domenica 29 maggio 2016

Dipinti - Josef Jan Michnia


L'arte di Josef Jan Michnia è caratterizzato da un'osservazione altamente sensibile e un coraggio insolito per forma e colore. ha le sue radici artistiche nel lavoro espressionista di Paul Cézanne, ma la sua propria interpretazione di questo stile - un realismo espressivo - è diretto sempre contemporanea e in avanti.

Caratteristica di tutte le opere dell'artista è una forte dimensione trascendentale della sua percezione: Con l'aiuto del suo Michnia potenza visionaria cerca costantemente di superare l'opposizione tra materia e spirito e trasformarlo in una fonte di ispirazione per lo spettatore.

sabato 28 maggio 2016

Ci sono gli uomini...


Ci sono gli uomini.
E poi ci sono gli uomini uomini.
Quelli che non si vergognano delle loro fragilità, ma scelgono di accarezzarle per farle splendere.
Quelli che sanno ancora emozionarsi per un sorriso o un’alba.
Quelli che sanno stringerti le mani prendendo in braccio i tuoi sogni.
Quelli che non si stancheranno mai di dirti “ti amo” con la vita nei occhi e un abbraccio nel cuore.
Quelli che proveranno ad alleggerirti i pensieri, zavorre troppo pesanti a volte per volare.
Esistono uomini roccia: ti aggrappi e ti sorreggono.
Esistono uomini vento: ti costringono a spettinare i pensieri.
Esistono uomini oceano: ti perdi nella grandezza delle loro onde.
Uomini.
Forse abitano in un universo parallelo e che provano a proteggerti dal resto del mondo.
Uomini dei quali senti il respiro costante nei tuoi respiri anche quando non sono con te.
Sono questi gli uomini da amare forte, da tenere stretti tra le pieghe dell’anima.
Per un tempo indefinito che somiglia molto a per sempre...
-- Gemma Gemmiti

La Primavera del Botticelli


La Primavera è un dipinto a tempera su tavola (203 x 314 cm) di Sandro Botticelli, databile al 1482, anno delle nozze del committente, Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici (anche detto Lorenzo il Popolano) con Semiramide Appiani. Realizzata per il Palazzo Medici di Via Larga a Firenze e trasferita nella villa medicea di Castello, residenza di Lorenzo, del ramo cadetto della famiglia del Magnifico, faceva forse in origine pendant con la "Nascita di Venere". L’opera, che è il capolavoro dell’artista, è attualmente conservata nella Galleria degli Uffizi a Firenze, di cui è considerato il dipinto più famoso. Giovani dee della mitologia pagana o fanciulle della corte dei Medici dall’acerba bellezza si muovono in lievissime vesti ad animare l’allegoria della Primavera, probabilmente ispirata a un distico delle “Stanze per la giostra” di Angelo Poliziano. Nel giardino delle Esperidi, Zefiro (o Borea), vento di primavera, rapisce per amore la ninfa Clori, che è trasformata in Flora, la personificazione della primavera stessa, ma anche allusione alla città di Firenze (Florentia), mentre al centro del dipinto campeggia Venere e sopra di lei vola il figlio Cupido. A sinistra le Tre Grazie danzano armoniosamente intrecciando elegantemente le dita (la Grazia al centro avrebbe le sembianze di Semiramide Appiani). Chiude il gruppo, appartato, Mercurio (Lorenzo), coi tipici calzari alati, che col caduceo scaccia le nubi. Fiori spuntano dappertutto, dalle labbra delle belle, sui loro capelli biondi, sotto i loro teneri piedi. I fiori alluderebbero a vari significati matrimoniali: fiordalisi, margherite e nontiscordardimé alludono alla donna amata, i fiori d'arancio sugli alberi sono ancora oggi un simbolo di felicità matrimoniale, così come la borrana che si scorge sul prato. C’è tutto l’incanto del Rinascimento e la sua atmosfera di estrema raffinatezza ideale, in queste figure di una letizia perfetta, riscattate per sempre dall’angoscia del peccato, grazie alla sacralità del matrimonio. Sono inoltre da notare il ritmo e la musicalità propri della pittura del Botticelli. Resta un’opera di soggetto misterioso a dispetto dei molti tentativi di individuarne le fonti antiche e coeve, numerose le proposte di lettura. Venere è simbolo dell’amore più elevato secondo i principi della filosofia dell’Accademia neoplatonica, in base ai quali l'amore, nei suoi diversi gradi, trasforma l'uomo staccandolo dal mondo terreno per volgerlo a quello spirituale. Le figure di Venere e Mercurio, sarebbero legate a un oroscopo di Lorenzo, come risulta da una lettera di Marsilio Ficino. Botticelli s’ispirò alla letteratura classica (Ovidio e Lucrezio), soprattutto per quanto riguarda la metamorfosi di Clori in Flora. La Primavera nasconde anche un livello di lettura storico-dinastico, legato alle vicende contemporanee del committente e della sua turbolenta famiglia: si dovrebbe stimare il dipinto non solo allegoria del matrimonio di Lorenzo e Semiramide, ma soprattutto come allegoria dell'età medicea, intesa come età dell’oro.

Ecco la casa che vorrei

EDERA
L’edera fornisce indicazioni diverse: il fusto tende a crescere verso l’ombra, mentre le foglie si sviluppano, di norma, in direzione della luce del Sole, quindi verso Sud.

EDIFICI
Le forze della natura sono all’opera anche in città. Il Sole potrà far sbiadire i colori e scrostare gli edifici, le porte e le finestre più rapidamente sul lato Sud-Est (o Sud-Ovest) di una determinata via. La pioggia tenderà a colpire un edificio in base alla direzione del vento dominante macchiandolo, corrodendolo o favorendo la crescita di muschi e muffe.

