sabato 14 gennaio 2017

Il camino nelle abitazioni di montagna


Il fuoco di casa, cioè il sistema di far fuoco per cucinare e per riscaldare le antiche cascine di montagna è rimasto inalterato per secoli.

Il focolare aperto lo si ritrova tutt’ora in molti ricoveri d’alpeggio; il fumo, stratificato nell’alto del locale, sfiata dagli interstizi del tetto o da feritoie ricavate nell’alto dei muri.

“Scoperto e sperimentato il fenomeno del tiraggio naturale nei camini, sul focolare venne poi montata una cappa per incanalare il fumo nel condotto, fino al comignolo sul tetto (sul comignolo trovate in questo numero il bell’articolo di Aldo Morosoli). L’insieme costituisce il camino, anche se, impropriamente, tale nome viene talvolta usato per indicare solo una parte del sistema. L’aspirazione del fumo nella casa contadina è accertata dal tardo Medioevo alpino (intorno al 1500); ma venne adottata per gradi e non dappertutto. Liberata dal fumo, la cucina divenne piú vivibile, ma non molto calda. Il camino provoca, infatti, un ricambio d’aria continuo, mentre il calore irradiato nell’ambiente non arriva al 10% del totale sviluppato dalla combustione.

Per questi motivi, l’innovazione non cambiò il modo d’abitare di gran parte della gente contadina. Al contrario però, nei paesi tedeschi, la casa era già radicalmente mutata dopo l’adozione della Stube, introdotta ancora prima del camino. Merito della stufa a pareti in pietra o in muratura, inserita nel soggiorno, ma alimentata dall’esterno o da un altro locale; in grado perciò di assorbire il calore della combustione, un calore pulito ed accumulabile, da diffondere a sua volta nella Stube sfruttando i moti convettivi dell’aria. (…) Per tentativi si cercò di proporzionare sempre meglio l’insieme focolare-cappa-canna fumaria onde impedire fastidiosi ritorni di fumo; importante anche l’altezza e la posizione del comignolo in rapporto al vento dominante. Cosí, via via, venne ridotta la luce d’aspirazione, passando dalla grande cappa tardo medioevale, alta ed aperta su tre lati, al caminetto settecentesco con cappa ribassata su un focolare racchiuso da spallette o incassato nel muro. La costruzione dei camini poneva gravi problemi nelle case a struttura interamente lignea. Un condotto fumario in muro di pietrame non consente agli assestamenti a cui vanno soggette le travi durante la stagionatura ed i cambiamenti climatici”.

Non era certo nelle possibilità dei poveri contadini utilizzare il fumista, l’operaio specializzato nel proporzionare e costruire camini in miniatura: mestiere in cui eccellevano gli Ossolani emigrati a Parigi, artefici degli apparati scaldanti di castelli e palazzi. Essi hanno lasciato nei propri paesi d’origine dei veri capolavori di tecnica fumaria. I contadini di montagna si aiutavano tra “vicini” nella realizzazione dei propri camini.

Tratto da: “Il fuoco di casa nelle tradizioni dell’abitare alpino”, di Luigi Dematteis, Priuli & Verlucca, Editori

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