Gli scacchi, inventati in India nel corso del VI secolo, sono un gioco da re ed aristocratici. Essi giungono in Europa senza dubbio nell’XI secolo. Un superbo gioco di scacchi in avorio, risalente alla fine dell’XI secolo e detto “scacchiere di Carlomagno”, è conservato presso il Cabinet des Médailles della Bibliotheque Nationale di Parigi. Nel loro viaggio da Oriente a Occidente, i pezzi degli scacchi cambiano nome e simbolismo in maniera significativa. Il re, il cavaliere e i pedoni rimangono immutati; ma l’elefante diventa un alfiere in Italia, un pazzo in Francia e un vescovo in Inghilterra; il cammello diventa una torre; il visir la Vergine, la dama o la regina. I pezzi medievali non avevano libertà di movimento, procedevano con piccoli spostamenti, riflettendo il modo di combattere dell’età feudale che era essenzialmente uno scontro corpo a corpo. Merita ricordare tra i tanti libri scachorum quello di Luca Pacioli (1445-1517), compagno di studi e di corte di Leonardo da Vinci. Il De ludo scachorum di Pacioli è un manoscritto scoperto di recente che ha suscitato interesse per le novità che contiene: propone infatti 48 partite di scacchi, alcune giocate secondo la rivoluzionaria tecnica a la rabiosa, ovvero quella che permette alla regina di muoversi in qualsiasi direzione di quante caselle le pare e piace.
Nessun commento:
Posta un commento