venerdì 3 febbraio 2017

La leggenda del fiume Tevere

La nascita del fiume Tevere, in questa bella leggenda di Maria Cerbelli...
C’era un monte così alto che tutti i giorni nuvole dense come ovatta lo avvolgevano e lo rendevano invisibile all’occhio umano. Si chiamava Fumaiolo e neanche a primavera, quando il cielo era limpido e terso, la cima riusciva a scorgersi. Secondo una leggenda, era abitato da folletti, gnomi e fate, e mai nessun uomo avrebbe potuto metterci piede.

Un giorno, da due grotte poste ai lati della montagna, sgorgarono due zampilli d’acqua limpidissima. Il Fumaiolo decise di chiamare una delle sorgenti Savio, mentre all’altra fu dato il nome di Tevere. La loro acqua era fresca e cristallina e folletti, gnomi, fate, ma anche caprioli e marmotte se ne abbeveravano e vi si trastullavano con lunghi bagni. Una mattina, quando le sue falde erano diventate tanto abbondanti da averlo reso un ruscello, il Savio chiese al monte che lo aveva generato: “Tu che mi hai dato la vita, dimmi: qual è il destino di ogni fiume?” Nella sua voce si leggeva un’alterigia che non piacque molto al Fumaiolo, che gli rispose con un tono autoritario: “Ogni fiume, dopo aver attraversato campagne, reso fertili terreni e aver placato la sete della terra, raggiunge il mare e compie così il suo destino”.

“Bene!” disse allora il Savio con insolenza. “Se il mio destino è quello di arrivare al mare, indicami la strada più breve per raggiungerlo”.

“Se è questo che vuoi”- rispose il monte – “io che dall’alto vedo ogni cosa ti dico che, se percorrerai la strada tracciata verso nord-est, arriverai al mare molto presto”.

“Così farò”, disse il Savio. Poi, salutati il monte, gli gnomi e le fate, iniziò il suo viaggio e scomparve tra le nuvole.

“E tu?”, disse poi il Fumaiolo rivolgendosi alla seconda sorgente, quella del Tevere. “Quale strada hai deciso di percorrere per compiere il tuo destino?”

“Ho deciso di percorrere la strada più lunga perché, prima di giungere al mare, voglio attraversare le campagne, rendere fertili i terreni e placare la sete della terra”.

“Allora dovrai percorrere la strada tracciata verso sud-ovest”, disse il monte. “Ma sappi che il tuo cammino sarà più impervio e difficile e dovrai impegnarti molto per raggiungere il mare”.

“Non importa” ribatté il Tevere. “La mia fatica sarà ricompensata da tutte le cose che conoscerò durante il viaggio”. E così anche il Tevere partì alla volta del mare.

Passarono giorni, settimane, mesi, ma dei due fiumi non si seppe più nulla. Tutti ormai avevano perso la speranza di conoscere quale fosse stata la loro sorte quando, all’improvviso, in una mattina d’estate le acque del Savio vibrarono percorse da una notizia inattesa. Una gazza ambasciatrice, cavalcando le onde veloce come una saetta, così andava dicendo: “Il Savio ha raggiunto il mare! In breve tempo ha compiuto il suo destino!” La lieta notizia giunse alle grandi orecchie del monte Fumaiolo, che subito, rivolgendosi alle sorgenti del Tevere, chiese dove fosse arrivato.

“Il Tevere è ancora lontano dal mare” – risposero timidamente le fonti – “ma le sue acque, ormai abbondanti, stanno nutrendo i campi che attraversano e portano vita in tante campagne”. Le sorgenti del Savio, che avevano udito tutto, cominciarono a deridere le falde del Tevere: “Che fiume fannullone! Non riesce a compiere il suo destino!”.

A quegli sberleffi, le sorgenti del Tevere si rattristarono e cominciarono a chiedersi se il loro fiume non avesse fatto una scelta sbagliata nell’intraprendere la strada più difficile. Il monte, infastidito da quei battibecchi, decise di intervenire e rassicurò le falde del Tevere: “Non disperate, perché anche il vostro fiume compirà il suo destino e raggiungerà il mare. In più, poiché non ha esitato a intraprendere la strada più impervia pur di rendere fertili i terreni e placare la sete della terra, riceverà una ricompensa”.

Dovettero passare tuttavia ancora tanti mesi e altrettanti anni prima che il Tevere riuscisse a raggiungere il mare. E, nonostante il suo gemello continuasse a deriderlo, mai si pentì di aver compiuto quella scelta: grazie al suo lungo e faticoso viaggio aveva potuto conoscere luoghi che prima ignorava e la sua vita si era arricchita di saggezza ed esperienze. Quando finalmente arrivò il giorno in cui anche lui vide una distesa di acqua azzurra brillare sotto i raggi del sole, capì che il suo destino era ormai compiuto. Appagato dalla sua lunga vita e dalle tante conoscenze accumulate, si tuffò nelle acque sconfinate del Tirreno. Ed era così soddisfatto di sé che dimenticò la ricompensa che gli era stata promessa.



Ma un giorno accadde qualcosa di inaspettato: una donna, che portava con sé un canestro di paglia, si avvicinò alle sue rive e posò la cesta sull’acqua. In quella cesta c’erano due bambini che si chiamavano Romolo e Remo.

Il primo diede vita a Roma, che nasce proprio sul fiume Tevere… Beh, questa è un’altra storia: la storia della città eterna e del suo mitico fiume, conosciuto in tutto il mondo.

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