Nonna mi faceva mettere fuori dalla finestra, per quella notte, un candelino acceso. Non mancavano mai in casa candele e candelini, moccoli e mozziconi di ceri per ogni occasione , e la serata lo prevedeva un lumino esterno perchè era proprio in quella notte che i morti tornavano a trovare i cari che avevano lasciato.. “ Sai – mi diceva – ci devano vedè indove vanno.. eppoi ni si mette anco un pezzetto di pane.. se avessen fame almeno..”
Io volevo che lei mettesse fuori anche un po' di latte, pensando alla sorellina morta appena nata.. “Sai nonna -ribattevo- lei un'ha mia denti .. e poi anche tutti gli altri e son vecchietti .. come fanno a mangià.. magari fanno la zuppa..”
Non pensavo alla “paura” . Da noi così la morte viene anche chiamata, e così si chiamano anche quelle zucche vuote col lumino dentro, “paure o mortesecca”.. ma io di paure in tutti i sensi non ne vedevo in quel rito...non vedevo né streghe, né pipistrelli, né fantasmi urlanti, ma solo persone che per un momento tornavano con te .. e poi Guidone mi aveva già istruito a proposito...
Lui, Guidone, non aveva paura di nulla quell'omone, e proprio per questo alle veglie funebri non mancava mai. Raccontava che ne aveva fatte di veglie, anche direttamente nel cimitero, nella cappellina... ora io immaginavo la scena.. di notte.. nel cimitero... coi lumini.. i cipressi che frusciavano al vento.. nella cappella col morto.. nella bara.. aperta.. con i ceri... e tutti i paramenti..neri... “ O Guido ma un avei paura?”..gli domandavo..
“ Macchè paura..- rispondeva lui..-.. è de' vivi che bisogna avè paura, no de' morti..!”
Quindi io, quelle presenze che in quella notte venivano a farti visita, me le immaginavo benevole e stavo tutta la sera appiccicata alla finestra nella speranza di vederle apparire, di veder avvicinarsi al vetro qualche volto, magari quello della bisnonna , con quel sorriso dolce che osservavo dall'unica foto che la ritraeva, così somigliante a nonna... oppure immaginavo che potesse arrivare la vecchia Cleofe, coi suoi scherzi, le sue burle.. potevo farla entrare pensavo, avrebbe magari improvvisato quel suo improbabile balletto.. quello di cui nonna mi raccontava..
“ Ah era buffa la mi' socera ..sai lei un'avea peli sulla lingua e quando la facevano arrabbià un'è che la facesse tanto lunga.. davanti all'interessato si metteva le mani su' fianchi ni cominciava a rigirà d'intorno e ni cantava.. “ Chi se la pigliaa moreee me l'ha itto anco 'r dottoreeee chi more se ne va'.. e un me la vo' pigliàaa..”..
Rideva nonna quando me lo raccontava, rideva a volte fino alle lacrime, segno che quei momenti li aveva vissuti nella loro interezza, e quanto avrei voluto vedere anch'io le facce di quei malcapitati di fronte a quella donna risoluta e ironica che li pigliava in giro.. ecco se fosse tornata a farmi quel balletto, pensavo, che bello sarebbe stato!.. O avrei potuto finalmente vedere la sorellina mai vista... abbracciarla come mi sarebbe piaciuto fare se fosse vissuta.. era spesso con me nei miei giochi, andavo a portarle fiori sulla tomba, ma vederla.. vederla sarebbe stato meraviglioso. E poi avrei visto volentieri anche il bisnonno il Capoccio, con quei baffoni come nonno e come nonno risoluto, capo, ma buono buono come il pane.. avrei voluto vedere tutti gli antenati, anche quelli prima e quelli prima ancora, quelli che mi pareva si perdessero nella notte dei tempi.. però c'erano, ed era perchè loro c'erano stati se ora c'ero anch'io pensavo riverente.
Me li vedevo tutti intorno in una specie di giostra non affatto macabra, ma densa e giocosa come un girotondo, e la mia fantasia mi portava in spazi affollatissimi di gente sconosciuta ma vicinissima a me, che mi pareva di poter toccare con mano, intanto che il fuoco danzava dentro casa nella sera, e la fiammela fuori.. tutto questo finchè nonna non diceva.. “ Via bimba si va alletto..”.. “ Ma io li devo vedè”..- ribattevo assonata... era un po' che il capo mi ciondolava appoggiato sul palmo della mano.. “ Un'è mia detto che poi loro voglian fassi vedè anche se vengano..- diceva lei- e poi te basta che ci pensi e saranno sempre con te”– mi rafforzava, mentre si avviava verso le scale con la mia mano nella sua.
E allora salivo serena e mi infilavo a letto, felice della notte a venire, dove morti e vivi si incontravano di nuovo, e soprattutto, sotto le coperte, attaccata a nonna, mentre pensavo al candelino sulla finestra che illuminava loro il cammino verso la nostra casa, pensavo anche alla fiammella del mio cuore che se io avessi saputo tenere accesa sempre, sempre avrebbe indicato loro la strada per arrivare anche dentro di me, e se avessero voluto... per restarci.
La foto è mia e la finestrina ancora esistente é quella dietro casa del sottoscala.
di Dana Carmignani
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