lunedì 20 febbraio 2017

"Poesia della montagna" Di Aldo Moresi di Bellinzona


La montagna ha sempre costituito per me una passione particolare, un motivo di evasione dal solito ritmo della vita quotidiana. L'amore per la natura, per le cose semplici, l'ho ereditato dalla mia gente contadina. Nato in un piccolo villaggio dell'alta Valcolla, da ragazzo nei periodi estivi mi recavo sulla montagna con altri coetanei a custodire le mucche. Ricordo con nostalgia quei periodi giovanili quando bastava poco per essere contento. Mia madre ogni mattina mi preparava, sempre puntuale nell'orario, il sacco da montagna e, prima del levar del sole, m'incamminavo lassú su quelle balze accompagnato dal primo canto degli uccelli. Ogni estate ritorno sempre a visitare quella natura bella, piena di silenzio e di poesia! Per sentire il fascino della montagna bisogna partire presto di casa, quando i prati sono ancora bagnati di rugiada, ascoltare le musiche degli insetti, sentire il profumo della terra, del muschio, dei fiori selvatici, dell'odore casalingo dei funghi. Non bisogna perdere niente di questo grandioso spettacolo naturale.

La felicità del cuore avverte lo scrittore Nino Salveneschi sia appunto nel saper comprendere, nel saper ammirare con occhi di poeta tutto ciò che ci circonda. Un fiore, un sentiero sperduto, il mormorio di un ruscello, il passar furtivo di una nuvola in cielo, il nascere di una timida stella, il canto solitario di un pastore, sono sempre motivi di alta poesia. Viviamo in un'epoca materialistica e tecnologica che pare abbia a soffocare nell'uomo quel po' di spiritualità che gli è rimasto. Tutti hanno fretta e sono soggiogati da mille preoccupazioni; dal desiderio di attivare, d'arricchire, dai miti di una società opulenta, unicamente volta alla conquista dei beni materiali. Eppure l'uomo d'oggi malgrado abbia tutto a portata di mano, non è contento di ciò che possiede, anzi sembrerebbe insoddisfatto. Le città sono divenute dei veri alveari umani e l'uomo senza un frammento d'azzurro e di poesia nell'animo, diviene un numero sperduto in una folla senza nome. L'uomo per poter sopravvivere nell'epoca spaziale ha scritto Bergson ha bisogno di un supplemento d'anima. Riuscirà quest'uomo moderno, teso alla conquista degli spazi interstellari, a guardare un attimo in se stesso per ritrovare la pace perduta e l'armonia di tutto ciò che lo circonda? Mai come in quest'epoca l'uomo sente il bisogno di fuggire dalla città affollata, dai rumori assordanti delle macchine, che sfrecciano veloci sulle stradi divenute teatro di gravi incidenti, di estraniarsi magari per una sola giornata dal ritmo frenetico del moderno esistere, di accostarsi forse solo per un'ora alla natura.

Sono rimasto per oltre una settimana in una piccola capanna di montagna, ho visto il nascere quieto dell'alba, l'allargarsi delle ombre sui pendii, il tramonto nella sua luce rossa e l'oscurarsi dei monti nel lento diminuire della luce. Spettacolo serale, indescrivibile, che solo il grande Segantini avrebbe potuto dipingere nelle sue tele. Ho visto le mandrie ruminare sotto il chiaro della luna, ho visto l'alpe raccolto e quieto nella pace della notte, i lumi lontani delle case come sospesi nella profonda oscurità. Bella e misteriosa mi apparve la montagna nella sera di mezz'estate.

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