FIORI
I fiori tendono ad orientarsi a Sud. Ci sono però fiori, come il ranuncolo alpino, che seguono il movimento del Sole da Est a Ovest. La foglia di nasturzio, per esempio, si inclina ad angolo retto verso il Sole e ne segue il movimento durante il giorno.

FIUMI
Come ci si orienta lungo un fiume? Si devono volgere le spalle alla sorgente (cioè nella direzione opposta allo scorrimento dell’acqua) e guardare verso la foce. La parte che è alla nostra sinistra sarà la riva sinistra, quella a destra la riva destra. Tutta la parte del fiume che c’è tra noi e la sorgente si dice che è “a monte”, quella tra noi e la foce, si dice “a valle”. Considerando ciò, e se conosciamo il territorio, sarà più facile capire dove ci si trova.

FRUTTI
La disponibilità di luce solare influisce sull’energia che una pianta produce in termini di glucosio. Per questo motivo si pianteranno gli alberi dai frutti dolci, come uva e pesche, nei versanti Sud. Ricordarsi quindi che nel nostro emisfero il “Sud è dolce”. Se alla sua sommità, una pianta in un lato mostra frutti più grossi e più pesanti, è probabile che stia ricevendo più luce e quindi sia rivolta a Sud.

GHIACCIO E NEVE
Il vento può creare sulla neve e sul ghiaccio formazioni di onde, crinali e increspature come nella sabbia di un deserto [vedi DUNE]. Il vento organizza la neve fresca in cumuli e linee la cui sommità e il cui punto terminale sono rivolti verso il vento dominante. La neve fresca si deposita sul lato sottovento di qualsiasi ostacolo. In montagna, in inverno, la neve è più persistente a Nord e Nord-Ovest essendo zone più fredde. Quindi le rocce coperte di ghiaccio sono soprattutto quelle che si trovano in queste direzioni. Il Sole scioglie la neve più velocemente verso la parte esposta, cioè a Sud.

GIRASOLE
I boccioli di girasole non ancora maturi, in giornate soleggiate, seguono il percorso del Sole nel cielo da Est ad Ovest, mentre di notte e al crepuscolo tornano ad orientarsi verso Est. Lo stelo si irrigidisce alla fi ne dello stadio di maturazione. Quando il girasole fiorisce lo stelo si blocca in direzione Est, cioè nella direzione in cui sorge il Sole.

LA BANANA


È il frutto di una pianta di origine asiatica ed oggi diffusa nelle aree tropicali di tutto il mondo. La banana viene raccolta prima della maturazione (buccia verde) perché continua a maturare anche dopo essere stata colta. Contrariamente a quanto si crede, questo frutto ha un modesto contenuto calorico e una discreta quantità di vitamina A. Nel contatto con l’aria la polpa della banana scurisce subito, quindi, se si prepara una macedonia, è bene irrorarla con succo di limone. Per non fare annerire il frutto schiacciato bisogna usare una forchetta d’argento! Pare che le banane verdi maturino più in fretta se vengono messe vicino a quelle molto mature.

PIOGGIA


Cantava al buio d'aia in aia il gallo.
E gracidò nel bosco la cornacchia:
il sole si mostrava a finestrelle.
Il sol dorò la nebbia della macchia,
poi si nascose; e piovve a catinelle.
Poi tra il cantare delle raganelle
guizzò sui campi un raggio lungo e giallo.

Stupìano i rondinotti dell'estate
di quel sottile scendere di spille:
era un brusìo con languide sorsate
e chiazze larghe e picchi a mille a mille;
poi singhiozzi, e gocciar rado di stille:
di stille d'oro in coppe di cristallo.

G. Pascoli

COSA DARE DA MANGIARE AL MIO GATTO…


La giusta alimentazione per il nostro gatto deve seguire alcune regole semplici, tenendo presente il peso, la razza e l’età. È bene anche cercare di assecondarlo nei gusti.

QUANDO LUI È CUCCIOLO
Trascorsi 60 giorni dalla nascita, il gattino si dovrebbe nutrire completamente da solo. In questa fase, si trasforma e si sviluppa a un ritmo veloce, con una buona crescita fino a un anno. Per questo è importante nutrirlo bene con cibi che favoriscano la salute. Il micetto ha bisogno di cibo più proteico e più calorico, che contenga elevate quantità di calcio, fosforo quanto basta e DHA, un acido grasso essenziale per il cervello.

QUANDO LUI È ADULTO
Il gatto adulto deve mangiare in modo equilibrato, con le giuste quantità di proteine, calorie, sali minerali e vitamine. Dargli solo carne non è un’alimentazione sana. Poi, bisogna considerare lo stile di vita: un gatto che esce in giardino, sta all’aperto, ha bisogno di alimenti più energetici, come il gatto casalingo che deve muoversi e giocare. Un’alimentazione particolare è consigliata per il gatto sterilizzato. Questo nostro amico deve mangiare poco e spesso, quindi è opportuno che gli lasciamo sempre del cibo a disposizione (le crocchette, poiché secche, sono ideali per questo scopo), con una ciotola di acqua fresca.

QUANDO LUI È SENIOR
I gatti cominciano a essere considerati anziani tra i 7 e i 10 anni di età. Per il gatto anziano, il cibo deve essere digeribile (per diminuire la fermentazione nell’intestino crasso), essere ricco di fibra (per favorire la mobilità intestinale), e di antiossidanti (per sostenere il sistema immunitario). Il pasto deve stimolare l’olfatto e il gusto, che dopo una certa età, si riducono. Se si astiene dal mangiare o mangia poco, bisogna portarlo dal veterinario, per verificare l’eventuale insorgere di un problema che gli ha ridotto l’appetito.

