domenica 6 novembre 2016

IL RACCOGLIMENTO DI NOVEMBRE di Dana Carmignani


Anche un mese solitamente mesto come novembre può dare spunto a diverse considerazioni e riflessioni, come in questo delizioso racconto di Dana.

IL RACCOGLIMENTO DI NOVEMBRE 
di Dana Carmignani

La malinconia pigliava un po' tutti dopo ottobre. Finiti i giorni che ancora davano un po' di tepore, finiti anche i lavori più grossi della campagna, bestie e uomini si riposavano. Il grano covava già sottoterra, l'uva stava diventando ormai vino nelle botti, il fieno gonfiava la cascina, il fuoco cominciava ad andare tutto il giorno.

Era lì, dove capivo bene la realtà di quei vecchi che mi circondavano, lì, accanto al fuoco, nelle giornate ormai piovose e fredde del mese, mi accorgevo di quanto semplice fosse affrontarle le malinconie, perchè esattamente come le avversità della vita, quegli uomini e quelle donne, se le vivevano molto semplicemente. Non se le scrollavano di dosso esasperandosi o esagerando attività, anzi al contrario, se ne stavano tranquilli pareva, quasi grogiolandocisi dentro.

Si vedeva dai loro occhi fissi sulle fiamme, che delle fiamme avevano i guizzi, perchè chissà cosa vedevano o cosa ricordavano in quei momenti pensierosi e intimi, ma non ti dicevano niente. Vedevi piccoli sorrisi che solcavano i loro volti, come se sorridessero a che? Non lo vedevo, non lo capivo, però capivo che così si sarebbe potuto affrontare non solo le asperità dell'esistenza, ma anche le paure e le ansie della nostra interiorità.. ecco accarezzandole le nostre paure, non scacciandole nel profondo, ma sentendole fino in fondo.

Non è che stavano mai senza far niente, ma intrecciare dei canestri o sferruzzare una maglia di lana, alla luce del camino, non erano mica lavori , erano trastulli per quegli uomini e quelle donne provati da lavori pesanti e faticosi, un divertimento quasi, e quello traspariva anche dai loro occhi, che si divertivano.

Gli uomini fumavano la pipa, le donne chiacchieravano, mentre le mani andavano e la pentola dei fagioli bolliva il pranzo o la cena, e io osservavo.
Imparavo con la mano appoggiata alla guancia, bollente dal calore, seduta accanto a loro sulla mia seggiolina, che c'è un tempo per tutto, che anche la malinconia quando arriva non fa male, anzi serve, ci vuole, perchè aiuta ad avvicinarci a se stessi e gli uni agli altri, basta ascoltare i mutamenti e seguirli, senza andar loro contro, ma incontro invece e si apriranno posti magnifici, sogni di luoghi perduti dove rifugiarci , spazi interiori dove nessuno potrà farci del male.

Le scintille salivano su per il camino, il fuoco danzava e anche quelle persone se pur ferme pareva che danzassero, almeno nei pensieri, li sentivo vivi e vitali consapevoli della loro realtà e della loro bellezza, della bellezza di un tutto che forse in quei momenti malinconici invece si evidenziava di più, proprio perchè non ci si muoveva.

Stavo ad occhi aperti in quelle sere, finchè potevo, finchè la testa non mi crollava, perchè non mi volevo perdere nulla di quegli attimi, di quelle sensazioni. Il buio poi che invadeva la stanza a poco a poco, mi suggeriva ancor di più quelle similitudini fra noi e la malinconia, la morte anche, che tanto quanto la vita ci appartiene, e infatti ai morti il mese veniva dedicato pensavo, come se anche per quello, per il loro ricordo ci volesse un mese adeguato.

Sarei andata con nonna al cimitero, fra la nebbia delle mattine, e gli alberi spogli con i rami stagliati contro il cielo. Avrei pregato sulle nostre tombe alla luce di mille candele che incendiavano quel posto e lo rendevano per quel giorno meno triste e avrei pensato a questo mese, che con la freddezza e le prime brinate, porta invece la prima luce dentro di noi e ci prepara a quella più grande che è quel mistero infinito che con dicembre arriverà.

La foto è mia è del bosco della margine.


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