giovedì 16 febbraio 2017

I LUMINI DELL'AMORE di Dana Carmignani



Vagavo per la campagna tutto il giorno. 

Scappavo fuori di casa appena fatto i compiti.

Un ci riuscivo a star chiusa. Dovevo sentir l'aria sulla pelle.

D'inverno non era diverso. Pigliavo la viottola davanti e giù fino al rio che scorreva pieno d'acqua. Se c'erano altri bimbetti meglio, ma anche da sola non avevo problemi. Avevo tutto un mondo da esplorare nei prati, e mille curiosità da scoprire, mille odori da annusare, e cose da toccare, rami e alberi da scalare.... fossi da saltare...

Un mondo da ispirare, tirare su col naso, osservare con gli occhi, toccare con le mani. Un mondo dove correvo a perdifiato fino ad arrivare in fondo in fondo sempre più in fondo... per poi fermarmi ansante, rigirandomi, guardando dietro il percorso fatto, e le case in distanza, che a me pareva fossero loro ad essersi allontanate e non io.

Il punto di riferimento era la casa di nonna, la mia casa. Si vedeva anche da lontano benissimo. Si vedeva bene tutta la campagna che c'era intorno, perchè era pulitissima. Campi coltivati e erba, viti perfettamente allineate nei filari, orti che parevano tirati col righello. Non una sterpaglia, non un pruno dove impigliarti.

La perfezione in quei fazzoletti di terra!
Il vento fischiava sullo strame, come nelle grandi praterie, e mi scarduffava tutta, ma io ero imbottita come un bozzolo, avvolta da strati di lana e rifinita di copertura da una vestaglina in cotone spesso, che, come diceva nonna mi avrebbe riparato anche dai denti di un lupo... “ Se tu lo trovassi- diceva- prima che ti arrivi alla carne...”

D'estate era diverso. Ci si allontanava di più. C'erano tanti figlioli, il calore, il sole, il cielo, tutto cambiava, ma d'inverno vedere quella casa in lontananza mi rincuorava, mi dava la misura di ciò che ero e ciò che dovevo essere. Ancor di più succedeva all'ora di buio.

Nonna chiamava così l'imbrunire, quell'orario che non è notte, ma la luce del giorno cala e comincia ad arrivare la sera.... “ All'or di buio devi esse accasa! ...” era d'obbligo, e quando vedevo illuminarsi la mia porta, qualsiasi cosa facessi, doveo scappà.

In realtà si vedeva un lumicino, esattamente come leggevo nelle favole dove c'erano casine e donnine strane.... ecco era uguale.

Le case non riscaldate e molte senza luce, non permettevano altro all'epoca. Si stava rintanati, almeno d'inverno, bestie e cristiani. La luce dunque era minima, fioca, spesso solo quella del fuoco, quella che anche vedevi dalle porte o dalle finestre.

Nonna aveva in più una lucina che accendeva sotto il camino. Noi la luce elettrica l'avevamo ma non si accendeva quasi mai, e quella io capivo che lei attaccava per rischiarare l'ambiente insieme al fuoco che andava.

La intravedevo dalla porta, aperta per metà, con la persiana mezza accallata e sapevo che era iniziata la sera. Allora rientravo.

“Bhà d'eccola... -esclamava lei quando sentiva aprì l'uscio- sempre all'urtimo... un c'è nessuno fori... ci sei artro chetteè...”

Se s'era guaste, e capitava spesso che avessimo battibeccato e allora lei era ingrugnuita con me, allora un ni dovevo sta' tanto d'intorno... mi rintanavo fra le gambe del mi nonno. Lui seduto accanto al mettitutto fumava la pipa e aspettava la cena che lei, Giulia, preparava sui fornelli a carbone da sotto il camino.

Mi guardava di sottecchi e si riaggiustava le becche della pezzola.... “ Guai attè se tocchi la bimba!” - tuonava allora Arturo, e aggiungeva “Uhm!” come avesse voluto dir tutto con quell'espressione, rimettendosi la pipa in bocca che s'era cavata per dire quelle poche parole rivolte alla mi' nonna.

Non mi faceva mica niente lei, ma secondo che n'aveo fatto qualche strattonata me l'allungava... ma ni passava subito e poi bastava farla ride... e io ero ormai esperta … lo sapevo, e bastava che ni dicessi qualcosa di buffo e me l'ero scansata.

Era intimità quella?

Si, era intimità già da quando vedevo da lontano quel lumicino, perchè sapevo che lì dentro, in mezzo a quella luce, avrei trovato il calore e la vicinanza che volevo, e l'allegria pur nella semplicità.

Quei due vecchi si divertivano fra loro e si battibeccavano si zipittavano come ragazzi, perchè ancora erano innamorati come ragazzi. Assistevo a spettacoli esilaranti e partecipavo sentendo molto la complicità con nonna ...due donne contro un 'omo!

Oh quanti gliene ha fatti nonno a nonna di dispetti! Ni garbava scroccà i fiammiferi sul muro per accende la pipa, sicchè vicino al suo cantuccio ci aveva fatto un solco, un bel buco... nonna allora ni ci piazzò sopra inchiodandocela, un pezzo di carta vetra... “ O badiamo un po' cheffà ora …” - disse a me che assistevo ai movimenti... e che fece?

Lui si sistemò al suo posto e quando si accorse della soluzione trovata, alla quale avrebbe dovuto attenersi, dette uno sguardo a lei che faceva finta di niente, poi uno sguardo alla carta vetra... poi un'altro sguardo a nonna, e zann scroccò il fiammifero sempre sul muro, appena un po' più in là della carta, sottolineando col solito “ Uhm!”...

Ma lei si vendicava. Lo batteva a carte.

Dopo cena, ci si metteva tutti e tre al tavolo col braciere fra le gambe...io un librino sulle ginocchia, … loro due giocavano a briscola o a scopa.... nonno non vinceva mai!

Quante se ne dicevano... un film di cui io ero la sola spettatrice... si aspettava il nostro orario di letto che era prestissimo se si pensa che, soprattutto d'inverno, si cenava anche alle cinque, sicchè le sere eran corte, duravano di solito finchè a nonno un ni montava il nervoso per la perdita, e allora buttava all'aria le carte, sbatteva il cappello sul tavolo... “ Con te un ci gioo più... e vo' alletto” ...e pigliava l'uscio montando le scale avviandosi.
Come se la ghignava nonna.... quanto si rideva mentre anche noi ci si avviava verso le scale, in quell'andito diaccio ancor più diaccio della camera dove si dormiva io e lei... nonno dormiva da sé nella loro camera nunziale... nonna per star con me si era spostata nella camera dietro.

Dopo aver tolto il caldano ed essermi infilata sotto al calduccio con lei, ritrovavo il lumicino... nonna lasciava accesa una piccola lampadina dietro un quadretto di un santo sul comodino. La teneva per la notte, se per caso doveva alzarsi o se io ero malata e mi doveva dare delle medicine . C'era sempre.

Son venuta grande coi lumicini. Uno serale che indicava la via del ritorno e uno notturno più nascosto, intimo, sensibile, che indicava la via dell'amore.

Perchè quello era.... a volte non avevo sonno e dicevo “ Nonna un'ho voglia di dormì..”

“ E che voi fa'?”- mi diceva lei.

“ Ho voglia di cantà..” - ribattevo io. 

“ Allora canta...” era la sua risposta senza nemmeno una piega..

E io cantavo, in quella camera fredda, col fiato che faceva le nuvolette, alla luce di quel lumino, cantavo finchè ne avevo voglia, finchè non mi si chiudevano gli occhi, finchè non mi addormentavo.

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