In molti luoghi la festa di S. Antonio Abate è ancora molto sentita, e la fede che i contadini hanno sempre avuto per questo Santo è davvero singolare, tanto che – dice il Tonelli – un tempo durante il Rosario della sera non mancava mai “ E’ patèr ma Sant’Antòni dal bes-ci” ( La preghiera a Sant'Antonio delle bestie), che finiva per diventare il Santo numero uno della famiglia contadina.
Sant’Antonio è il protettore della stalla e degli animali e il suo animale per eccellenza è il maiale, un tempo importantissimo nell’economia e nell’alimentazione della Padania e dell’italia settentrionale.
Nel giorno della festa di Sant’Antonio il prete passava a benedire stalle e animali ,o gli animali stessi erano condotti sui sagrati delle chiese per ricevere la benedizione e i pani benedetti.
In Italia esiste una vera e propria venerazione per Sant’Antonio Abate (da non confondere con Antonio patrono di Padova): basta passare in rassegna le decine di eventi organizzati in suo onore il 17 gennaio, data della sua morte, dalla Lombardia fino alla Sicilia. Eppure leggendo qualche cenno della sua biografia si scopre che il santo non ha alcun legame con il nostro Paese: Antonio fu un eremita egiziano, vissuto nel IV secolo dopo Cristo, cui si deve l’inizio del cosiddetto “monachesimo cristiano”, ovvero della scelta di passare la vita in solitudine per ricercare una comunione più intensa con Dio. Evidentemente bastò questo “primato” per diffondere il culto in tutta Europa, cui si aggiunsero, nel tempo, molti tratti popolari.
Fin da epoca medievale, Sant’Antonio viene infatti invocato in Occidente come patrono dei macellai, dei contadini e degli allevatori e come protettore degli animali domestici; questo, forse, perché dal maiale gli antoniani (i seguaci di Antonio) ricavavano il grasso per preparare emollienti da spalmare sulle piaghe. Antonio, dice la tradizione, era anche un taumaturgo capace di guarire le malattie più tremende. E poi, c’è la credenza popolare che vuole che il Santo aiuti a trovare le cose perdute. Al nord si dice "Sant'Antoni dala barba bianca fam trua quel ca ma manca” e al sud - dove viene spesso chiamato Sant’Antuono, per distinguerlo da Antonio da Padova - "Sant'Antonio di velluto, fammi ritrovare quello che ho perduto”.
LA FOCARA DI NOVOLI
Tra i tantissimi riti compiuti in onore di Sant’Antonio, quello dell’accensione dei fuochi occupa un posto di rilievo. A iniziare da Novoli, in Salento, dove lo spettacolo è davvero impressionante, così come impressionante è l'affulenza: per la festa della Focara e di Sant'Antonio Abate sono attese 200mila persone (150 mila nei giorni clou dell'accensione e dei concerti).
Dal 16 al 18 gennaio, infatti, si accende la focara, un falò enorme, il più grande del bacino del Mediterraneo, costituito da una gigantesca pira alta 25 metri e larga 20 metri, realizzata da 70 mila fasci di vite, cui viene dato fuoco secondo precisi rituali e tradizioni. Uno spettacolo da vedere almeno una volta nella vita: l’accensione è prevista la sera del 16, con un grande spettacolo pirotecnico.
LE FESTE IN LOMBARDIA
La Lombardia è una delle regioni in cui più si festeggia Sant’Antonio. Soltanto nel Sudovest milanese, il 17 gennaio vengono tradizionalmente accesi falò in 12 Comuni! Eccoli (di alcuni è ancora incerta la festa 2019): Albairate, Bernate Ticino, Besate, Boffalora sopra Ticino, Cassinetta di Lugagnano, Corbetta, Cuggiono, Cusago, Morimondo, Ozzero, Robecco sul Naviglio e Turbigo.
