lunedì 20 febbraio 2017

La donna e la recitazione



In passato il termine attore era riservato solo agli uomini perché alle donne non era permesso recitare. Nell’antichità e nel Medioevo, infatti, era considerato disdicevole per una donna salire sul palcoscenico. Solo in seguito fu interrotta questa consuetudine e iniziò a diffondersi la professione dell’attrice. Anche al tempo di William Shakespeare, ad esempio, le parti femminili erano interpretate da uomini o ragazzi travestiti da donna.

La recitazione nel Medioevo

Fino al ‘300 lo spettacolo era gratuito e veniva finanziato dalla città o dalla chiesa. Quando la rappresentazione era breve, veniva recitata all’ora del vespro, ma spesso durava tutta la giornata, se non più giorni o settimane, ad esclusione della domenica, pena la scomunica.

Fino al ‘300 lo spettacolo era gratuito e veniva finanziato dalla città o dalla chiesa. Quando la rappresentazione era breve, veniva recitata all’ora del vespro, ma spesso durava tutta la giornata, se non più giorni o settimane, ad esclusione della domenica, pena la scomunica. Lo spettacolo che durò di più fu quello della rappresentazione degli Atti degli Apostoli che durò ben 40 giorni. Con queste rappresentazioni così complesse aumentò anche il numero degli attori (ma sempre uomini e tutti dilettanti), fino a coinvolgere intere cittadine.

I laici iniziarono a salire sul palco intorno al XV° secolo, ma non venivano pagati e dovevano provvedere da soli agli abiti di scena; in Germania era previsto che versassero una somma calcolata in base al personaggio da rappresentare. La prima interprete femminile avvenne nel 1468 recitando la parte di Santa Caterina, ma solo agli inizi del ‘500 le donne cominciarono ad apparire con più frequenza.

Il Medioevo non è stato solo misticismo e religiosità, ma anche più primordiale e primitivo; grottesche parodie dei riti sacristi si tenevano all’interno delle chiese, spesso con il consenso del sacerdote stesso. A Roma tra le più note di queste feste era “la festa dei folli” che durava tra Natale e L’Epifania, alla quale partecipavano tutti, anche i religiosi; ci si mascherava con vestiti stracciati ed impataccati, si mangiava e ci si ubriacava, fino a che con il Concilio di Basilea nel 1431 furono bandite. Una volta che queste feste furono estromesse dalle chiese, si trasformarono in chiassosi cortei di maschere dai colori accesi, si estesero in tutta l’Europa, soprattutto in carnevale. Una maschera che non mancava mai era quella dell’uomo selvatico, vestito di fronde e pelliccia, propiziatorio per la caccia. Durante queste feste giovani in maschera andavano di casa in casa e recitavano brevi versi ricevendo in cambio piccoli doni.

Con l’avvento dell’Umanesimo si puntò più a colpire l’occhio e la fantasia dello spettatore; in Italia ciò avviene già nella prima metà del ‘400. Queste trasformazioni si notarono in particolare in due cortei, quello dei Magi a Milano e a Firenze. 

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