Con l’interruzione dei traffici e il rarefarsi dell’attività commerciale determinatisi dopo la caduta dell’impero romano (V sec. d.C.), anche l’attività bancaria preesistente declinò. D’altro canto l’attività creditizia era lungi dall’essere conciliabile con i principi dell’etica cristiana ferma a condannare l’usura, tuttavia l’espansione del commercio in atto dal XII secolo rese necessaria la ripresa dell’attività creditizia. La banca medievale era costituita da grandi compagnie mercantili che univano all’esercizio diretto dei commerci un’attività di tipo bancario consistente in anticipazione di denaro, accettazione di depositi e via dicendo. Poiché la morale medievale proibiva il mutuo ad interesse (Mutuum date nihil inde sperantes - Luca 6,35), tali compagnie agivano facendo ricorso al cambio tramite lettera (lettera di cambio o cambiale). L’operazione consisteva nell’anticipare fondi in una piazza e nel rimborsali in un’altra. La differenza dei cambi costituiva l’interesse. Se questo era un modo attraverso il quale le grandi imprese potevano sopperire alla mancanza di liquidità, al piccolo prestito rispondevano, invece, i prestatori ebrei, che non erano vincolati dal divieto canonico di prestare ad usura. Per porre rimedio a situazioni d’indigenza aggravata dall’usura i francescani Bernardino da Feltre e Barnaba da Terni furono i fautori di una nuova istituzione, il Monte di Pietà (il primo fu fondato a Perugia nel 1462), cioè un accumulo di denaro, al quale avrebbero potuto attingere tutti coloro che ne avessero fatto richiesta. Una delle banche medievali più solide fu il Banco de’ Medici; oltre che a Firenze ebbe filiali a Roma, Napoli, Milano, Ancona, Bruges, Avignone, Lione e Londra.
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