava il sole. Nei giorni in cui copiosamente nevicava, il piccolo angelo era quasi inerme sotto quella neve e sembrava, paziente, aspettare tornasse il sole: i capelli lunghi erano coperti da un manto soffice, le mani giunte sembravano conservare quei fiocchi che cadevano roteando a testa in giù e restavano finché il sole non li faceva gocciolare e cadere a tonfi dai tetti e dai rami degli alberi. D'estate sotto una luna che spuntava nelle sere chiare infinite, mentre nella valle si dispendervano le campanelle delle mucche, l'angelo pregava ancora, immerso nell'odore del gelsomino e le lucciole gli giravano intorno, ma continuava a pregare ad occhi chiusi, così come in primavera quando i fiori del pugno selvatico solleticavano il naso perfetto ed i piedi nudi, come le foglie vermiglie ad ottobre. La natura sembrava aver paura di sgualcire quel marmo cosi simile alla pelle delicata, di cui a volte si sentiva il profumo di anima ed il respiro intenso di bambino. Era a Natale però che l'angelo veniva riscoperto con il cuore dagli abitanti che passando davanti a quella statua delicata, bellissima e quasi eterea, si inchinavano e facevano il segno della croce, nell'attesa di ringraziarlo uscendo dalla messa della vigilia, quando sembrava soffiare sul paese in pietra dalla rocca, e pareva donare una polvere di stelle e di anime che pioveva sulle case per tutte le ore della notte . Da anni il borgo aveva lasciato a quella statua bianchissima promesse e timori ed ogni nuovo giorno il sole la illuminava per prima, quasi a svegliarla perché poi, minuto dopo minuto, con la delicatezza dello sguardo dell'angelo, ogni casa si svegliasse, aprisse le finestre e vedesse nel chiarore di una nuova vita gli occhi ancora chiusi dell'angelo, che tutti immaginavano scuri e credevano chiusi per proteggere nei secoli il volto ridente visto in una grotta millenni prima, di Gesù bambino.

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