Fra non molto sarà tempo di seminare il Mais ...
Mauro Meneghini ci racconta qualcosa sulla storia del mais italiano, su vari tipi autoctoni coltivati da secoli...storie che hanno il sapore, come dice Mauro, della leggenda.
C’è una disputa fra i paesi di Costa Volpino e di Gandino in Valseriana, tra i due qual’è quello che può vantare di aver introdotto per primo il mais dalle Americhe alla Lombardia? Di aver mangiato la prima polenta? E' difficile ricostruire la storia di una pannocchia e potrebbe risultare anche noioso, ad ogni modo; se a Gandino hanno la De.CO. per il loro mais, a Costa Volpino hanno una storia/leggenda intrigante; Pietro Gaioncelli nobile condottiero nato a Costa Volpino il 29/06/1566, di ritorno dal servizio militare nel 1636 dall’Americhe del sud, casualmente si ritrovò con 4 chicchi di mais nel fodero della spada, durante il viaggio di ritorno due marcirono infilzati dalla lama, mentre gli altri due restarono intatti, rientrato nel suo paese natio li seminò nel suo orticello, riproducendone ogni anno di più e facendo sì che estendendessero in tutta la Valle e poi nella bassa Bresciana.
Questa storia mi affascina, come tutte le leggende popolari, da un pò di tempo sono venuto a conoscenza del fatto che in Vallecamonica c’è un mais autoctono; il mais nero spinato di Esine, e improvvisamente mi sorge la curiosità se il mais portato dal nobile Gaioncelli è il progenitore del mais nero di Esine, per saperne di più chiamo un enciclopedia vivente sulla storia della valle; il cestaio di Bienno, che mi da appuntamento per il giorno dopo. Incontro Lucio, il cestaio, alla casa della stropa, così approfitto per ritirare la mia “gerla” che era in riparazione da lui. Rimango un po' deluso, di sicuro non dalla caratura del personaggio, ma perchè mi assicura che la storia del Gaioncelli è completamente inventata, a parte il fatto che fece davvero il soldato nelle americhe, inoltre nella leggenda i chicchi di mais sarebbero stati rossi, uno studioso confuse la raffigurazione dello stemma del Gaioncelli; una zampa di volatile sormontata da un ala aperta, con un gambo di granoturco, alimentando la leggenda. Quindi non c’è rapporto tra il mais spinato di Esine e quello che avrebbe importato il nobile di Costa Volpino, chiedo più informazioni sullo spinato, ma a parte quello che già si sa, cioè che veniva coltivato in tutta la vallecamonica,fino alla sua quasi scomparsa, recuperato grazie ad una famiglia; i Saloni, che sui pendii dall’Annunciata di Ossimo hanno continuato nella coltura per anni senza incrociarlo con altre specie, per via dei loro campi isolati, mantenendone così la purezza. Infine da Lucio scopro il soprannome dello spinato; “dent de cà” cioè dente di cane, nome dovuto ai rostri dei chicchi, per differenziarlo da un un altro mais antico che viene chiamato “dent de cahal” ovvero dente di cavallo. Oggi lo spinato di Esine viene coltivato in piccoli appezzamenti, molti giovani che hanno riscoperto l’agricoltura e in questo caso la cultura della valle, sono responsabili di mantenere questa specie pura, dopo che anni fa la comunità montana consegnò a coloro che fossero interessati a preservarlo, le semenze.
La particolarità del mais Rostrato di Esine è quella di essere considerato un mais di montagna perché produce frutti anche a temperature inferiori ai 10°C e viene coltivato oltre i 1250m slm.
Dopo una lunga chiaccherata e un giro per il paese di Bienno, in cui Lucio mi fa da cicerone, rientro a casa. Nei giorni seguenti scopro che molti tipi di mais vengono coltivati in valle, dal rosso quarantino a quello grigio per i pop corn, e un altro mais nero, senza lo spino e dal chicco grosso a dente di cavallo, chiamato “nerone” e si sta recuperando in bassa valle. Fino alla fine della seconda guerra mondiale ogni paesino o provincia aveva il proprio mais autoctono coltivato da secoli.
Quindi gli abitanti di Gandino possono vantare di aver seminato per primi il mais in Lombardia e probabilmente inventato la polenta ...
... ma io preferisco le leggende ...
Mauro Meneghini
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