mercoledì 28 marzo 2018

Storia formaggio marzolina

È il piccolo formaggio che un tempo si produceva solo nel primo periodo di lattazione della capra: il mese di marzo.

Si ricava dal latte di due mungiture coagulato con caglio di capretto. Dopo la rottura la pasta è fatta sgrondare nelle formelle, quindi pressata a mano e salata a secco.

La Marzolina si può consumare anche fresca, ma secondo la tradizione deve stagionare. Il processo comincia lasciando le forme su graticci di legno in ambiente ventilato, per qualche giorno, avendo cura di rivoltarle quotidianamente.

Successivamente le formaggette possono essere lavate con olio e aceto, e poi fatte maturare qualche mese in damigiane di vetro colmate con olio di oliva.

La Marzolina ha forma cilindrica allungata oppure tronco-conica, non presenta crosta, ma una buccia dura e asciutta. La pasta è bianca, compatta, scagliosa e leggermente occhiata. Il colore è bianco latte e, dopo sette, otto mesi di permanenza sott’olio, diventa bianco avorio. Formaggio secco e duro, è reso appena più pastoso dalla permanenza nell’olio d’oliva. 

In bocca all’inizio è abbastanza dolce, ricco e untuoso; se è stagionato a lungo il gusto diventa sempre più potente per terminare in modo piccante ma non pungente.

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La vera marzolina è solo con latte di capra, ma viene prodotta anche con latte di pecora oppure con latte misto di capra e pecora.

Formaggio di piccole forme, un tempo si produceva solo nel primo periodo di lattazione della capra, appunto nel mese di marzo, da cui ha preso il nome. Si ricava con il latte di due mungiture coagulato con caglio di capretto, più denso, oppure, coagulato con caglio artificiale, che risulta più liquido. Dalla potenza della cagliatura dipende la durata della cagliata: un’ora circa. Dopo la rottura della cagliatura, la pasta viene posta a sgrondare nelle frascèlla(formelle), quindi la pasta viene pressata e sagomata a mano, le fuscelle si girano due o tre volte nell’arco di un’ora; dopo 24 ore, le marzoline si tolgono dalle frascèlla e si salano con sale grosso. Il siero che avanza dalla rottura della cagliata, viene utilizzato per la produzione della ricotta: prodotta con 10 litri di siero ed un litro o due di latte. La marzolina si può consumare anche fresca, ma secondo la tradizione deve stagionare su telai di legno: il nome dialettale di tali stecche è caialö. Si lasciano asciugare per bene e si controllano ogni giorno per un mese circa. La stagionatura avviene a secco dentro contenitori di vetro chiusi ermeticamente, sottolio e sottovuoto. Con la stagionatura a secco e sottovuoto il prodotto tende a manifestare un sapore maggiormente piccante, con la stagionatura sottolio la maturazione è più lenta e la marzöllina assume più morbidezza. Il prodotto classico ha forma a fuscella, con altezza di 4 cm, diametro 6-8 cm, peso di 150 grammi circa. La crosta è di colore giallo chiaro; la pasta è compatta, di color bianco latte, scagliosa e può avere anche una leggera occhiatura. Dopo il periodo di stagionatura sottovuoto, il formaggio si presenta secco e duro, invece la stagionatura sottolio produce maggiore pastosità. La marzolina molto matura, si presenta di colore giallastro, ha odore penetrante, con caratteri organolettici assai gradevoli, forti e stuzzicanti e tendenti al piccantino. All’olfatto è ircino (lat. hircinus caprone), si sente l’odore animale caratteristicodei formaggi caprini. Al palato, inizialmente è piuttosto dolce, ricco e untuoso; se molto stagionato il gusto diventa più potente fino ad assumere un sapore piccante, ma non pungente.

Per le sue spiccate proprietà organolettiche, la marzolina si abbina bene con un "forte" vino rosso, in grado di sostenere le note piccanti e saporite di un formaggio stagionato; ma si accompagna altrettanto bene anche con il vino bianco, sia di produzione locale, sia quello normalmente in commercio. Oltre al prodotto classico, negli ultimi anni al Macchione è stata introdotta una novità: la marzolina con l’aggiunta di peperoncino, che deve essere conservata sottolio.

Un'altra "ricetta" della marzolina locale la descrive Arturo Iorio nel suo Lessico ...Si mette il latte di capra a cagliare in un "cuòmmudu" di terracotta sufficiente per la bisogna, e quando il latte s'è sufficientemente rattenuto lo si versa nelle apposite "frascèlla" lasciandole scolare e prendere la classica forma delle "casòtte". A questo punto le si potevano mangiare come caciotte fresche, molto fini e saporite altrimenti le si continuava a farle sgocciolare e quando erano asciutte abbastanza le si mettevano in un recipiente di coccio, di legno, vetro o smaltato lasciandovele finché non cominciavano a "fjuriscja" cioè ad ammuffire. Quando erano ben fiorite, si lavavano bene per rimuovere la fioritura con acqua presa dalla cottura di maccheroni con l'aggiunta di aceto, oppure con l'olio e aceto rimasto dal condimento delle insalate e si mettevano ad "assucà", seccare, all'aria, e quando erano ben asciutte si riponevano nel recipiente di prima e lasciate nuovamente a prendere la muffa. Questi maneggiamenti si ripetevano varie volte, e quando le marzoline erano "arriuàte" cioè giustamente stagionate nel sapore e nell'aroma e ben secche, le si riponevano in un recipiente di coccio tenuto chiuso, e se tendevano nuovamente a "fjuriscja", all'occasione si ripetevano lavaggio ed essiccazione. … Per anni me ne sono portate una quantità per uso di famiglia nei viaggi aerei agli USA, facendo arricciare i nasi degli ispettori durante i controlli doganali …

Usi culinari: la marzolina può essere gustata assoluta, tagliata a pezzetti sottili nell’insalata di pomodoro, tagliata molto fine sulla bruschetta con aglio a preferenza. Usata come antipasto assieme ad olive, carciofini e sottaceti. Un’antica ricetta, adatta a stomaci forti, la vuole condita con peperoncino. Se è molto stagionata, va bene grattugiata sui primi piatti, ai quali conferisce un sapore prelibato con gusto forte e genuino. A Villa S. Stefano, la marzolina viene grattugiata, in particolare, su fettuccine e gnocchi di patate conditi con sugo di capra.

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