Un applauso a noi, che da piccoli facevamo i compiti tutti i pomeriggi, che se prendevamo una nota ci davano il resto a casa, e poi, forse, ci lasciavano spiegare. Che se un educatore (maestra, coach, catechista, non importa) si incazzava con noi, era comunque colpa nostra, poi al massimo si vedeva. Che uscivamo da scuola e correvamo a fare sport, ma solo dopo aver giocato dall'amico, nutriti a olio di palma, barrette Kinder e polvere dei lotti. E il tempo ci bastava sempre, pensate un po'.
Che nessuno si preoccupava di mandarci dal neuropsichiatra infantile per una pagina di Storia da studiare, o perché l'allenatore di calcetto ci metteva sempre in panchina.
Perché ci dicevano, semplicemente, che in panchina ci stavamo perché eravamo pippe e il due a scuola l'avevamo preso perché eravamo ciucci. E non c'è niente di male ad essere pippe e ciucci. È un punto di partenza.
Da cui si può sempre andare avanti, tra l'altro.
Ma crescere i figli nelle campane di vetro, prendersela con gli insegnanti, la scuola, gli alieni, le scie chimiche, Superman che è diventato cattivo, di certo è molto, ma molto peggio.
Stiamo creando adulti che non sanno accettare le sconfitte e non sanno cavarsela da soli.
E da questo, perdonatemi il pessimismo, non c'è ritorno...
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