IN CUCINA NON TUTTI SANNO CHE… FAGIOLINO


Detto anche fagiolo mangiatutto, è una varietà di fagiolo che si raccoglie a maturazione incompleta: si consuma mangiando anche il baccello, che è raccolto prima dell’ingrossamento del seme interno. La pianta è all’aspetto uguale a quella del fagiolo; i baccelli sono però più sottili, a volte dritti, altre volte leggermente ricurvi; di colore verde, talvolta giallo, e in alcune varietà quasi violetto. Di forma cilindrica, ma a volte anche larga e piatta, raggiungono una lunghezza media di circa 10 cm. Fa eccezione il fagiolino detto “stringa”, che è lungo più del doppio rispetto alle altre varietà.

CONSIGLI

Per verificare la freschezza del fagiolino al momento dell’acquisto, controllate che la polpa sia turgida e non avvizzita. Spezzatene poi un’estremità: se è fresco, si romperà di netto e sul taglio si formerà una gocciolina.

Per verificare invece che i fagiolini siano stati raccolti al momento giusto, controllate che il baccello non sia troppo “panciuto” (segno dell’iniziata crescita del seme interno) e che non presenti il cosiddetto “filo” (potete verificarlo spezzando in due il baccello).

Se lessate i fagiolini in acqua bollente. La cottura dovrà avvenire senza coperchio e andare da un minimo di 7-10 minuti a un massimo di 15: tenete comunque presente che più la cottura sarà breve, più essi resteranno croccanti, di colore brillante e conserveranno meglio le loro caratteristiche nutrizionali.

lunedì 23 maggio 2016

Le donne difficili


Sono le donne difficili quelle che hanno più amore da dare, ma non lo danno a chiunque.
Quelle che parlano quando hanno qualcosa da dire.
Quelle che hanno imparato a proteggersi e a proteggere.
Quelle che non si accontentano più.
Sono le donne difficili, quelle che sanno distinguere i sorrisi della gente, quelli buoni da quelli no.
Quelle che ti studiano bene, prima di aprirti il cuore.
Quelle che non si stancano mai di cercare qualcuno che valga la pena.
Quelle che vale la pena.
Sono le donne difficili, quelle che sanno sentire il dolore degli altri.
Quelle con l'anima vicina alla pelle.
Quelle che vedono con mille occhi nascosti.
Quelle che sognano a colori.
Sono le donne difficili che sanno riconoscersi tra loro.
Sono quelle che, quando la vita non ha alcun sapore, danno sapore alla vita.

Web

Tra ricordo e nostalgia...



Sperdute nella pace
dei miei monti,
là, dove sovrani
regnano gli invadenti
sterpi degli orti devastati,
odorose di muschio,
dormono le case
abbandonate, scrigni
preziosi, un tempo,
di vaghi sogni e
di speranze vive,
testimonianza amara,
ora, di fili spezzati. 

( Antonio Ortalli )


Sulla Felicità – Seneca


Tutti, o fratello Gallione, vogliono vivere felici, ma quando poi si tratta di riconoscere cos’è che rende felice la vita, ecco che ti vanno a tentoni; a tal punto è così poco facile nella vita raggiungere la felicità, che uno, quanto più affannosamente la cerca, tanto più se ne allontana, per poco che esca di strada; che se poi si va in senso opposto, allora più si correveloci e più aumenta la distanza. Perciò dobbiamo prima chiederci che cosa desideriamo; poi considerare per quale strada possiamo pervenirvi nel tempo più breve, e renderci conto, durante il cammino, sempre che sia quello giusto, di quanto ogni giorno ne abbiamo compiuto e di quanto ci stiamo sempre più avvicinando a ciò verso cui il nostro naturale istinto ci spinge.

Finché vaghiamo a caso, senza seguire una guida ma solo lo strepito e il clamore discorde di chi ci chiama da tutte le parti, la nostra vita si consumerà in un continuo andirivieni e sarà breve anche se noi ci daremo giorno e notte da fare con le migliori intenzioni.

Si stabilisca dunque dove vogliamo arrivare e per quale strada, non senza una guida cui sia noto il cammino che abbiamo intrapreso, perché qui non si tratta delle solite circostanze cui si va incontro in tutti gli altri viaggi; in quelli, per non sbagliare, basta seguire la strada o chiedere alla gente del luogo, qui, invece, sono proprio le strade più frequentate e più conosciute a trarre maggiormente in inganno. Da nulla, quindi, bisogna guardarsi meglio che dal seguire, come fanno le pecore, il gregge che ci cammina davanti, dirigendoci non dove si deve andare, ma dove tutti vanno. E niente ci tira addosso i mali peggiori come l’andar dietro alle chiacchiere della gente, convinti che le cose accettate per generale consenso siano le migliori e che, dal momento che gli esempi che abbiamo sono molti, sia meglio vivere non secondo ragione, ma per imitazione. 

...tratto da “De Vita Beata"

Riflessioni sulla felicità.



Non si deve sognare la felicità al di fuori di quelle che sono le condizioni fondamentali dell'essenza umana; 
ora, la nostra essenza comporta la sazietà e la noia; 
la felicità perciò consiste nella soddisfazione della nostra essenza, nell'esercizio delle nostre facoltà;
essa è una condizione terrestre. 

Sully Prudhomme (diari) 1 Ottobre 1862

Opera digitale di Catrin Welz Stein

domenica 22 maggio 2016

IN CUCINA NON TUTTI SANNO CHE… LA NOCE MOSCATA


L’albero della noce moscata (che non è affine al noce domestico) è originario delle isole Molucche (nell’arcipelago malese), anche note come “Isole delle spezie” proprio per la produzione di questo prodotto, oltre che dei chiodi di garofano e di altre spezie. Il frutto si presenta in bacche carnose dal colore giallastro, che contengono all’interno un guscio legnoso a protezione del seme. Questo guscio, frantumato e lavorato, dà luogo al macis, mentre il seme viene essiccato e venduto intero col nome, appunto, di noce moscata. Questa spezia si trova in commercio tutto l’anno ed è forse, dopo il pepe, la più diffusa in cucina. Il suo aroma è intenso, ma tende a svanire in fretta quando viene polverizzata: grattugiatela quindi solo all’ultimo momento. Quando acquistate della noce moscata, assicuratevi che la confezione sia ben chiusa, in modo che non abbia disperso gli aromi, e poi conservatela sempre chiusa.

