La violetta è collegata a vari significati, molti dei quali sono dovuti al suo colore, alle sue dimensioni e al suo aspetto delicato. È nota come fiore dell’umiltà, della tenerezza e della modestia, perché si nasconde tra foglie a forma di cuore. Si tratta di un fiore molto amato nella storia dai tempi degli antichi Greci, che ne esaltavano soprattutto la delicatezza e la collegavano alla sensibilità.
Il nome della violetta, per gli antichi Greci, era Ion. Si pensava che Zeus, il Padre degli Dei, avesse fatto nascere delle violette dove la ninfa Io era solita passeggiare.
Zeus era innamorato di Io e la trasformò in una giovenca bianca per proteggerla dall’ira di sua moglie. Quando la ninfa pianse sull’erba di cui era costretta a nutrirsi, Zeus tramutò le sue lacrime in violette profumate, che solo lei aveva il permesso di assaggiare.
Sempre nell’antica Grecia, il commediografo Aristofane si riferisce ad Atene come alla “città coronata di viola” perché al tramonto i fianchi del Monte Imetto spesso si accendono di questa tonalità. Questo fiore diventò il simbolo della città e nessuna casa ateniese, nessun altare e nessun matrimonio era completo senza di loro.
Persefone, figlia di Demetra, stava raccogliendo delle viole quando Plutone la rapì per portarla a vivere con lui. E, ancora, nascono viole dal sangue di Adone, amato da Venere, ma anche da quello di Attis, giovane che si uccise all’ombra di un pino e conteso per la sua bellezza. E il dio Vulcano, quando si innamorò di Venere, per sedurla si coronò il capo di viole mammole.
I Persiani e i Greci usavano le violette per aiutare il sonno e per calmare la rabbia. I Romani decoravano i tavoli del banchetto con violette perché credevano che potessero contrastare l’ubriachezza e, il mattino dopo le loro feste, indossavano delle corone floreali per alleviare i postumi dell’aver bevuto troppo. Plinio, inoltre, parlava delle proprietà medicinali delle piante, prescrivendole per i disturbi della gotta e della milza.
Sia i Greci che i Romani associavano la violetta con i funerali e la morte: i fiori venivano infatti cosparse sulle tombe dei bambini come simbolo di innocenza e di purezza. Ma la varietà è presente anche nel cristianesimo, visto che simboleggia pure l’umiltà della Vergine Maria: non a caso si afferma che sbocciarono violette quando l’angelo Gabriele le annunciò che sarebbe stata la mamma di Gesù. I monaci nel Medioevo la chiamavano “Viola tricolor”, perché nei suoi tre colori avevano visto il simbolo della Trinità.
I cristiani del Medioevo credevano che le violette un tempo fossero stati fiori forti ed eretti, costretti a chinare il capo, però, quando cadde su di loro l’ombra della croce, inducendole alla vergogna per la persecuzione di Cristo. Le violette indicano inoltre saggezza spirituale, umiltà e fedeltà, e si trovano spesso anche nei dipinti religiosi.
Anche secondo la florigrafia vittoriana, la violetta significa riserbo, candore e innocenza. Ed è stato più o meno lo stesso significato attribuito al fiore durante il Rinascimento. La leggenda narra che, mentre Napoleone era in esilio sull’isola d’Elba, confidò ai suoi fedeli che sarebbe tornato in Francia con la comparsa delle viole in primavera e, dopo la sua morte, nel suo medaglione furono trovate delle violette raccolte dalla tomba di Giuseppina, la donna che aveva amato.
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