Dire che ebbe una infanzia difficile è dire poco. La mamma friulana Elisabetta Costa (ragazza madre), lo ebbe in Svizzera, e subito lo diede in affidamento (sia pure non legalmente) ad una famiglia del luogo. Poi la mamma si risposò con Bonfiglio Laccabue che successivamente gli diede il nome, ma nel frattempo il piccolo Antonio entrava ed usciva dai collegi ove era spesso espulso per la cattiva condotta. Nel 1913 la mamma Elisabetta morì (con tre dei suoi figli, a causa di intossicazione alimentare), e Antonio, crescendo e non modificando il suo modo di essere, dopo aver avuto l'esperienza del manicomio, fu addirittura espulso dalla Svizzera. Fu esiliato a Gualtieri ove continuò la vita alla giornata, da randagio, facendo mille lavori, ma sempre coltivando la sua innata passione per il disegno e per gli animali. Nel 1929 conobbe Marino Renato Mazzacurati che gli insegnò l'uso dei colori ad olio. Iniziò così a frequentare alcuni artisti del luogo che di fatto lo adottarono ed iniziò a dedicarsi alla pittura a tempo pieno. Di fatto i critici cominciarono ad interessarsi a lui dal 1948 e il debutto in mostra lo ebbe nel 1956 a Gonzaga (Mantova). Dopo altri ricoveri al manicmio S. Lazzaro di Reggio Emilia, nel febbraio del 1961 tenne una grande personale a Roma che ne sancì l'inizio del vero successo come artista d'eccezione. Poco dopo venne colpito da paresi e pochi anni dopo, nel 1965, dopo l'ennesimo ricovero morì al Ricovero Carri di Gualtieri.
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