Di tutto un po' #340


Sto scrivendo. Entra un odore di pesce,
silenzioso, augura il buon giorno
al mio naso, ai polmoni, al cuore.
“ Mi manda il lago. Come va?”. “Va“.

Sul tavolo gli impegni premono
ma non mi riesce di lavorare.
Un altro ospite. Profumo di funghi?
Il bosco dietro alla montagna penetra dalla finestra.

Poi, con febbre da innamorato,
un pioppo, quasi balbettando.
E un campo, con tintinnante allegria,
fresco di concime primaverile.

Un camino, col fumo degli sterpi,
la mucca del vicino, muggendo,
tutti i fili d'erba del prato,
i cirri del cielo.

E mi spiegano, fraternamente,
che è bello vivere, che si deve e si può:
i miei occhi non sanno trattenersi,
rispondono col pianto. 

Gyula Illyes 

opera d’arte di Timothy Easton


22 maggio: SANTA RITA DA CASCIA



Santa Rita visse tra il XIV ed il XV sec. Fu data in sposa a un uomo violento, coinvolto in faide tra famiglie, che sopportò pazientemente, senza mai abbattersi e pregando. Rita riuscì a rendere più docile il marito che venne però ucciso per vendetta. Nei due figli si accese la rabbia e il desiderio di vendicare il padre. Fu così che Rita, nel timore di perdere i figli, pregò il Signore di prenderli con sé. Dopo poco, i due si ammalarono e morirono. Rimasta sola, assecondò la sua vocazione religiosa ed entrò nell’Ordine di Sant’Agostino, avendo perdonato i responsabili di tanta violenza. Nel Monastero condusse una vita umile, modesta, caritatevole. Un giorno, mentre era davanti al Crocifisso, le si conficcò una spina della corona di Cristo nella fronte, segno della condivisione dei dolori della Passione.

LA SPINA
Le stigmate sono il segno di un amore vero di chi dona la vita liberamente fino in fondo per gli amici e per i nemici. “Così fu in Cristo, modello supremo, così fu in Rita. In verità, Ella ha sofferto e ha amato: ha amato Dio e ha amato gli uomini; ha sofferto per amore di Dio e ha sofferto a causa degli uomini” (Giovanni Paolo II). Quindici anni patì la spina: dopo aver sofferto per la morte dei parenti, tra le mura del Monastero, Rita innalza il suo dolore alle sofferenze di Cristo per l’umanità: chiede e ottiene dall’Amato, come pegno d’amore, di diventare ancor più partecipe alla Sua sofferenza. È il 1432. Un giorno, mentre è assorta in preghiera, chiede al Signore di renderla partecipe alle sue sofferenze. Non sappiamo cosa sia accaduto in quel momento: una luce, un lampo, ma è certo che una spina si stacca dal Crocifisso e le si conficca nella fronte e nell’anima.


                                               

Di tutto un po' #339


L'amicizia virtuale non ha distanze nè frontiere
Ha un viso sconosciuto ed immaginario
con un gran cuore che tutti i giorni s'occupa di te
si confida con te...
condivide con te le sue scoperte e si augura le
cose più belle per te.
La sera viene a portarti la buonanotte e a
dirti... "A domani"
e spesso è la prima la mattina, a darti il
buongiorno.
E' un'amicizia che senti... REALE ...anche se
è virtuale....ed e'per
questo che a tutti voi che mi seguite passo
passo ad ogni post, a voi
che magari entrate commentate una sola volta
e ve ne andate..io
regalo questo post perche'ogni pezzettino del
vostro essere
arricchisce me,di nuove riflessioni,spunti,
magari sorrisi siete Amici
e mi piace pensare che sono le nostre anime a
sfiorarsi ad essere
amiche ed e'una sensazione bellissima...


Zuppa di ciliegie


PROCEDIMENTO:

Lavate le ciliegie, asciugatele, privatele del picciolo e del nocciolo. In una casseruola lasciate sciogliere il burro a fiamma media, unite le ciliegie e mescolate bene perché s’insaporiscano. Dopo tre-quattro minuti unite lo zucchero, mescolate e quando è sciolto togliete dal fuoco. 

In un’altra casseruola versate il vino, unite la cannella e portate a bollore a fuoco basso. Versatevi le ciliegie con il loro liquido e continuando a mescolare portate a cottura per cinque-sei minuti ancora. 

Prelevate le ciliegie con la paletta forata e suddividetele nelle coppette.

In un pentolino sciogliete la fecola nel kirsch, versatela nella casseruola del vino e fate restringere a fiamma dolce, quando il composto sarà quasi vellutato versatelo nelle coppette delle ciliegie. 

Potete gustare la zuppa di ciliegie sia tiepida sia fredda.


IL VECCHIO E IL BAMBINO


Un vecchio e un bambino
si preser per mano
e andarono insieme
in contro alla sera.

la polvere rossa si alzava lontano
e il sole brillava di luce non vera

l'immensa pianura sembrava arrivare fin dove l'occhio di un uomo poteva guardare
e tutto d'intorno non c'era nessuno
solo tetro contorno di torri di fumo

i due camminavano, il giorno cadeva, il vecchio parlava e piano piangeva
con l'anima assente, con gli occhi bagnati seguiva il ricordo di miti passati
i vecchi subuscono le ingiurie degli anni, non sanno distinguere il vero dai sogni, i vecchi non sanno nel loro pensiero, distinguer nei sogni il falso dal vero.
il vecchio diceva guardando lontano immagina questo coperto di grano, immagina i frutti, immagina i fiori, pensa alle voci e pensa ai colori.
e in questa pianura fin dove si perde crescevano gli alberi e tutto era verde

cadeva la pioggia, segnavano i soli
il ritmo dell'uomo e delle stagioni.
il bimbo ristette, lo sgiardo era triste, gli occhi guardavano cose mai viste
e poi disse al vecchio con voce sognante, mi piaccion le fiabe, raccontane altre

Chiesa Sant'Andrea, Valle di Savena (Monghidoro)



Citata in un documento del 1315, fu rifatta nell’800 interamente in sasso a vista. 

