Con questa parola, proveniente probabilmente dal verbo “pinzare” (pungere, essere piccante) s’indica l'uso di mangiare delle verdure crude intinte in olio d’oliva e sale (a piacimento con l’aggiunta di pepe e aceto), all'inizio o alla fine del pasto.
Quello del pinzimonio è un uso molto antico, già diffuso nei banchetti rinascimentali. A quel tempo la frutta e la verdura, che arricchiva i vassoi di portata per scopi puramente decorativi (trionfi), iniziò ad essere consumata intinta nei sughi delle carni che aveva decorato.
Fu nel XIX sec. che si consolidò l’abitudine di sostituire i sughi con l'olio d’oliva, perché le verdure fresche divennero una vera pietanza, affidata nella composizione alla discrezione di chi allestiva il pranzo.
In Toscana si mangiano in pinzimonio: carciofi, carote, finocchi, sedani, ravanelli, porri, cipolline ecc.
Filippo Pananti, epigrammista fiorentino dell'Ottocento, scrive:
"Mi vo subito a mettere a telonio,
pieno di fuoco e un bellissimo estro,
perché ho mangiato molto pinzimonio".
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l termine cazzimperio, prettamente romanesco, è di etimologia incerta, anche se la tesi più avvalorata è che derivi dall'italiano arcaico "cazza", il cui significato è quello di mestolo, arnese usato dagli alchimisti. Questo termine viene citato in una poesia del 1942 di Trilussa, e in un sonetto del 1831 di Giuseppe Gioachino Belli che recita:
«"La bbotta de fianco" [...] Scappò allora ridenno er sor Zaverio: «Co ssale e ppepe e cquattro gocce d’ojjo poderissimo facce er cazzimperio»»
I termini "pinzimonio" e "cazzimperio" sono stati usati anche da Roberto Benigni nel suo show Tuttobenigni 95/96; infatti all'inizio dello spettacolo l'attore si finge un politico intento a fondare il "Partito del Pinzimonio", termine per il quale il maestro Nicola Piovani ha inciso una canzone omonima.
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