domenica 27 novembre 2016

Biancaneve


C’era una volta, in uno splendido castello, una regina che stava cucendo seduta davanti a una finestra, dalla cornice d’ebano. Era pieno inverno e leggeri fiocchi di neve cadevano dal cielo. E così, cucendo e alzando gli occhi per guardar la neve, si punse un dito, e caddero nella neve tre gocce di sangue. Il rosso era così bello su quel candore, ch’ella pensò: “Mi piacerebbe avere una bambina con la carnagione bianca come la neve, con la bocca e le guance rosse come il sangue e dai capelli neri come il legno della finestra!“

Poco dopo diede alla luce una figlioletta bianca come la neve, rossa come il sangue e dai capelli neri come l’ebano; e la chiamarono Biancaneve.
Purtroppo quando Biancaneve nacque, la regina morì.
Dopo un anno il re prese un’altra moglie; era bella, ma superba e prepotente, e non poteva sopportare che qualcuno la superasse in bellezza.

Aveva uno specchio magico, e nello specchiarsi diceva:
- Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?
E lo specchio rispondeva: Nel regno, Maestà, tu sei quella.
Ed ella era contenta, perché sapeva che lo specchio diceva la verità.
Ma Biancaneve cresceva, diventava sempre più bella, era bella come la luce del giorno e ancor più della regina.
Una volta che la regina chiese allo specchio:
- Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?
lo specchio rispose: - Regina, la più bella qui sei tu, ma Biancaneve lo è molto di più.
La regina allibì e diventò verde e gialla d’invidia.
Da quel momento la vista di Biancaneve la sconvolse, tanto ella la odiava.
E invidia e superbia crebbero come le male erbe, così che ella non ebbe più pace né giorno né notte.
Allora chiamò un cacciatore e disse:
- Porta la fanciulla nel bosco, non la voglio più vedere. Uccidila, e mostrami i polmoni e il fegato come prova della sua morte -.
Il cacciatore obbedì e la condusse lontano; ma quando estrasse il coltello per trafiggere il suo cuore innocente, ella si mise a piangere e disse:
- Ah, caro cacciatore, lasciami vivere! Correrò nella foresta selvaggia e non tornerò mai più -. 
Ed era tanto bella che il cacciatore disse, impietosito:
- Và, pure, povera fanciulla-. “Le bestie feroci faranno presto a divorarti”, pensava; ma sentiva che gli si era levato un gran peso dal cuore, a non doverla uccidere.
E siccome proprio allora arrivò di corsa un cinghialetto, lo sgozzò, gli tolse i polmoni e il fegato e li portò alla regina come prova.
Il cuoco dovette salarli e cucinarli, e la perfida li mangiò, credendo di mangiare i polmoni e il fegato di Biancaneve.
Ora la povera fanciulla era tutta sola nel gran bosco e aveva tanta paura che badava anche alle foglie degli alberi e non sapeva che fare.
Si mise a correre e corse sulle pietre aguzze e fra le spine; le bestie feroci le passavano accanto, ma senza farle alcun male.
Corse finché le ressero le gambe; era quasi sera, quando vide una casettina ed entrò per riposarsi.
Nella casetta tutto era piccino, ma lindo e leggiadro oltre ogni dire.
C’era una tavola apparecchiata con sette piattini: ogni piattino col suo cucchiaino, e sette coltellini, sette forchettine e sette bicchierini.

