sabato 23 luglio 2016

Le montagne variano di altezza


Sotto la spinta delle placche tettoniche che vanno alla “deriva” sul magma situato sotto la crosta terrestre, le montagne tendono ad alzarsi. Ma sotto l’effetto delle precipitazioni e di altri agenti atmosferici, tendono ad abbassarsi. Anche per questo spesso si riscontra una disparità di dati nella misurazione dell’altezza delle montagne.



Una montagna è un rilievo della superficie terrestre che si estende sopra il terreno circostante in un'area limitata. Secondo le convenzioni europee la sua altezza deve essere di almeno 600 metri sul livello del mare ed il suo aspetto deve essere almeno parzialmente impervio. Analogamente si parla di montagna anche riferendosi ai rilievi che si incontrano sugli altri pianeti o sui loro satelliti.

È formata da un agglomerato di terra e roccia che si alza dalla superficie della Terra, raggiungendo a volte anche quote altimetriche molto elevate, e con caratteristiche geomorfologiche diverse per ciascuna montagna.

A seconda delle varie necessità, ci sono tre definizioni di montagna: convenzionale, tradizionale e statistica.

Per ciò che riguarda la definizione convenzionale si ricorda che i requisiti indicati da essa (altezza di almeno 600 metri ed aspetto almeno in parte impervio) devono essere soddisfatti contemporaneamente. Infatti un'area della superficie terrestre posta al di sopra dei 600 m s.l.m., ma priva di asperità del terreno, viene definita altopiano e un rilievo che non raggiunge i 600 metri di altezza può essere definito collina.

Passiamo ora a considerare la definizione tradizionale. Nonostante le convenzioni, dobbiamo tener presente che, fin dalle epoche più antiche, la parola monte evoca nella mente dell'uomo un insieme di idee che prescinde dalla possibilità pratica di misurare l'altezza dei rilievi. Dunque quando l'uomo ha dato nome alle alture che lo circondavano, ha usato la parolamonte in base alle idee che esse gli evocavano, come ad esempio la difficoltà di raggiungere la cima, la vicinanza al cielo, l'inaccessibilità di alcuni versanti.

Nella toponomastica italiana quindi sono detti "monti" alcuni rilievi aspri e dal carattere impervio, anche se non raggiungono l'altezza di 600 metri; sono inoltre chiamati "colli" anche rilievi superiori a 600 metri, quando questi non hanno pareti rocciose o forme dirupate. Esempi classici sono il Monte Circeo e il Monte Conero, promontori dall'aspetto aspro, considerati monti anche se per alcune decine di metri non raggiungono l'altezza convenzionalmente prevista. Esempio opposto è costituito delle Langhe, che superano i 600 ms.l.m., ma che non sono particolarmente impervie, né visibilmente sporgenti dal terreno e perciò sono considerate colline.

Infine ricordiamo la definizione statistica di montagna. Nella cartografia e nella statistica è necessario adottare criteri di semplificazione rispetto sia alla definizione convenzionale, sia alla toponomastica. In relazione alla classica tripartizione del territorio in montagna, collina e pianura, infatti, la legenda delle carte fisiche e gli studi statistici usano il termine montagna intendendo la parte di territorio posta al di sopra dei 600 m s.l.m., indipendentemente dal carattere impervio e dal nome tradizionale.

Un insieme di montagne vicine e collegate tra di loro prende il nome di gruppo montuoso, massiccio montuoso o catena montuosa. Infine si è soliti distinguere in bassa montagna ed alta montagna, indicando generalmente come quota di suddivisione i 1.500 m s.l.m.

Lo studio delle montagne, assieme a quello degli altri rilievi terrestri, rientra nella branca della geografia fisica nota come orografia.

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