venerdì 20 maggio 2016

Luigi Rainiero Fassati, Direttore di Chirurgia Generale


Per quasi mezzo secolo, da quando ero un giovane assistente chirurgo fino a quando divenni direttore del Dipartimento di Chirurgia Generale e dei Trapianti all’Ospedale Policlinico di Milano, ho dovuto fronteggiare molti casi gravi e difficili. Eppure, anche nei momenti più drammatici, sono sempre riuscito a farmi guidare dalla scienza e dall’umanità, che sono orme nitide sulla spiaggia della vita. Tutte, tranne una volta… Si trattava di stabilire a quale candidato in lista d’attesa per un trapianto assegnare il fegato di un donatore. Di solito questa è una decisione facile e sicura – un’orma certa – perché esistono dei protocolli che stabiliscono in modo molto preciso la priorità di assegnazione. In estrema sintesi il fegato del donatore va dato al paziente più grave. Quella volta il caso volle che ci fossero due pazienti in lista con lo stesso punteggio di gravità ed io sapevo bene che la mia scelta avrebbe potuto condizionare la sopravvivenza di uno e la morte dell’altro. Ma non avevo un criterio scientifico e obiettivo per prendere la decisione giusta, non distinguevo più bene le orme che sempre mi guidavano. Con un’angoscia indescrivibile, sono stato costretto a scegliere per sorteggio uno dei due che, grazie al trapianto, si è salvato. Pochi giorni dopo però mi telefonò la moglie dell’altro per dirmi che suo marito era andato in coma. Lo ricoverammo in Rianimazione in condizioni disperate mentre io ero tormentato dal rimorso e dal senso di colpa. Tre giorni dopo, quando ormai avevo perso ogni speranza, riecco un’orma prodigiosa davanti a me: c’era l’inattesa possibilità di un trapianto. Andò tutto al meglio. E anche questo paziente si è salvato. Sta bene ancora oggi e da quindici anni viene a farmi gli auguri ad ogni dicembre, rinnovandomi l’emozione del passaggio dall’angoscia alla speranza. Sono 15 Natali dentro queste orme.

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