L’aceto inizialmente si manifestò come lo spontaneo e inatteso prodotto di un cattivo invecchiamento del vino.
Plinio racconta l’episodio del banchetto di Cleopatra, durante il quale la regina, per tenere fede ad una scommessa, giunse a sciogliere la perla del suo orecchino in un bicchiere d’aceto.
Nonostante questo liquido fosse derivato dal deterioramento del vino, i romani ne facevano largo uso e lo impiegavano per la posca: una mescolanza di acqua e aceto, sopratutto consumata dai legionari per combattere la sete, che secondo i vangeli venne somministrata a Gesù Cristo crocifisso.
Durante il Medioevo l’aceto, insieme al vino e al succo del limone o dell’arancia amara, era una base per le salse, che non avevano soltanto l’obbiettivo di arricchire le pietanze ma anche quello di coprire, insieme alle spezie, l’odore e il sapore delle carni conservate troppo a lungo.
La scuola medica salernitana considerava l’aceto sostanza pregiata, tanto che alla metà del ‘300 venne usato in grandi quantità come medicina contro la peste.
Alla fine del Medievo l’aceto cominciò a scarseggiare e pertanto iniziò la sua produzione. Nacquero vere e proprie corporazioni di fabbricanti che addirittura obbligavano i propri iscritti a sottostare ad un giuramento di segretezza sulle procedure di realizzazione del liquido.
Nel ‘400 Ficino riconobbe all’aceto “capacità di ristabilire la diminuita sensibilità del gusto e togliere la nausea”.
Dal Rinascimento in poi l’aceto sembra non abbandonare mai né le cucine né le tavole occidentali, prezioso ingrediente nelle ricette o come base per salse.
Nell’esegesi biblica l’aceto simboleggia la mente corrotta, per essere il frutto della corruzione del vino, l’inganno, la frode, ciò che il diavolo elargì al popolo dei giudei. Esso rappresenta inoltre l’empità.
Da "Taccuini Storici"
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