Ho in mente per il mese un tempo di raccoglimento, di raccoglimento interiore.
In campagna, alla mia epoca di bambina, dopo le festività di dicembre, l'unico mese fermo e più tranquillo dai lavori continui, era proprio gennaio.
Si aspettava. Questa la sensazione che dava a me. Mai un aspettare inattivo, in campagna non era possibile, ma di sicuro i contadini rifiatavano un po'.
Il freddo costringeva a stringersi intorno al fuoco, che ardeva come sempre, ma in questo periodo era attivo tutto il giorno. Si rifinivano le cataste di legna accumulate durante l'anno, in interminabili giornate, dove persino gli uomini non mettevano il naso fuori, se non per accudire gli animali che anche lavoravano meno.
Era il momento di passaggio da un ciclo all'altro che sarebbe poi ricominciato con la primavera, ed era anche un periodo di preparazione per ciò che si sarebbe dovuto fare a breve, per cui, si sistemava tutto il sistemabile possibile.
Venivano riguardate botti e damigiane, fiaschi, corde, funi. Nonno in cantina intrecciava delle ceste coi giunchi, che poi sarebbero servite per le chioccie e i pulcini nati a Pasqua.
Come mi piaceva quando si metteva, con la sua pipa in bocca e il cappello in testa (non se lo levava mai) in quello stanzone dietro buio e freddissimo, seduto su un sacco di grano, e con gesti svelti e leggeri, con mani che andavano e venivano da due cerchi in ferro, tirava fuori, come fosse stato il più abile dei prestigiatori, delle intelaiature perfette, che poi buttava in terra da una parte “ Là ...” - diceva, come se avesse fatto un capolavoro.
E si, a me che osservavo, così parevano quelle intrecciature precise. Quel destreggiarsi con ritmi e cadenze, girare e rigirare il lavoro fra le mani e quel tac.. tac... del taglio delle forbici da pota, per sistemare e togliere le eccedenze dei tralci, quello mi parevano : una danza al contrario. Si danzava seduti... e si pensava zitti.
Anche le donne facevano la stessa cosa. Anche loro danzavano una loro danza particolare. Le vicine arrivavano in casa nostra, da nonna, con le loro seggioline. Spesso se le portavano dietro, insieme al caldanino che si piazzavano sotto le gonnelle sedendosi, e il lavoro a maglia, che si mettevano in grembo. Lavoravano di solito delle calze o delle interminabili maglie di lana di pecora, che erano poi quelle che tutti indossavano sulla pelle per il freddo...lavoravano con tanti ferri... cinque per l'esattezza... in tutto tondo e anche quella a me pareva magia... perchè nemmeno guardavano ciò che facevano, abituate a quella mansione fin da bambine. Ogni tanto prendevano un ferro, se lo infilavano nella crocchia in capo, e alternandolo agli altri, portavano avanti il lavoro , chiacchierando contemporaneamente, quindi a differenza del lavoro degli uomini, c'era in quello delle donne, un brusio in più, perchè non parlavano a voce alta, ma a bassa voce fra di loro, come se si volessero raccontare chissà quali segreti... mi toccava sempre richiedere, visto che ascoltarle mi piaceva, e stavo lì ferma con l'occhi e l'orecchi ritti... “ Che ha detto nonna?... Che è successo? Me lo dici anch'ammè?...”
“Ohioi bimba, ma un ti posso mia sempre raccontà unniosa... poi tanto un capiresti... possibile che un tu un'abbia niente da fa' che stà a sentì tutto quer che si dice?...”
A me veniva sonno, non solo mi piaceva ascoltare quel che dicevano, ma visto che la maggior parte delle volte non capivo, il tutto mi funzionava come un mantra e mi dava un torpore un addolcimento meraviglioso... titic...titac... titic.... titac... i ferri tintinnavano …. i fili di lana si districavano, fra le loro dita, tirati via via dal gomitolo su su intanto che il lavoro procedeva.... le teste chine, coperte dalle pezzole, da dove ad alcune donne spuntavano ciuffi ribelli... le parole frammezzate.... “ E lei ni disse...bz...bz... bz.... e lui allora un ne vorse sapè... e lei...bz bz...bz...”
Si fermavano tutte un momento … “ Noooo...” dicevano in coro.... poi come a comando si rimettevano a capo fitto sul lavoro. Io ciondolavo, la testa appoggiata su una mano, e seguivo insieme a quei frammenti di discorsi, le fiamme del fuoco che scoppiettava e che insieme a loro anche lui pareva seguire un discorso tutto suo.
L'insieme era magico, mi dava un calore particolare e un benessere che nessuna maglia di lana avrebbe potuto dare.
Ecco, per me gennaio è questo!
Questo ritrovarsi insieme fitti fitti, e ritrovare pensieri, e spazi interiori che solo così nel silenzio o nel brusio, possono venir fuori, o nella luce fioca che man mano sparisce alla finestra, all'arrivo della sera.
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