giovedì 24 marzo 2016

CHIOCCE E PULCINI di Dana Carmignani


Questo è il periodo in cui le galline si acchiocciano, perché credo ci vogliano 21 giorni di cova perché le uova si schiudano, quindi di solito appunto a marzo già e poi fino ad aprile nascono i pulcini.

Per le massaie all’epoca era un periodo importante, e bisognava, oltre alle altre faccende, star dietro anche a quello.

Nella cantina dove teneva la conca assieme al resto, nonna di quelle galline acchiocciate ce ne piazzava una o anche più… si mettevano in casa insomma… per paura dei pericoli … per tenerle più “ricurate”, come diceva lei, e per poterle accudire bene.

Le chioccie, come le coniglie, erano una risorsa per il sostentamento della famiglia, ed era importante sistemarle al meglio, come era importante avere una buona chioccia o una buona coniglia… cioè che non fossero maldestre, che sapessero far bene il loro mestiere di madre e portassero a fine l’iniziato.

Se una chioccia non stava sulle uova o le lasciava al freddo … i pulcini non nascevano .

Le galline che si acchiocciavano si vedevano subito, perché, il termine stesso lo dice, le vedevi nel rinchiuso o nel pollaio, che non si muovevano da terra… si sistemavano in una buchetta, gonfiavano tutte le piume e allargavano le ali, come a contenere ipotetici piccoli che ancora non c’erano, ma che loro avevano già in mente, ed emettevano, cambiando quel tono stridulo che di solito le galline hanno, i versi classici dolci, quel chiocciare appunto che caratterizza la specie.

“Giulia e ce n’avete un’altra…” diceva la zia Alaide a nonna indicandole nel rinchiuso una gallina sotto una vecchia botte che tutta bassa bassa si sistemava per covare la terra.

“ E metterò anche quella…” – diceva lei. Prendeva una cesta vecchia di damigiana la posizionava appunto in cantina, poi metteva dentro della paglia e del fieno pulito… stabiliva quante uova metterle, di solito una dozzina o secondo la chioccia anche di più. Se era una pollastrina che si acchiocciava per la prima volta allora bisognava verificare il comportamento e si mettevano poche uova per paura che qualcosa non funzionasse, ma se si sapeva che quella gallina a far la chioccia era esperta allora si dormiva tranquilli.

Se non si aveva un gallo nel pollaio, le uova fecondate bisognava recuperarle da chi ce lo aveva… e infatti le donne se le passavano le uova, come a volte si passavano una con l’altra la chioccia più brava.

Anche su questo argomento , le uova fecondate, c’è tanta confusione oggi. Nessuno sa più come funziona con le galline e il gallo. Spesso io ho tenuto intere “conferenze” su questa tesi nelle mie serate milanesi divertendomi come una matta…

“Oh guarda – disse una tipa che aveva trovato un puntolino rosso dentro l’uovo- è cattivo”

“No è gallato… mi corressi subito … è fecondato – risposi evitando poi quel termine tanto toscano che non avrebbero capito..- ma è buono comunque… se le uova le avete prese dal contadino e lui ha un gallo, tutte le uova son così….”

“Ma come… ma il papà non fa l’amore con la mamma e poi fanno le uova e i piccoli…?”

Dio mio come?.... “ No… il gallo del pollaio si ripassa regolarmente tutte le galline, non se ne fa sfuggire una, per cui tutte le uova delle galline sono ipotetici pulcini, se poi vengono covate da una chioccia…”

Chioccia, galline, pulcini, nemmeno la differenza sapevano quelle persone, e che altro dovevano sapere poi vivendo in città.

Tutta vestita di rosso, con i tacchi alti e le unghie lunghe quando dissertavo su queste cose mi pigliavano per un esperta, e come ascoltavano… non si poteva pensare a vedermi, che nei campi di grano di cui parlavo a volte, ci ero cresciuta dentro… che in mezzo a quelle lucciole che loro tanto aspiravano anche solo a vedere, io avevo volteggiato di notte ascoltando intanto il canto dei grilli e annusando il profumo del fieno… che le chioccie coi pulcini le avevo addirittura in casa!

Nonna le uova se le faceva dare da una donnina, (in toscana ci sono sempre donnine e omini senza nome) perché di galli non se ne aveva. Le nostre galline e i polli stavano in un rinchiuso insieme a quelli dell’Alaide, la zia appunto, la moglie di zio Checchere (Palmiro), che era il fratello di nonno e che viveva a fianco a noi in una casina in pietra. Si tenevano insieme in questo recinto e per riconoscerli si spennellavano sulle ali con un tocco di vernice…verde erano i nostri…blu della zia… e rossi quelli della Rosa, la vicina, anche quella col recinto confinante. Serviva perché se qualche pollo scappava o entrava in un altro recinto, si riconosceva e si riportava a casa…

“ Oh Giulia e ce n’è uno vostro di qua!”- le massaie si chiamavano dalla rete di protezione.
“Ma badalo figlior d’un cane! “- esclamava nonna, intanto che la vicina glielo ripassava da sopra la rete, dopo averlo acciuffato.