Seppur ben poco abbia conservato dell’edificio originario, è comunque una delle chiese più caratteristiche del territorio, meta frequente di gruppi religiosi.

Presenta un singolare portico chiuso che la fiancheggia e conserva all'interno alcune tele settecentesche di scuola bolognese. 

Gli edifici contigui sono del periodo successivo alla costruzione della chiesa. 

Verso il fiume è presente il vecchio borgo del Chiusello dove un tempo c'era il vecchio mulino, tutt'ora abitato.

venerdì 20 maggio 2016

Tutto ho raccolto di te...



...briciole, frammenti, polvere, tracce, supposizioni,
accenti restati in voci altrui, qualche grano di sabbia, una conchiglia,
il tuo passato immaginato da me, il nostro supposto futuro, ciò che avrei voluto da te,
ciò che mi avevi promesso, i miei sogni infantili, l’innamoramento che bambina sentii
per mio padre, certe sciocche rime della mia giovinezza,
un papavero sul ciglio di una strada polverosa.
Anche quello ho messo in tasca, sai?

Non so se tu hai messo il tuo seme dentro di me o viceversa.

Ma no, nessun seme di noi è mai fiorito.

Ciascuno è solo se stesso, senza la trasmissione di carne futura,
e io soprattutto senza qualcuno che raccoglierà la mia angoscia.

Tutte le ho girate queste isole, tutte cercandoti.

E questa è l’ultima, come io sono ultima.

Dopo di me, basta.

Chi ti potrebbe cercare ancora se non io?

Antonio Tabucchi

opera d’arte di Octavian Florescu


Di tutto un po' #338


C’è chi pensa che l’amore non costi nulla.
Costa, eccome se costa! In sentimenti, sorrisi,
emozioni, lacrime, paure. In gioie indescrivibili.
In umiltà, condivisione, confidenza, empatia.
Nel rinunciare all’orgoglio, nel trovare il coraggio
di andare avanti, nell’abbassare le difese rendendoci
vulnerabili. Nei rischi che corriamo, nelle follie
che facciamo, per amore. Costa il rischio di saperci
mescolare senza perderci. Ma quel che diamo
e otteniamo per amore, non ha prezzo.
Perché ha il sapore, i colori, la musica di chi
amiamo. La sua pelle morbida. I suoi silenzi,
il suo sguardo. La sua anima. Perché è Amore...
-- Agostino Degas


ALBERI


Un albero isolato è l’ideale per fornire indicazioni sull’orientamento, soprattutto se si trova in un’area esposta agli agenti atmosferici, come in una aiuola di una città. Se però ci troviamo in un bosco, dobbiamo scegliere un albero dominante, quello cioè che appare più alto, più vecchio e più robusto, perché rivela con maggiore chiarezza l’impatto con gli agenti atmosferici. Scegliamo, se possibile, un albero che perde le foglie piuttosto che un sempreverde, perché su di esso gli adattamenti ambientali, che possono essere letti, saranno di solito più pronunciati. Giriamo tutto intorno all’albero e osserviamolo accuratamente per valutare quale lato sembra più pesante e la crescita più folta: con buona probabilità questo è il lato esposto a Sud, e più sarà pronunciata questa differenza più si potrà fare affidamento su tale metodo. Il fusto e i rami di un albero tendono a curvarsi verso la luce (nel nostro emisfero verso Sud). Prestare quindi attenzione ai rami che si trovano sui due lati di uno stesso albero: quelli che crescono sul lato più illuminato si svilupperanno orizzontalmente in direzione della luce, mentre i rami che si trovano sul lato più buio tenderanno a crescere verso l’alto. Per questo motivo, guardando da oriente o da occidente gli alberi del nostro emisfero sembra che disegnino una sorta di “v” tra i rami (effetto spunta) – fenomeno che è più evidente quando gli alberi sono senza foglie. Anche un albero abbattuto aiuta per l’orientamento attraverso l’osservazione degli anelli di accrescimento del ceppo (parte inferiore della pianta, da cui si alza il tronco e si diramano le radici). Sui ceppi di un albero abbattuto gli anelli di crescita sono più ampi nel lato Sud. In una zona dove spira spesso un certo vento, i rami e le cime degli alberi tendono a curvarsi in base alla direzione in cui esso soffi a. Se in una zona tira spesso la Tramontana [vedi VENTI] i rami e le cime degli alberi tendono a piegarsi verso Sud. Quindi il lato verso il quale risultano piegati gli alberi è il Sud. Se però non si conosce la direzione prevalente del vento, è possibile dedurla utilizzando inizialmente il Sole o le stelle [vedi SOLE, STELLE] o qualche altro indicatore e osservando poi l’effetto sull’albero. La corteccia degli alberi ad alto fusto che hanno la parte rivolta a Nord generalmente è coperta di muschio per la maggiore umidità [vedi MUSCHI] chi hanno i corrugamenti della corteccia più evidenti e profondi nel lato Sud.