Lungo la parete, l’uno accanto all’altro, c’eran sette lettini, coperti di candide lenzuola.
Biancaneve aveva tanta fame e tanta sete, che mangiò un po’ di verdura con pane da ogni piattino, e bevve una goccia di vino da ogni bicchierino, perché non voleva portar via tutto a uno solo.
Poi era così stanca che si sdraiò in un lettino ma non ce n’era uno che andasse bene: o troppo lungo o troppo corto, troppo duro o troppo morbido.. Giunta al settimo era talmente sfinita che si buttò di traverso su tutti e sette i lettini e si addormentò.
Quando fu buio, arrivarono i padroni di casa: erano i sette nani, che scavavano oro e diamanti dai monti.
Accesero le loro sette candeline e, quando la casetta fu illuminata, videro che era entrato qualcuno; perché non tutto era in ordine, come l’avevan lasciato.
Il primo disse:
- Chi si è seduto sulla mia seggiolina?-
Il secondo: – Chi ha mangiato dal mio piattino?-
Il terzo: – Chi ha preso un po’ del mio panino?-
Il quarto: – Chi ha mangiato un po’ della mia verdura?-
Il quinto: – Chi ha usato la mia forchettina?-
Il sesto: – Chi ha tagliato col mio coltellino?-
Il settimo: – Chi ha bevuto dal mio bicchierino?-
Poi il primo si guardò intorno, vide che il suo letto era un po’ ammaccato e disse:
- Chi mi ha schiacciato il lettino?-
Gli altri accorsero e gridarono: – Anche nel mio c’è stato qualcuno -.
Ma il settimo scorse nel suo letto Biancaneve addormentata.
Chiamò gli altri, che accorsero e gridando di meraviglia presero le loro sette candeline e illuminarono Biancaneve.
– Ah, Dio mio! ah, Dio mio! – esclamarono: – Che bella fanciulla! –
Ed erano così felici che non la svegliarono e la lasciarono dormire nel lettino.
Il settimo nano dormì coi suoi compagni, un’ora con ciascuno; e la notte passò.
Al mattino, Biancaneve si svegliò e s’impaurì vedendo i sette nani.
Ma essi le chiesero gentilmente: – Come ti chiami?- Mi chiamo Biancaneve,- rispose. – Come sei venuta in casa nostra?- dissero ancora i nani.
Ella raccontò che la sua matrigna voleva farla uccidere, ma il cacciatore le aveva lasciato la vita ed ella aveva corso tutto il giorno, finchè aveva trovato la casina.
I nani dissero: – Se vuoi curare la nostra casa, cucinare, fare i letti, lavare, cucire e far la calza, e tener tutto in ordine e ben pulito, puoi rimanere con noi, e non ti mancherà nulla.
– Sì,- disse Biancaneve,- di gran cuore-. E rimase con loro.
Teneva in ordine la casa; al mattino essi andavano nei monti, in cerca di minerali e d’oro, la sera tornavano, e la cena doveva essere pronta. Di giorno la fanciulla era sola. I nani l’ammonivano affettuosamente, dicendo:
- Guardati dalla tua matrigna; farà presto a sapere che sei qui: non lasciar entrare nessuno. Ma la regina, persuasa di aver mangiato i polmoni e il fegato di Biancaneve, non pensava ad altro, se non ch’ella era di nuovo la prima e la più bella; andò davanti allo specchio e disse:
- Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?
E lo specchio rispose: – Regina, la più bella qui sei tu; ma al di là di monti e piani, presso i sette nani, Biancaneve lo è molto di più.
La regina inorridì, perché sapeva che lo specchio non mentiva mai, e si accorse che il cacciatore l’aveva ingannata e Biancaneve era ancora viva.
E allora pensò di nuovo come fare ad ucciderla: perché, s’ella non era la più bella di tutto il paese, l’invidia non le dava pace.

Pensa e ripensa, finalmente si tinse la faccia e si travestì da vecchia merciaia, in modo da rendersi del tutto irriconoscibile. Così trasformata, passò i sette monti, fino alla casa dei sette nani, bussò alla porta e gridò:
- Roba bella, chi compra! chi compra!- Biancaneve diede un’occhiata dalla finestra e gridò:
- Buon giorno, brava donna, cos’avete da vendere?
– Roba buona, roba bella,- rispose la vecchia,- stringhe di tutti i colori -. E ne tirò fuori una, di seta variopinta.
“Questa brava donna posso lasciarla entrare”, pensò Biancaneve; aprì la porta e si comprò la bella stringa.
– Fanciulla, – disse la vecchia,- come sei conciata! Vieni, per una volta voglio allacciarti io come si deve-.
La fanciulla le si mise davanti fiduciosa e si lasciò allacciare con la stringa nuova: ma la vecchia strinse tanto e così rapidamente che a Biancaneve mancò il respiro e cadde come morta.
– Ormai lo sei stata la più bella,- disse la regina, e corse via.
Presto si fece sera e tornarono i sette nani: come si spaventarono, vedendo la loro cara Biancaneve stesa a terra, rigida, come se fosse morta!
La sollevarono e, vedendo che era troppo stretta alla vita, tagliarono la stringa.
Allora ella cominciò a respirare lievemente e a poco a poco si rianimò.
Quando i nani udirono l’accaduto, le dissero:
- La vecchia merciaia altri non era che la scellerata regina; sta’ in guardia, e non lasciar entrare nessuno, se non ci siamo anche noi.
Ma la cattiva regina, appena arrivata a casa, andò davanti allo specchio e chiese:
- Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?
Come al solito, lo specchio rispose:
- Regina, la più bella qui sei tu; ma al di là di monti e piani, presso i sette nani, Biancaneve lo è molto di più.
A queste parole, il sangue le affluì tutto al cuore dallo spavento, perché vide che Biancaneve era tornata in vita.
“Ma adesso,. pensò,- troverò qualcosa che sarà la tua rovina”; e, siccome s’intendeva di stregoneria, preparò un pettine avvelenato. Poi si travestì e prese l’aspetto di un’altra vecchia. Passò i sette monti fino alla casa dei sette nani, bussò alla porta e gridò:
- Roba bella! roba bella! –
Biancaneve guardò fuori e disse:
- Andate pure, non posso lasciar entrare nessuno.
– Ma guardare ti sarà permesso,- disse la vecchia; tirò fuori il pettine avvelenato e lo sollevò.
Alla fanciulla piacque tanto che si lasciò sedurre e aprì la porta.
Conclusa la compera, la vecchia disse:
- Adesso voglio pettinarti per bene-.
La povera Biancaneve, di nulla sospettando, lasciò fare; ma non appena quella le mise il pettine nei capelli, il veleno agì e la fanciulla cadde priva di sensi.
– Portento di bellezza!- disse la cattiva matrigna: – è finita per te!- e se ne andò.
Ma per fortuna era quasi sera e i sette nani stavano per tornare. Quando videro Biancaneve giacer come morta, sospettarono subito della matrigna, cercarono e trovarono il pettine avvelenato; appena l’ebbero tolto, Biancaneve tornò in sé e narrò quel che era accaduto.
Di nuovo l’ammonirono che stesse in guardia e non aprisse la porta a nessuno.
A casa, la regina si mise allo specchio e disse:
- Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?
Come al solito, lo specchio rispose:
- Regina, la più bella qui sei tu; ma al di là di monti e piani, presso i sette nani, Biancaneve lo è molto di più.
A tali parole, ella rabbrividì e tremò di collera.
– Biancaneve morirà,- gridò,- dovesse costarmi la vita -.
Andò in una stanza segreta dove non entrava nessuno e preparò una mela velenosissima.
Di fuori era bella, bianca e rossa, che invogliava solo a vederla; ma chi ne mangiava un pezzetto, doveva morire.
Quando la mela fu pronta, ella si tinse il viso e si travestì da contadina, e così passò i sette monti fino alla casa dei sette nani.