Di solito però erano bravissimi e ognuno quando aprivi il rinchiuso alla sera, andava a letto direttamente nel suo pollaio e nella casa giusta. Si dice che non siano intelligenti ma non è mica vero… quella povera chioccia era capace di non muoversi mai da sopra le uova. Bisognava addirittura obbligarla… era molto semplice, doveva pur mangiare, allora nonna le metteva a fianco della cesta la ciotola con l’acqua, il granturco, e poi scopriva la cesta che di solito, ma non sempre, era coperta da una rete o da un grande vaglio da grano… allora lei pora bestia, come un fulmine scendeva subito dal cuccio, si sbanchettava tutti i chicchi, beveva… ti sporzionava una bella dose di cacca, tutto in sequenza… e se ne tornava su nel cesto.

Inutile dire il lavoro se poi di quelle tipe in cantine ce n’era più d’una, e magari non coi soliti ritmi mangerecci.

A me piaceva controllare, ma mai dovevo disturbare, e che emozione quando le uova cominciavano a schiudersi e vedevi quel cosino che si muoveva dentro, e la chioccia sopra con quella mole e quelle zampe da gallina appunto, che si comportava con una grazia da ballerina rifinita, e accuratamente si spostava e controllava anche lei. Pian piano che nascevano i piccoli le si toglievano da sotto, così si era più sicuri che non li calpestasse, si aiutava lei, la chioccia, ripulendo il cuccio dai gusci vuoti e poi appena i piccoli erano usciti tutti, li si riposizionavano insieme a lei, ma in una cesta più grande messa in terra, da dove lei non poteva uscire, però loro potevano cominciare a sgambettare subito e a becchettare… perché quello già fanno…perché già son pronti appena sono asciutti e gli viene fuori quel piumino giallo morbido… e in quel periodo sulle aie è tutto un susseguirsi di piccoli batuffoli gialli con relativa madre.

A secondo di quanti ne nascevano mi si diacciava il sangue, perché poi toccavano a me … e lo sapevo. Quando erano più grossini e non stavano più con la chioccia toccava abituarli alla stalla e al rinchiuso, la loro postazione coi grandi… e alla sera estiva ormai di maggio e giugno, si sentiva riecheggiare la voce di nonna sull’uscio…”Daaaanaaaaaa… viaccaaaasaaaaa! “…

Io, dal fondo al rio dov’ero di solito, o da qualche prato lontano… ero sempre da qualche parte lontana, infatti nonna si lamentava perché doveva sempre urlare… sentivo quel richiamo e mi sarei data una fucilata…era di solito il momento più bello di qualche gioco …il momento dove l’erba diventava più fresca sotto i piedi, dove le ombre cominciavano ad allungarsi e sentivi arrivare la sera… una benedizione per il mio animo… ecco allora io dovevo abbandonare e correre a sistemare quei pollacci…(usavo il dispregiativo)
Imprecando arrivavo … nonna mi aspettava sull’uscio con le mani sui fianchi… le passavo accanto un po’ distante perché sennò mi arrivava qualche scappellotto… “O un lo sai che c’è dammette dentro ippolli… possibile che tu mi debba sempre fasgolà!...”

Andavo nel rinchiusino… così era chiamato quel posto che dal nome si intende era uno spazio più piccolo del rinchiuso grande, dove erano tenuti ormai i polletti dopo che la madre aveva finito la sua funzione e aveva ricominciato a far la gallina… e lì li chiappavo a due a due per mano, quanto potevano le mie piccole mani, e con un carico di quattro polli al massimo partivo alla volta della stalla che era la loro destinazione serale… facevo i viaggi che servivano per depositarli tutti e quei poveretti subivano le mie emozioni del momento, ed erano sbatacchiati a destra e a manca, perché io che avevo dovuto interrompere i miei giochi sul più bello, sembravo quel più famoso Renzo Tramaglino dei promessi sposi, quando va dall’avvocato Azzeccagarbugli e fa volteggiare quelle povere bestie che portava in mano perché è arrabbiato.

I polli nella mia vita con nonna mi toccavano insieme a tutte le altre faccende, e lo sapevo e facevo il mio dovere pur se quel lavoro non mi piaceva. “ Non esiste il non mi piace… urlava lei quando qualche volta glielo dicevo… esiste quello che si deve fare!!! … se te voi fa tanto la comandina e devi sapè fa’ meglio dell’artri!!”…. però ripensando a quei momenti che bellezza in quelle nascite, nella primavera che è davvero tutto un rifiorire un rigoglio di vegetazione e di animali… un profumo di cose e di colori che avanza e copre ogni realtà brutta… o almeno io la vedevo così… e poi rimanendo ai polli o meglio ai pulcini c’era stato un episodio esilarante che riguardava proprio questi ultimi , che aveva stabilito le parti, e caratterizzato il primo incontro mio con quella donna, con nonna Giulia, che poi sarebbe stata il perno della mia vita… ma quella è un’altra storia.

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