La Clematide, Clematis, è una pianta rampicante il cui nome deriva dal termine greco “klematís -ídos”, diminutivo di “klêma -atos”, tralcio di vite. Tale nome le fu dato nel I secolo da Dioscoride e confermato in seguito da Linneo. La pianta ha foglie di colore verde scuro, coperte da una sottile peluria chiara, che perde con l’arrivo dei primi freddi, ma esistono anche specie sempreverdi. I fiori sono di tutte le tonalità e sfumature del bianco e del rosa, ma ne possiamo trovare anche di colore blu, viola e giallo. Originariamente, non si conosce l’uso che gli antichi facevano della pianta, ma si sa che, nel 1569, alla corte di Elisabetta I, si iniziò una vera coltivazione di Clematis vitalba. Nel ’700 e per tutta l’età Vittoriana, la clematide ebbe grande diffusione in Inghilterra, nell’abbellimento soprattutto dei giardini, perché i suoi fiori colorati e abbondanti erano considerati di buon augurio e portatori di gioia.
E a causa del tocco di vivacità che i suoi fiori davano alla campagna, essa era sia coltivata, sia mantenuta allo stato spontaneo nell’Europa centro meridionale. La Clematide vitalba contiene l’anemonia, una canfora speciale e il clematitolo, una sostanza tossica per l’uomo. Questa canfora si trova soprattutto nelle parti verdi della pianta e ha un effetto fortemente irritante e se ingerito, provoca l’infiammazione dell’apparato digerente.
La Clematide vitalba è diffuse in tutto il mondo ed è conosciuta con nomi differenti in ciascun luogo: in Inghilterra, veniva chiamata “traveller’s joy”, cioè “gioia del viandante”, perché rallegrava la vista di chi attraversava i giardini; la qualità che si arrampica sulle siepi, veniva chiamata “grandfather’s whiskers”, cioè “baffi di nonno”, per la sua forma a piuma; poi l’abitudine di reciderne dei rametti per formare delle sigarette le diede il nome di “smoking cane”, cioè “canna da fumare”. In Francia, invece, la Clematide è conosciuta come la “berceau de la vierge”, cioè “culla della vergine”.
In Italia, per il fatto che questa pianta è rampicante e si lega con forza al suo appiglio, è conosciuta col nome di “laccio d’amore”, mentre nelle zone di campagna, per le sue inflorescenze piumose, viene associata alla barba e detta “barbagrigia”.
Nel linguaggio dei fiori, la Clematis vitalba simboleggia la gioia, la fortuna e l’augurio di una buona riuscita nelle attività che si stanno svolgendo; in Francia simboleggia anche la bellezza interiore.
Nessun commento:
Posta un commento