Bussò, Biancaneve si affacciò alla finestra e disse:

- Non posso lasciar entrare nessuno, i sette anni me l’hanno proibito.
- Non importa,- rispose la contadina,- le mie mele le vendo lo stesso. Prendi, voglio regalartene una.
- No,- rispose Biancaneve,- non posso accettar nulla.
- Hai paura del veleno?- disse la vecchia.- Guarda, la divido per metà: tu mangerai quella rossa, io quella bianca -.
Ma la mela era fatta con tanta arte che soltanto la metà rossa era avvelenata.
Biancaneve mangiava con gli occhi la bella mela, e quando vide la contadina morderci dentro, non potè più resistere, stese la mano e prese la metà avvelenata.
Ma al primo boccone cadde a terra morta.
La regina l’osservò ferocemente e scoppiò a ridere, dicendo:
- Bianca come la neve, rossa come il sangue, nera come l’ebano! Stavolta i nani non ti sveglieranno più -.
A casa, domandò allo specchio:
- Da muro, specchietto, favella: nel regno chi è la più bella ?
E finalmente lo specchio rispose: – Nel regno, Maestà, tu sei quella.
Allora il suo cuore invidioso ebbe pace, se ci può esse pace per un cuore invidioso.
I nani, tornando a casa, trovarono Biancaneve che giaceva a terra, e non usciva respiro dalle sue labbra ed era morta. La sollevarono, cercarono se mai ci fosse qualcosa di velenoso, le slacciarono le vesti, le pettinarono i capelli, la lavarono con acqua e vino, ma inutilmente: la cara fanciulla era morta e non si ridestò. La misero su un cataletto, la circondarono tutti e sette e la piansero, la piansero per tre giorni. Poi volevano sotterrarla; ma in viso, con le sue belle guance rosse, ella era ancora fresca, come se fosse viva. Dissero: – Non possiamo seppellirla dentro la terra nera,- e fecero fare una bara di cristallo, perché la si potesse vedere da ogni lato, ve la deposero e vi misero sopra il suo nome, a lettere d’oro, e scrissero che era figlia di re. Poi esposero la bara sul monte, e uno di loro vi restò sempre a guardia. E anche gli animali vennero a pianger Biancaneve: prima una civetta, poi un corvo e infine una colombella. Biancaneve rimase molto, molto tempo nella bara, ma non imputridì: sembrava che dormisse, perché era bianca come la neve, rossa come il sangue e nera come l’ebano.
Ma un bel giorno capitò nel bosco un principe. Vide la bara sul monte e la bella Biancaneve e lesse quel che era scritto a lettere d’oro.
Allora disse ai nani: – Lasciatemi la bara; in compenso vi darò quel che volete -. Ma i nani risposero: – Non la cediamo per tutto l’oro del mondo
- Regalatemela, allora,- egli disse,- non posso vivere senza veder Biancaneve: voglio onorarla ed esaltarla come la cosa che mi è più cara al mondo.-
A sentirlo, i buoni nani s’impietosirono e gli donarono la bara.
Il principe ordinò ai suoi servi di portarla sulle spalle.
Ora avvenne che essi inciamparono in uno sterpo e per la scossa quel pezzo di mela avvelenata, che Biancaneve aveva trangugiato, le uscì dalla gola.
E poco dopo ella aprì gli occhi, sollevò il coperchio e si rizzò nella bara: era tornata in vita.
-Ah Dio, dove sono?- gridò.
Il principe disse, pieno di gioia: – Sei con me,- e le raccontò quel che era avvenuto, aggiungendo: – Ti amo sopra ogni cosa del mondo; vieni con me al mio castello, sarai la mia sposa-.
Biancaneve acconsentì e andò con lui, e furono ordinate le nozze con gran pompa e splendore.
Ma alla festa invitarono anche la perfida matrigna di Biancaneve. Quando questa si accorse che la bellissima sposa del Principe era Biancaneve, le prese un tale attacco di rabbia e di invidia che morì.

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