Con il termine “modista”, secondo la terminologia francese, in principio, si intendeva “l’amante delle mode”. Presto il suo significato cambiò, intendendo colei che cuce o vende abiti da indossare che seguono la moda. Al tempo in cui il lusso si era esteso a tutte le classi sociali, l’arte della modista divenne importante e, nelle grandi città, questa professione finì per impiegare molte donne. Le nobildonne, e le altre dame dell’alta società, partecipavano a eventi mondani -cui non potevano sottrarsi- indossando sempre abiti splendidi, soprattutto originali. Dietro questi vestiti eleganti e raffinati grazie alle stoffe, alle idee e alla manifattura c’era un gran lavoro, spesso portato a termine con tempo limitato. La modista si occupava, principalmente, degli ornamenti esteriori dei vestiti delle signore. Lavorava tessuti leggerissimi, dando forma ai merletti, al tulle, alla garza leggera, alle tele di batista fini, alle sete preziose, al raso frusciante, ai lunghi nastri, ai ricami, ai fiori artificiali, alle piume, ecc... Spesso rifiniva e impreziosiva i vestiti cuciti da altre sarte e, in maniera operosa, compiva dei veri prodigi. Il suo talento consisteva nel saper inventare nuove mode, allettando il buon gusto delle clienti o riuscendo a corrispondere a qualche singolare capriccio. La modista preparava, anche, tutti gli ornamenti delle spose. Esisteva una gerarchia tra le modiste: le “fattorine”, di giovane età, che consegnavano i lavori meno importanti, ritiravano le stoffe o le altre materie prime, o accompagnavano una loro collega più esperta a far misurare gli abiti; le “discepole” che consegnavano i lavori, facevano riparazioni e rammendi; le “mademoiselle”, che avevano clienti proprie e lavoravano in maniera autonoma in casa. La modista non aveva regole fisse nel suo lavoro, l’unica alla quale doveva sottostare era la moda bizzarra, sempre incostante. Comunque sia, lei con la sua abilità doveva confezionare abiti rispondenti all’arte del cucito, di buon gusto e sontuosi.
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