Una bellissima favola della tradizione Siciliana, ricca di ironia e insegnamenti...
Un poveraccio, con pochi soldi in tasca, passò davanti una bottega, dove stavano arrostendo della carne.
L’odore gli scatenò ancor più la fame, ma non avendo soldi a sufficienza per comprare la carne, andò dal fornaio e si comprò un pezzo di pane. Poi, si riavvicinò alla bottega e si sedette là vicino in modo che potesse accompagnare al pane che mangiava il profumo della carne.
Quando finì di mangiare il pane, il padrone della bottega si avvicinò a lui e gli disse:
– Visto che hai gustato con tanto piacere il profumo del mio arrosto, adesso me lo devi pagare!
Il morto di fame, non avendo più soldi per pagare, fu portato a forza davanti ad un giudice.
Il padrone della bottega disse:
– Qust’uomo mentre mangiava il suo pane, gustava a sbafo il profumo della mia carne arrostita. Mi deve pagare per questo, ma lui si rifiuta di farlo.
Il giudice colpito per la singolare richiesta, chiese al bottegaio: – Quanti denari vuoi per il profumo della tua carne?
Il bottegaio precisò: – Deve darmi cinque denari! Cinque denari per il profumo della mia carne!
A questa richiesta, il giudice prese dalla sua tasca cinque denari e li fece cadere sul suo tavolo, in modo che potessero tintinnare.
Poi, chiese al bottegaio: – Hai sentito il suono dei cinque denari?
Il bottegaio rispose: – Sicuramente signor giudice! Era un piacevole tintinnio! Ma, cosa mi vuole far capire?
Giufà rispose sentenziando: – Così come quel poveraccio si è cibato del profumo della tua carne, tu ti puoi considerare pagato con il suono delle mie monete. E ora te ne puoi andare soddisfatto.
Mentre il bottegaio se ne andava con scorno, il giudice invitò il poveraccio a mangiare a casa sua.
Nessun commento:
Posta un commento