Più di cento anni fa, in un grazioso paesino in cima alle montagne, viveva una famiglia simpatica e allegra. C’era Ottaviano, il papà, che faceva l’inventore e progettava magnifici macchinari; Margherita, dolce mamma casalinga che teneva tutto in ordine e si prendeva cura di tutti; nonno Gualtiero, che conosceva la montagna come le sue tasche, sapeva il nome di tutte le piante e degli animali del bosco ed era socievole e gioviale. A completare il quadro di questa famiglia felice, arrivò un bel bambino: Alessandro che rese ancora più lieta e piacevole la vita di queste persone. Ottaviano e Margherita erano raggianti: avere un figlio era stato sempre il loro desiderio più grande, e adesso si era realizzato. Il nonno, dal canto suo, adorava il suo nipotino e lo portava a fare passeggiate all’aria aperta, cercando di infondergli l’amore per la natura. Le cose andarono bene per qualche anno, poi però tutto cambiò. Ottaviano non riusciva più a lavorare, la sua genialità si era come esaurita e le sue invenzioni non erano apprezzate. Margherita era sempre stanca e si lamentava tutto il giorno. Il nonno poi si era ammalato: era diventato molto vecchio, le gambe non gli reggevano, aveva perso i denti e non udiva né vedeva più come un tempo. In quella casa nessuno era felice, nessuno sorrideva più. Durante i pasti, mentre Ottaviano litigava sempre con Margherita per qualcosa, il nonno Gualtiero mangiava in silenzio con aria triste, nel tenere il cucchiaio la mano gli tremava e spesso versava il suo brodo sul tavolo. Il figlio e la nuora lo guardavano con insofferenza e lo rimproveravano e strillava Margherita mentre puliva il disastro. Un giorno in cui era particolarmente stanca, Margherita perse la pazienza e mise il nonno a mangiare in disparte, a un tavolinetto vicino alla stufa. Un’altra volta il nonno fece cadere per terra la sua ciotola di terracotta e questa si ruppe in mille pezzi: “Basta! Da oggi ne avrai una di legno!”, sbraitò la nuora. Gualtiero cercava di scusarsi: “Abbi pazienza cara, purtroppo non sono più il vecchietto energico di una volta, sono malato adesso”. Margherita faceva finta di non ascoltare, poi si voltava dall’altra parte e piangeva in silenzio. Un giorno, il piccolo Alessandro, che aveva compiuto quattro anni, stava giocando per terra con delle piccole assi. Il papà, che non aveva più entusiasmo, non giocava col figlio da tempo, fu incuriosito nel vedere il bambino tanto concentrato nel gioco. “Cosa stai costruendo, Alessandro?” gli chiese. “Oh papà, sto fabbricando una piccola mangiatoia”, rispose il bambino senza distogliere l’attenzione dal suo lavoro. “E perché mai?”, gli chiese Ottaviano sempre più stranito. “Servirà a te e alla mamma quando sarete vecchi”, fu la risposta innocente e immediata di Alessandro. Ottaviano restò di sasso, prese il figlio tra le braccia, lo baciò e lo strinse forte forte, poi chiamò la moglie tra le lacrime e strinse anche lei. “Dobbiamo scusarci con il nonno!”, disse Margherita, “lo abbiamo trattato indegnamente, siamo stati ciechi e insensibili!”. E Ottaviano aggiunse: “Il nostro piccolo Alessandro ci ha osservati, ha percepito la nostra cattiveria e con un solo gesto ci ha aperto gli occhi; andiamo dal nonno prima che sia troppo tardi per rimediare!”. Da quel momento, il nonno Gualtiero venne trattato col dovuto rispetto, riprese il suo posto a tavola e cominciò a raccontare storie belle e avventurose ad Alessandro. La mamma e il papà li guardavano e sorridevano. Nonno e nipotino insieme avevano compiuto un vero miracolo: ridare il sorriso alla loro famiglia!
Jacob e Wilhelm Grimm
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