In tutte le culture, la festa trova la sua prima espressione nel cibo, nell'insolita abbondanza e nelle specialità particolari che si preparano per l'occasione. E' chiaro il perché: il cibo rituale segna la festa, l'abbondanza propizia la fertilità e allontana lo spettro della fame, paura atavica degli uomini. Su questa base antropologica non c'è festa senza banchetto, e poiché storicamente la religione è stata l'occasione per scandire il calendario con le sue maggiori e minori festività, il sacro si mescola inevitabilmente al profano.
Il Natale, per il mondo cristiano, è la festa per eccellenza e il pranzo di Natale è il pranzo per eccellenza. Guai a non farlo. Una volta (raccontano le agiografie francescane) i discepoli di Francesco discutevano se, capitando il Natale di venerdì, bisognava festeggiarlo come grande festa (e con la consueta mangiata di carne, cibo festivo per definizione) o praticare l'astinenza e la penitenza tipiche del venerdì. Gli chiesero un parere e lui si infuriò: ma come? - disse - voi vorreste fare penitenza nel giorno in cui è nato il nostro Signore? In un giorno come questo - continuò - vorrei che non solo gli uomini, ma anche tutti i nostri amici animali godessero l'abbondanza del cibo, e anche questi muri, se potessero mangiare, dovremmo rimpinzarli... ma poiché questo non è possibile, almeno spalmiamoli di lardo.
Un grande banchetto universale, a cui uomini, animali, perfino i muri delle case partecipano. Ecco l'immagine della festa secondo Francesco, interprete di un sentire comune che ha sempre attraversato la cultura degli uomini.
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