domenica 20 novembre 2016

Di tutto un po' #424



Ho vissuto, respirato, sofferto, goduto tutte le stagioni della vita. Ho provato il fuoco e l’acqua, la brezza, il vento e il freddo, la pioggia e la tempesta, la neve e il gelo. Sono stato in mezzo alla gente e avvolto nel silenzio. Ho conosciuto ruvidità e carezze, la ribalta e il sipario abbassato. Ho avuto, come diceva Turoldo, il privilegio di nascere povero e di capire che nella vita conta prima di tutto accontentarsi. La morte mi ha portato via nel fiore degli anni prima la moglie poi un figlio, mi ha rubato il futuro stesso che un figlio incarna. Se mi guardo indietro, a volte mi domando come ho fatto a reggere a questi schianti, rialzandomi dopo ogni squarcio affettivo. A volte mi pareva che la notte non finisse mai e che l’alba si fosse dimenticata di sorgere per me. Ho dovuto correre per onorare gli impegni di uomo, la vita deve andare avanti. Avevo l’imperativo morale di resistere, anche quando tremavano le gambe e mi assalivano l’insicurezza e la paura. Ho fatto come chi sale la montagna, passo dopo passo, verso la cima, con la piccozza di cui mi ha attrezzato madre natura. Quante valli oscure e soleggiate sul mio cammino di 95 anni, sempre affascinato dal nuovo. Di una cosa non ho mai dubitato per un attimo: dell’aiuto della Provvidenza. Ho sempre avvertito Dio al mio fianco: che mi ha fatto capace di percepirlo anche là dove Lui non risplendeva, nella nebbia dell’autunno e nel meriggio splendente dell’estate. Ho scoperto con gioia che Dio è proprio il mormorio di quella brezza leggera narrata nel terzo libro dei Re. Non il Dio dei prodigi ma il Dio che ci sostiene come un padre nella quotidianità.

Angelo Frigerio, giornalista e scrittore

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