domenica 8 ottobre 2017

La scatola

Uno splendido rapporto d'amore tra madre e figlia,
 raccontato in questa antica favola giapponese...

Kimi Kimiko era una fanciulla splendida. Molte persone, per la perfetta rassomiglianza la confondevano con la sua giovane e bellissima madre, Hidena.

Kimi e Hidena si amavano profondamente, avevano identici gusti, identici desideri, identiche antipatie, identica voce. Si compiacevano di vestirsi con abiti uguali, si acconciavano i capelli neri e lucidi nello stesso modo. E stavano sempre assieme.

Hidena, la madre, cadde inferma. Sembrava, in principio, una cosa di poca importanza, ma il male andò aggravandosi e i medici, dopo aver escogitato le cure più sapienti, dichiararono che la povera signora non avrebbe potuto vincere il misterioso malanno. Hidena capiva che la sua strada terrena stava per finire.

Tremava per la sua Kimi, si domandava come avrebbe fatto la soave creatura a sopportare lo strazio della sua scomparsa.

Le venne un’ idea. Disse alla figliola che, trepida e amorevole non l‘abbandonava un istante:

- Mia piccola, tu sogni il ritorno dei nostri giorni buoni. Vedo, nei tuoi occhi colmi di lacrime, un raggio di speranza.

- Guarirai – disse, con impeto, Kimi. – Ritorneremo a passeggiare attorno al laghetto del giardino e ci divertiremo a vedere riflesse nell’acqua le nostre immagini sbalorditivamente identiche.

- No, cara. Io sto per spegnermi. Ma resterò al tuo fianco. Mi sentirai nelle cose che abbiamo amato assieme.

- Mamma. Mia dolce mamma, non dirmi parole così tristi. Come potrei vivere senza vederti?

- Nel tavolo di lacca, vicino alla porta, è posata una scatola. Devi promettermi di aprirla per pochi attimi soltanto quando sarai molto triste o molto gaia, quando piangerai o quando sorriderai. Io ti apparirò, piangendo o sorridendo con te.

Kimi prese la scatola nera, ornata di arabeschi rossi.

- Nascondila nell’arca in cui custodisci le cose più care – disse la moribonda.

Il giorno dopo la madre morì. Kimi era disperata. Il padre, gli altri parenti non riuscivano a rendere più lieve il suo strazio. La fanciulla piangeva, piangeva. Avrebbe voluto raggiungere, nel regno della pace, la creatura amatissima. Non sopportava più l’esistenza umana, non sopportava più la terra.

Una notte si ricordò della scatola che teneva nell’ arca di ebano.

La prese, l’aprì. Vide, bianco come un giglio, scarno e piangente il volto adorato di sua madre. Abbassò, sulla visione cara, il coperchio lucido, ripose l’oggetto che ormai considerava sacro e, consolata, potè, finalmente, coricarsi, prendere sonno.

Il giorno dopo avrebbe voluto riaprir la scatola, ma ricordava le parole di sua madre: << Devi promettermi di aprirla per pochi attimi solo quando sarai molto triste o molto gaia. >>

Non era più molto triste. Sapeva di aver vicino la creatura santa. Che, certo, la vedeva come un tempo, la seguiva, poteva guidarla.

Passarono gli anni. Kimi conobbe un giovane bellissimo, serio, colto.

Se ne innamorò e fu veramente felice il giorno in cui questo uomo amabile espresse il desiderio di sposarla. Quando fu sola con la sua gioia nuova ebbe il desiderio di vedere il volto della mamma. Aprì la scatola, commossa Hidena, la creatura adorata, sorrideva soavemente. Nel volto splendido non vi era traccia di sofferenza. Vi raggiava una tenerezza esaltatrice, una gioia infinita.

Soltanto dopo moltissimi anni Kimi si accorse che, nel fondo della scatola misteriosa, vi era uno specchio, il quale, riflettendo la sua immagine di giovinezza, identica a quella della madre scomparsa, aveva potuto darle la dolce illusione.

Non si addolorò per la scoperta. Sapeva, adesso, che la sua diletta stava vicino al suo spirito e non l’ avrebbe abbandonata mai più.

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