Luigi Rainiero Fassati, Direttore di Chirurgia Generale


Per quasi mezzo secolo, da quando ero un giovane assistente chirurgo fino a quando divenni direttore del Dipartimento di Chirurgia Generale e dei Trapianti all’Ospedale Policlinico di Milano, ho dovuto fronteggiare molti casi gravi e difficili. Eppure, anche nei momenti più drammatici, sono sempre riuscito a farmi guidare dalla scienza e dall’umanità, che sono orme nitide sulla spiaggia della vita. Tutte, tranne una volta… Si trattava di stabilire a quale candidato in lista d’attesa per un trapianto assegnare il fegato di un donatore. Di solito questa è una decisione facile e sicura – un’orma certa – perché esistono dei protocolli che stabiliscono in modo molto preciso la priorità di assegnazione. In estrema sintesi il fegato del donatore va dato al paziente più grave. Quella volta il caso volle che ci fossero due pazienti in lista con lo stesso punteggio di gravità ed io sapevo bene che la mia scelta avrebbe potuto condizionare la sopravvivenza di uno e la morte dell’altro. Ma non avevo un criterio scientifico e obiettivo per prendere la decisione giusta, non distinguevo più bene le orme che sempre mi guidavano. Con un’angoscia indescrivibile, sono stato costretto a scegliere per sorteggio uno dei due che, grazie al trapianto, si è salvato. Pochi giorni dopo però mi telefonò la moglie dell’altro per dirmi che suo marito era andato in coma. Lo ricoverammo in Rianimazione in condizioni disperate mentre io ero tormentato dal rimorso e dal senso di colpa. Tre giorni dopo, quando ormai avevo perso ogni speranza, riecco un’orma prodigiosa davanti a me: c’era l’inattesa possibilità di un trapianto. Andò tutto al meglio. E anche questo paziente si è salvato. Sta bene ancora oggi e da quindici anni viene a farmi gli auguri ad ogni dicembre, rinnovandomi l’emozione del passaggio dall’angoscia alla speranza. Sono 15 Natali dentro queste orme.

CORREGGERE


Arriva vostro figlio con un 4 in matematica: cosa fate? Iniziate a insultarlo, vi strappate le vesti, iniziate a inveire contro i professori? Dipende, dite voi ed è vero: se non ha studiato ed è rimasto a giocare a calcetto oppure a girare con le amiche per tutto il pomeriggio tutti i pomeriggi della sua vita, potreste se non altro sottolineare che quel voto è la logica conseguenza del suo studio… , ma se comunque lo vedete avvilito, umiliato, colpito da questo che in fondo è uno dei piccoli dispiaceri della vita (altri e ben più forti, ne seguiranno… ) beh… non dico che c’è da organizzare una festicciola e stappare lo spumante, ma non dimentichiamoci che chi ci sta a cuore, a parte il voto, è nostro figlio. Possiamo riconoscere il suo errore, i suoi limiti, la sua svogliatezza, ma non neghiamogli una spalla su cui piangere. Un po’ di conforto. Sei un asino, ma si può migliorare, si può studiare meglio, di più… Parliamo di un brutto voto (magari anche preso per negligenza), ma possiamo parlare anche di temi molto più gravi, pesanti, importanti: siamo solo noi genitori a poter dire “ci sono” anche quando quella persona che assomiglia a nostro figlio si comporta da marziano. Da noi, prima di tutti o forse soltanto, deve trovare conforto, approdo, riposo e la forza per ritornare in piedi, per riprovare.

CULTURA

Purtroppo non fa rima con scuola, per cui se pensate di avere fatto abbastanza per l’educazione culturale dei vostri figli, attenendovi all’obbligo scolastico, mi sa che vi devo disilludere. Per come è messa la scuola oggi, possiamo aspettarci di imparare a scrivere e contare, di ricevere un’istruzione, ma non possiamo dire che chi esce col diploma sia necessariamente una persona colta. Per quello, non basta una vita intera, ma occorre soprattutto un certo atteggiamento. Se per cultura infatti intendiamo un sapere ragionato, digerito, assimilato e portato a spasso tutti i giorni come un vestito, la scuola non basta e a volte non serve nemmeno: ci sono autodidatti molto più colti di tanti laureati. Il piacere di conoscere è qualche cosa molto lontano da un bel voto e per fortuna resiste anche dopo la Maturità.

Tratto da un testo di R. Florio

NOZIONI GENERALI: I PUNTI CARDINALI


Si chiama punto cardinale ciascuna delle quattro direzioni principali verso cui è possibile muoversi trovandosi su di una superficie. Tali punti sono detti “cardinali”, in quanto rappresentano i “cardini” ovvero i fondamenti dell’orientamento. I quattro punti cardinali sono il Nord o settentrione, il Sud o meridione, l’Est o oriente e l’Ovest o occidente. Per ricordare facilmente i punti cardinali basta tenere a mente l’acronimo NESO: avendo il Nord davanti, si avrà l’Est perpendicolarmente a destra, il Sud alle spalle, e l’Ovest a sinistra. Oltre ai punti ortogonali suddetti, ve ne sono anche altri quattro che indicano posizioni intermedie: Nord-Est, Sud-Est, Sud-Ovest e Nord-Ovest; e altri otto punti, che si posizionano in maniera mediana tra le direzioni descritte precedentemente: Nord-Nord-Est, Est-Nord-Est, Est-Sud-Est, Sud-Sud-Est, Sud-Sud-Ovest, Ovest-Sud- Ovest, Ovest-Nord-Ovest e Nord-Nord-Ovest. Abbiamo pertanto un totale di ben sedici punti differenti. Nei tempi passati, almeno fino a tutto il Medioevo, per indicare queste quattro direzioni o punti fondamentali venivano usate altre espressioni quali, come già detto: settentrione (Nord), mezzogiorno (Sud), oriente (Est), occidente (Ovest) oppure il nome di altrettanti venti [vedi ROSA DEI VENTI]. Le attuali denominazioni cominciano a diffondersi e a entrare nell’uso verso la fine del Medioevo e si generalizzano nel corso del XVI secolo.

