Una volta il maiale si "smetteva" solitamente tra il 13 dicembre e il giorno di Sant’Antonio Abate, anche se qualcuno preferiva rimandare nel periodo di Carnevale.
Oggi , anche nelle campagne, sono rimasti in pochi a “smettere” il maiale in casa, per conto proprio, si è soggetti a regolamenti severi, è un lavoro complicato, ci vuole spazio e anche un luogo idoneo per conservare gli insaccati.
Non basterebbe un libro per elencare tutto quello che si può fare con il maiale:
sangue per il migliaccio, ossa da cuocere e piluccare, strutto, salsicce, salami, capocollo, coppe, fegatelli, coppa di testa (imperdibile insaccato dove finiscono testa, ossa, cotenne, orecchie, codino, zampetti), guanciale, lardo, ciccioli (una vera golosità sempre più rara), cotechini, pancetta, mortadelle, finocchione, soppressate, lonzino, stinco, braciole, costolette, cotiche.
E se i salami erano pronti a Pasqua il prosciutto era perfetto a dicembre. In mezzo venivano pancette e capocolli. Si fa ancora la piada con lo strutto, ingrediente simbolo di una civiltà gastronomica che fa da cerniera tra quella del burro al nord e quella dell'olio al sud.
Ormai, però, non c’è più la necessità di fare una scorta di cibo per tutto l’anno come avveniva al tempo dei nostri nonni.
Allora uccidere il maiale era una vera e propria faccenda di sopravvivenza, perché era quasi la sola carne, insieme a qualche gallina o coniglio, che assicurava un buon nutrimento quando si cominciavano i lavori faticosi da aprile in poi.
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