Il cavallo nel Medioevo non fu solo lo splendido animale bardato proprio dei cavalieri, ma una forza motrice, tant’è che ancora oggi la potenza di una macchina si misura in “cavalli”. Nel corso dell’età medievale – dal Mille in poi – si trasformò il sistema di aggiogamento ideando il “collare da spalla”. Con questo collare rigido e imbottito, fissato intorno al petto e non più alla gola, il cavallo poteva trainare più agevolmente carichi pesanti (carri) e quindi anche l’aratro. Sebbene il ferro di cavallo fosse stato già inventato in epoca romana, pare non venisse molto utilizzato; nel Medioevo, invece, la pratica di ferrare animali come cavalli e buoi divenne usuale e si affermarono le specifiche professionalità di fabbri e maniscalchi. Prima che le armi da fuoco facessero la loro comparsa, un uomo armato di spada e di lancia, saldamente appoggiato sulle staffe, possedeva una forza d’urto travolgente, poiché con le staffe formava un tutt’uno con il suo cavallo. Sconosciuta ai Romani, come parrebbe, al tempo di Carlo Magno questa innovazione di origine orientale era ormai diffusa. Nell’avanzato Medioevo comparve la resta, una delle componenti aggiuntive della corazza toracica dell’armatura a piastre, espressamente designata a migliorare le prestazioni del cavaliere armato di lancia. Si trattava di un uncino metallico applicato sulla parte destra della piastra pettorale, cui andava appoggiato il “calcio” della lancia, onde mantenerla in equilibrio durante la carica ed evitarne lo scivolamento all’indietro quando colpiva il bersaglio. Utilizzando la resta e la staffa, che gli permetteva di non farsi sbalzare di sella, il cavaliere poteva caricare il nemico al galoppo e colpirlo con tutta la propria forza. Grazie a questa nuova tecnica, la cavalleria pesante divenne una fondamentale componente degli eserciti medievali. Del termine resta rimane traccia nella locuzione in italiano “partire con la lancia in resta”, ovvero affrontare un’impresa energicamente, con risolutezza.
Nessun commento:
Posta un commento