IN CUCINA NON TUTTI SANNO CHE…BASILICO


Questa pianta aromatica, oggi diffusissima nell’area mediterranea, è forse originaria dell’India. Il suo nome greco, “basilikón”, significa letteralmente “regale”: da qui l’appellativo di erba “regina”. Anticamente si credeva che avesse il potere di curare dal morso degli scorpioni e di abbattere i draghi. Nel Medioevo, erano poi chiamati “basilischi” alcuni leggendari e giganteschi rettili che avevano il potere di uccidere attraverso il loro solo sguardo. Il basilico è una pianta erbacea dal fusto eretto, le foglie ovali e i fiori bianchi. Ne esistono diverse qualità: “genovese”, dal profumo acuto, riconosciuto come DOP (denominazione di origine protetta); “napoletano”, con le foglie più grandi e accartocciate e un profumo più delicato, idoneo per essere essiccato; “verde compatto”, di piccola taglia, che va usato fresco; e infine il “mammut”, così chiamato, perché le sue foglie sono grandissime, anch’esso adatto all’essiccamento.

CONSIGLI

Per raccogliere le foglie, cimate le punte, cioè troncate la parte terminale del fusto, ma sempre vicino e sopra a due foglie. Questa operazione permette alla pianta di ingrandirsi gettando dal punto della cimatura nuovi rametti; inoltre rallenta la fioritura, che toglie sempre un po’ di aroma alle foglie.
Sembra che le foglie di basilico conservino intatto il loro aroma se vengono spezzate con le dita o pestate in un mortaio: senza usare cioè lame metalliche.
Ricordate che l’essiccamento toglie al basilico gran parte del suo aroma.
Conservatelo fresco sott’olio e sempre sott’olio, se volete, surgelatelo: l’olio di conservazione risulterà a sua volta aromatizzato e potrete utilizzarlo come condimento.
Per evitare che secchi durante la cottura in forno (per esempio nella pizza) immergetelo prima in olio di oliva.

lunedì 16 maggio 2016

IL VESUVIO È UN VULCANO ATTIVO O INATTIVO?


Il Vesuvio non è un vulcano inattivo, tutt’altro, esso è classificato tra i vulcani attivi più pericolosi al mondo. Il suo attuale stato di tranquillità apparente lo classifica come vulcano in stato quiescente. In passato, ha infatti ingannato le popolazioni che abitavano sulle sue pendici. Esso era stato anticamente ritratto come un semplice monte che si erge sullo stupendo golfo partenopeo: antichi affreschi, antecedenti al 79 d.C., lo raffigurano come una vera e propria montagna che, sprovvista dell'attuale cratere, era ricoperta di fitta vegetazione e floridi vigneti. L'attività del Vesuvio è visibile oggi, attraverso le fumarole, sia all'interno che all'esterno del cratere. 


Ci si chiede quando tornerà in piena attività: una domanda a cui non si può dare risposta perché, così come i terremoti, le eruzioni non si possono prevenire con esattezza. Certo è che, stando alle stime dei geologi, il Vesuvio risulta essere in ritardo rispetto al ciclo delle eruzioni che ha caratterizzato la sua storia.


Ti ricordi del grembiule di tua Nonna?



Il primo scopo del grembiule delle Nonna era di proteggere i vestiti sotto, 
ma, inoltre:

Serviva da guanto per ritirare la padella bruciante dal forno;

Era meraviglioso per asciugare le lacrime dei bambini ed, in certe occasioni, per pulire le faccine sporche;

Dal pollaio, il grembiule serviva a trasportare le uova e, talvolta, i pulcini!; 

Quando i visitatori arrivavano , il grembiule serviva a proteggere i bambini timidi;

Quando faceva freddo, la Nonna se ne imbacuccava le braccia;

Questo buon vecchio grembiule faceva da soffietto, agitato sopra il fuoco a legna; 

Era lui che trasportava le patate e la legna secca in cucina;

dall' orto , esso serviva da paniere per molti ortaggi dopo che i piselli erano stati raccolti era il turno dei cavoli;

A fine stagione, esso era utilizzato per raccogliere le mele cadute dell' albero;

Quando dei visitatori arrivavano in modo improvviso era sorprendente vedere la rapidità con cui questo vecchio grembiule poteva dar giù la polvere;

All'ora di servire i pasti la Nonna andava sulla scala ad agitare il suo grembiule 
e gli uomini nei campi sapevano all' istante che dovevano andare a tavola; 

La Nonna l'utilizzava anche per posare la torta di mele appena uscita dal forno sul davanzale a raffreddare; 
ai nostri giorni sua nipote la mette là per scongelarla. 

Occorrerà un bel po' d' anni anni prima che qualche invenzione o qualche oggetto possa rimpiazzare questo vecchio buon grembiule.

Dal web

domenica 15 maggio 2016

Cuscini


Quando volete lavare un cuscino di piuma in lavatrice vi suggerisco di infilarlo in una federa, dopo aver controllato che non ci siano parti scucite da cui potrebbe fuoriuscire l’imbottitura. È bene che il cestello sia pieno così da evitare eccessive rotazioni del cuscino; pertanto vi suggerisco di lavarne due per volta o di riempire gli spazi vuoti con degli asciugamani o altra biancheria. Il ciclo di lavaggio deve essere molto delicato e, se possibile, è bene che interrompiate almeno una volta il lavaggio per capovolgere i cuscini dalla posizione in cui si trovano. Se asciugate i cuscini di piuma nell’asciugabiancheria, per renderli più soffici e per uniformare l’imbottitura, impostate un ciclo ad aria fredda per un quarto d’ora.

MI SONO PERSO! COSTRUIRSI UNA MAPPA MENTALE: 4 TRUCCHI E CONSIGLI PER NON PERDERSI


Familiarizzare con l’ambiente che ci circonda: durante una gita, una passeggiata, un’escursione è necessario acquisire familiarità con i punti di riferimento di quella zona e ricordare dove si trovano, sia l’uno rispetto all’altro, sia rispetto alla nostra destinazione. Osservare sempre il terreno su cui si procede e memorizzare gli elementi caratteristici (rocce, alberi, corsi d’acqua, ecc.) indubbiamente ci è d’aiuto, così come voltarsi spesso indietro per poter identificare il nostro cammino quando lo si percorrerà in senso inverso. Lo è pure l’osservare sempre dei dettagli importanti ai bivi dei sentieri o delle vie della città che si visita per la prima volta. Tenere conto dei tempi di percorrenza (eventualmente anche contare i passi), per poter capire quanta strada si è percorsa.


