domenica 12 febbraio 2017

LE EMOJI AL MUSEO DI NEW YORK


Era il 1999, quando il signor Shigetaka Kurita, impiegato presso un’azienda di telefonia mobile nipponica, ebbe una fantastica e fantasiosa idea. Il popolo giapponese ha come sua peculiarità quella di essere timido: per un giapponese esprimere un rifiuto è praticamente difficile, se non impossibile. Così, il signor Kurita creò le emoji, dei simboli, dei disegnini che aiutassero a superare le barriere di comunicazione. La sua idea era seria e aveva anche un certo senso pratico, quello di esprimersi in maniera immediata. Infatti, il successo è stato assicurato. Oggi, il 92% del popolo digitale parla cliccando faccine dalle diverse espressioni, cuoricini, palloncini, soli e lune. Sorpresa più grande è stata quando, nel 2015, il Museo Moma di New York ha deciso di esporre le prime 176 emoji create dal signor Kurita. Le emoji sono appese alle pareti del prestigioso Museo nella sua collezione permanente accanto alle opere di Van Gogh e Picasso. Un museo ha il compito di mostrare la storia dell’umanità senza pregiudizio e queste immagini esprimono idee, sentimenti e personalità. Esse raggiungono l’obiettivo che era alla base dell’idea che le ha create: comunicare con i propri simili in modo chiaro ed efficace, come in ogni tipo di arte. E le emoji sono dei segni che fanno intuire il significato di un pensiero, di una emozione, in un istante.

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