A MAMOIADA VIA AL CARNEVALE
In alcuni paesi il giorno di Sant’Antonio si anticipa tradizionalmente il Carnevale. È il caso di Mamoiada, in provincia di Nuoro, dove si fa festa il 16 e il 17 gennaio: per tutta la notte, i falò illuminano varie piazze della cittadina, propiziando l’avvento dell’anno nuovo.
Contemporaneamente, le tradizionali maschere dei Mamuthones e Issohadores escono dalle case e danzano attorno al fuoco, dando vita alla prima “sfilata” carnevalesca: uno spettacolo tra i più suggestivi e ancestrali della terra sarda. Non mancano naturalmente le degustazioni di prodotti locali, preparati dalle sapienti mani delle donne della cittadina, come il tipico dolce papassinu biancu e nigheddu e il coccone 'in mele (pane dolce con miele e zafferano).
I fuochi sono protagonisti anche a Ottana, Sorgono, Samudeo e molti altri Comuni sardi.
GRANDE FESTA IN SICILIA
A Troina (En) Sant'Antonio Abate viene festeggiato addirittura con due feste durante l'anno, una a gennaio e una a luglio. La prima inizia molti giorni prima della festa vera e propria, con i giovani dei vari quartieri che raccolgono grossi cumuli di legna che verranno poi bruciati la vigilia del 17.
È infatti la sera del 16 gennaio che si accendono i “pagghiara", enormi falò che vengono costruiti in tutti i quartieri del paese: a chi passa ad ammirarli, non mancano in offerta molte leccornie tipiche. Ad organizzare il tradizionale evento la Confraternita di Sant’Antonio.
LE FARCHIE ABRUZZESI
In Abruzzo, a Fara Filiorum Petri (Ch), nel pomeriggio del 16 gennaio, dalle contrade partono in processione le farchie, imponenti fasci cilindrici di canne legate con rami di salice rosso, alti 7-9 metri e del diametro di circa un metro. Vengono portati nella piazza davanti alla chiesetta di Sant'Antonio Abate, eretti a forza di braccia e incendiate, tra canti rituali e incitazioni. A questo punto si accende anche la disputa per giudicare la farchia migliore: quella più dritta, col giusto allineamento dei nodi, la corretta sistemazione delle canne per evitare rigonfiamenti o torsioni, le dimensioni metriche.
Le fiamme avvolgono le alte colonne di canne e raggiungono la sommità facendo esplodere i mortaretti nascosti in cima che contribuiscono ad alimentare le grandi torce e il tripudio popolare. La tradizione nasce dalla leggenda che Sant'Antonio nel 1799 abbia fermato i Francesi, che volevano occupare Fara, incendiando il bosco che avrebbero dovuto attraversare. (grazie per il contributo a Elio Torlontano)
IN CAMPANIA, LA MUSICA DI MACERATA
La festa di Sant’Antuono celebrata il 17 gennaio e nei giorni che lo precedono a Macerata Campania (Ce) è una delle più singolari della regione. Giovani, adulti, anziani e perfino bambini, uniscono le proprie forze per la preparazione di questo evento, soprattutto nella creazione degli enormi carri di Sant’Antuono, che nei giorni di festa sfilano per le strade del paese (nell'occasione si contano anche 20 carri partecipanti).
Sui carri prende posto la battuglia di pastellessa, ovvero una particolare orchestra composta da circa 50 esecutori - percussionisti, detti bottari, diretta dal capobattuglia nella veste di maestro. Gli strumenti utilizzati sono botti, tini e falci, comuni attrezzi della terra che per l’occasione vengono percossi adeguatamente dagli oltre 1000 bottari presenti ed assumono una nuova funzione musicale. Una tradizione millenaria alla cui base c’è la tipica musica di Sant’Antuono, un ritmo eseguito dai maceratesi con lo scopo di allontanare il male; una musica contro il demonio che si rinnova di anno in anno, che non ha mai perso il suo ruolo di nucleo centrale di identità e coesione popolare, tramandata e insegnata ai bambini di padre in figlio (grazie per il contributo a Vincenzo Capuano)
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