Racconta Cristoforo Colombo nel suo diario di bordo che quando sbarcò in America incontrò degli indigeni “che inalavano il fumo di foglie arrotolate e accese”. Amerigo Vespucci parla di tabacco “masticato” dagli indigeni delle isole al largo del Venezuela. Il tabacco sbarcò in Europa una cinquantina di anni dopo la scoperta del Nuovo Continente, e cominciò ad essere consumato sia trinciato, da masticare o arrotolare e fumare, sia polverizzato da fiutare. Sembra che le prime coltivazioni di tabacco in Italia si siano sviluppate nel Granducato di Toscana, verso la fine del sec. XVI, ma la grande e più pregiata quantità continuò ad essere, per lungo tempo, quella di importazione, che arrivava sigillata in “botti” di legno. La tradizione vuole che il sigaro Toscano sia nato per caso a Firenze, verso la fine del ’700, quando una partita di tabacco Kentucky, rimasta all’aperto, fu investita da violente piogge che prima inzupparono, poi sommersero le botti dove il tabacco era stipato. Lasciate all’acqua e al sole, le foglie di Kentucky fermentarono, presero un cattivo odore, e si pensò di gettarle via. Ma qualcuno provò a farle asciugare e ad arrotolarle per farci dei sigari da vendere a basso prezzo. Neanche a dirlo, quei sigari, poi soprannominati “stortignaccoli”, andarono a ruba e segnarono la nascita del favoloso sigaro Toscano.
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