domenica 30 luglio 2017

Nature morte e tavola!

Nel XVII sec. la natura morta era molto richiesta per il suo carattere decorativo, ma occupava l’ultimo posto nella graduatoria dei temi figurativi, dopo le pale d’altare, i soggetti a carattere storico, i paesaggi e i ritratti. 

Solo pochi artisti si dedicarono interamente a questo genere scarsamente remunerato. 
Riprodurre le differenze dei singoli prodotti fu una sfida così grande per le capacità dei pittori, che l’intento di costruire una gradevole composizione decorativa passava in secondo piano.

Il principio di tutte le nature morte si fonda su una riproduzione dell’aspetto naturale delle cose che superi il visibile, un’illusione dell’occhio umano. 

Jacopo Chimenti (1551-1640) conosciuto come un buongustaio, realizzò addirittura dieci nature morte. La disposizione dei prodotti della terra e della cucina ci offre un mondo colorato, composto dai prodotti che si trovavano nei ricchi mercati cittadini del tempo. 

Polli, salsicce, carne, recipienti e cibi, sono presentati su un fondo scuro che aumenta l’effetto della luce, offrendo allo spettatore la possibilità di distinguere i cibi fra cotti e crudi. 

Caravaggio realizzò invece un'unica natura morta a se stante: il “cesto di frutta”. Il volume di ogni frutto, di ogni foglia, di ogni tralcio, sono messi in risalto dal taglio prospettico e da riflessi di luce magistralmente sfumati. Questo capolavoro ispirò nei decenni seguenti numerosi imitatori. 

Sotto l’influsso delle nature morte fiamminghe ambientate nelle cucine e nei mercati, pittori come Vincenzo Campi (ca. 1535/40–1591) crearono quadri nei quali la rude vita quotidiana e la ricca offerta dei prodotti del mercato si completavano a vicenda. 

In questo scenario si svilupparono nel XVII sec. numerose scuole locali, nelle cui raffigurazioni avevano largo spazio le specialità regionali. 

Tipici sono i dipinti degli artisti napoletani Giovanni Battista e Giuseppe Recco che si specializzarono in nature morte di pesci. 

La sontuosa disposizione di frutta di molti pittori, soprattutto delle scuole di Roma, Milano e Bologna esercitò forti suggestioni. L’abilità di pittori come Giovanni Paolo Caselli consisteva nel dare alle pesche una buccia vellutata, all’uva una splendida trasparenza, agli agrumi una scorza grinzosa e ai fichi una carnosità invitante. 

I cibi già preparati, frequenti nelle nature morte dei Paesi Bassi, si trovano nelle opere italiane solo sporadicamente, in genere sotto forma di dolci, come in Cristoforo Munari. 

Da "Taccuini storici"

Nella foto "Canestra di frutta" di Caravaggio

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