La terra nel Medioevo era la base della ricchezza. Uomini e donne, cioè tutto il mondo dei cosiddetti contadini, lavorarono duramente nei campi. L’aratura era uno dei lavori più impegnativi e lo strumento-base per procedere ad essa era (ed è) l’aratro. Questo è un attrezzo usato fin dai tempi antichi per smuovere il terreno e prepararlo per la semina o per successive lavorazioni. Esso non è un’invenzione medievale, ma certamente questa età apportò mutamenti, cambiamenti, miglioramenti tali da farne uno degli strumenti su cui è ricaduta una forte capacità d’innovazione. In epoca alto-medievale l’aratro comunemente utilizzato era il cosiddetto “aratro semplice” a vomere simmetrico di legno temperato (solo di rado rivestito in ferro), che non affondava profondamente nel terremo, ma scalfiva solo superficialmente le zolle. Dall’XI secolo aveva però cominciato a diffondersi, a partire dal Nord della Francia, un innovativo tipo di aratro: “l’aratro pesante”. A differenza del precedente, questo era a vomere asimmetrico, dotato di versoio e di avantreno mobile su ruote. Per utilizzarlo era necessario che fosse trainato da buoi o talvolta da cavalli. Questo tipo d’aratro si diffuse rapidamente e contribuì allo sviluppo demografico-economico di quel tempo. Possedere o meno un aratro costituiva la differenza tra un contadino povero e uno ricco. Il suo utilizzo consentì la crescita del valore delle bestie da traino e determinò una serie di invenzioni per facilitare il compito dell’animale: tali furono il giogo frontale per i buoi e il collare da spalla per i cavalli. Per lunghi millenni l’aratro è stato un attrezzo interamente di legno; l’introduzione del vomere con la punta fendente in ferro fu già una grande innovazione; il vomere dissimmetrico con l’aggiunta del versoio: un vero progresso!
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