COME CONSERVARE L’OLIO


L’olio d’oliva teme la luce e non vuole il calore: anfore, giare e orci, che per millenni hanno accompagnato la storia dell’olio, assolvevano a questo compito, essendo la terracotta una sostanza coibente con notevoli proprietà isolanti termiche e acustiche. Attualmente, i produttori utilizzano contenitori in acciaio inox. Sulla nostra tavola, invece, l’olio arriva nelle bottiglie di vetro, materiale ottimo per la conservazione, purché sia evitata l’esposizione alla luce: in cucina, possiamo travasarlo in oliere di ceramica e conservare la bottiglia in cartoni, a una temperatura tra i 12 e i 18 °C. Non dimentichiamo che, per apprezzare appieno tutte le caratteristiche del sapore e la qualità, l’olio va consumato tra i 12 e i 14 mesi dalla spremitura.

L’ORIENTAMENTO NATURALE


L’abilità umana di orientarsi senza cartine, senza bussola o GPS sta scomparendo a causa della diffusione di una tecnologia onnipresente che condiziona la nostra capacità di comprendere come trovare la strada senza aggrapparci ad una serie di strumenti sempre più complicati. Orientarsi usando la natura e gli elementi caratteristici dell’ambiente che ci circonda mette in moto tutti i cinque sensi. È importante, infatti, cercare con gli occhi gli elementi utili per non smarrirsi, tanto nel paesaggio naturale che in quello modificato dall’uomo; ascoltare i suoni che aiutano ad orientarsi: dal tarsi: rumore dell’acqua corrente, della ferrovia, delle campane, a quello di un cane che abbaia o del canto di un gallo; annusare e memorizzare gli odori caratteristici di certi luoghi, per riconoscerli quando il vento li trasporterà lontano. Poiché si possono trovare indicazioni utili tanto sul lontano orizzonte quanto a pochi centimetri di distanza, è necessaria una buona dose di concentrazione, osservazione e deduzione.


IN CUCINA NON TUTTI SANNO CHE… IL BURRO


In passato il burro era usato per lo più nell’Europa settentrionale. Anche i Romani lo conoscevano, ma lo usavano prevalentemente come unguento. La diffusione del burro nella nostra area geografica avvenne soprattutto dopo la discesa dei Normanni; ancora oggi, infatti, la cucina francese, in modo evidente nella regione della Normandia, è esclusivamente a base di burro. Comunque, nelle aree mediterranee la cucina rimane strettamente legata all’olio di oliva. Il burro si ricava dalla parte grassa del latte: la panna. Questa viene dapprima pastorizzata e separata da esso tramite centrifugazione e raffreddamento, poi si procede alla solidificazione attraverso un processo di sbattimento a freddo, detto anche “zangolatura” dal nome dei recipienti usati (le zangole, che anticamente erano di legno; oggi sono in acciaio). Dopo lo sbattimento, che dura circa 40 minuti, il grasso, separato dalla residua parte liquida, si presenta in piccoli grani: viene quindi impastato, a volte anche salato, ed è questa l’ultima fase della lavorazione, cui segue il confezionamento. Occorre ricordare che l’aggiunta di sale favorisce la conservazione. La legge prevede che la quantità percentuale di grasso contenuta nel burro, oltre che essere solo propria del latte, non deve essere inferiore all’80% e quella di acqua pari al 16%. Si produce però anche del burro “leggero”, che deve riportare in etichetta la percentuale di grasso contenuto. Nel burro definito “leggero a ridotto contenuto di grasso” (detto anche burro tre quarti) questa percentuale deve essere in misura del 60-62%; nel burro invece a “basso tenore di grasso” (o burro metà) deve essere tra il 39 e il 41%. Sempre la legge prevede il “burro di qualità”, prodotto unicamente con crema di latte vaccino, che avrà particolari requisiti. Il burro può essere confezionato anche con il latte di altre specie animali, ma in questo caso è obbligatorio indicarlo nella confezione. Il burro, tra tutti i grassi di origine animale, è quello che ha il più basso punto di fusione: si scioglie appena sotto i 30 °C, quindi risulta molto digeribile e di facile assorbimento quando viene consumato freddo o appena riscaldato. Naturalmente, non è così quando invece viene sottoposto a lungo riscaldamento (fritto): surriscaldandosi, la molecola grassa si scompone originando sostanze di difficile digeribilità e dannose per il fegato. Per questo è bene non usare burro per le fritture o comunque per le cotture ad alte e prolungate temperature, a meno che non si tratti di burro chiarificato, che è adatto allo scopo.

CONSIGLI
Il burro va conservato in frigo nella carta di confezionamento o in contenitori che non lascino passare la luce. Ottima la conservazione nel freezer. Il migliore, per la conservazione, è il burro salato, che a temperatura di frigorifero può durare anche parecchi mesi.

IL CASTORO


Nome di due specie di mammiferi roditori Sciuromorfi Castoridi: il Castor fiber, diffuso in Europa e in Asia ed il Castor canadensis, tipico del nord America. Ha corpo tozzo, piedi palmati. Conduce vita semi-acquatica e costruisce gallerie e dighe con terra e rami intrecciati. Si nutre di radici e cortecce. La pelliccia del castoro è molto pregiata, come la sua pelle che si concia per farne guanti. Il castoro costruisce dighe lungo i corsi d’acqua per proteggere l’ingresso della sua tana: con questi sbarramenti rallenta notevolmente la forza demolitrice dell’acqua, impedendo alla corrente di portar via la sua tana.