Il complesso è formato da una serie di grotte di cui la prima, visitabile dall'attuale ingresso, è l'Abisso Ancona, enorme cavità che ha un'estensione di 180 x 120 m ed un'altezza di 200 m; è talmente ampia (oltre 2 milioni di m3 di volume) che al suo interno potrebbe essere contenuto senza problemi il Duomo di Milano.
Dal 1972 è sotto la tutela del Consorzio Frasassi, costituito dal comune di Genga e dalla Provincia di Ancona, con l'obiettivo di salvaguardarne e valorizzarne la fruibilità scientifica e turistica.
Dal 1º settembre 1974 parte delle grotte è aperta al pubblico, divenendo nel tempo una delle maggiori attrazioni turistiche delle Marche; si è stimato che da allora oltre 12 milioni di persone le abbiano visitate
Storia
Gli antefatti
La scoperta delle Grotte di Frasassi (Grotta Grande del Vento) risale al 25 settembre 1971 ad opera di Rolando Silvestri del Gruppo Speleologico Marchigiano CAI di Ancona che ne individuò l'entrata durante la spedizione guidata da Giancarlo Cappanera. La prima grande scoperta speleologica nell'area di Frasassi, quella della Grotta del Fiume, avvenne precedentemente il 28 giugno 1948 ad opera del Dott.Mario Marchetti cofondatore del Gruppo Speleologico Marchigiano di Ancona.
Negli anni 1950 e 1960, i gruppi del CAI (Club Alpino Italiano) di Jesi e Fabriano esplorarono le cavità della zona, tra cui, nel 1966, una diramazione lunga più di 1 km che parte dalla Grotta del Fiume.
Nel luglio 1971 un gruppo di 7 esploratori jesini viene attirato da una forte corrente d'aria che fuoriesce da una piccola apertura. Dopo aver ampliato la dimensione del passaggio (chiamato in seguito Strettoia del Tarlo) per renderlo praticabile, gli esploratori si inoltrano in una fitta rete di gallerie, cunicoli, pozzi e grotte per una lunghezza di circa 5 km.
La scoperta della Grotta Grande del Vento
La prima traccia della scoperta più rilevante, quella della Grotta Grande del Vento, si avrà nel giugno 1971, quando Rolando Silvestri e Umberto di Santo, scalando la pendice nord del monte Valmontagnana a circa 450 metri di altezza, scoprirono alcuni piccoli fori che si erano aperti presumibilmente a causa dello scivolamento della terra superficiale secca mista a rami e fogliame provocato dal caldo di quella estate. Il 25 settembre 1971, Rolando Silvestri, nel corso della spedizione del Gruppo Speleologico Marchigiano CAI di Ancona organizzata e guidata da Giancarlo Cappanera, ritrovò uno di quei fori nella montagna (grande come un volante di auto) che fece scoprire la "porta d'ingresso" della grotta, subito battezzata Grotta Grande del Vento.
Tutti i particolari di questa grande scoperta sono raccontati nel sito internet curato dagli stessi scopritori.
Inizialmente gli scopritori si trovarono in questa grande grotta al buio totale e le attrezzature allora esistenti non permisero loro di scendere fino alla base della cavità sottostante, quindi si stimò l'altezza della grotta lanciando un sasso e misurando il tempo di caduta. Un primo approssimativo calcolo portava all'inaspettata altezza di oltre 100 m. Successivamente gli esploratori si dotarono di attrezzature adeguate e esplorarono l'immenso spazio, che venne chiamato "Abisso Ancona" in onore della città degli scopritori. La notizia della scoperta fu diffusa tramite stampa, ed è da questo momento che inizia la notorietà al grande pubblico delle Grotte di Frasassi.
Si riportano alcune frasi tratte dal Corriere Adriatico del 6 ottobre 1971, quando gli speleologi erano già arrivati a scoprire la Sala delle Candeline.
« Il gruppo speleologico anconetano ha individuato l'apertura di una grandissima grotta [...] le dimensioni della grotta sono talmente grandi che occorreranno numerose ispezioni per stabilirne l'ampiezza. Secondo le prime indicazioni sembra che sia una delle più grandi finora scoperte nel nostro paese e comunque fra le prime in una ipotetica classifica mondiale. Il gruppo ha ora in animo di effettuare una ispezione con permanenza in loco di almeno una settimana »
(Corriere Adriatico del 6 ottobre 1971)
In effetti le esplorazioni continuarono per tutto il resto dell'anno. L'8 dicembre 1971 venne scoperto un collegamento tra la Grotta del Fiume e la Grotta Grande del Vento, che venne ribattezzato "Condotta dei fabrianesi", si creò così il Complesso carsico "Fiume-Vento".
Le scoperte si susseguirono negli anni e numerosi altri ambienti più o meno accessibili furono scoperti ed esplorati dagli speleologi. Al momento il complesso delle grotte di Frasassi ha una lunghezza di oltre 40 km. Oltre all'Abisso Ancona, sono note la "Sala 200", così chiamata perché è un corridoio di 200 metri, la "Sala delle Candeline", che deve il nome alle numerose stalagmiti cilindriche di piccole dimensioni circondate da un anello di roccia che ricordano delle candeline su un piattino, la "Sala Bianca" il cui colore è dovuto a numerosi strati di calcite pura, la "Sala dell'Orsa" per un masso presente in essa che grazie all'erosione millenaria dell'acqua ha assunto, in maniera completamente casuale, la vaga forma di un'orsa, la "Sala dei Pagliai" e la "Sala dell'Infinito", così denominata perché ha una forma irregolarmente circolare e durante le prime esplorazioni gli speleologi vi persero l'orientamento e si ritrovarono a girare intorno alla sala diverse volte prima di trovare un'uscita, come se fossero in un percorso infinito.
Anche l'apertura al pubblico del complesso di gallerie presentò non pochi problemi di ordine tecnico che ebbero inizio già dai calcoli necessari per stabilire il punto esatto in cui scavare il tunnel di accesso.
Si assunse il compito e la responsabilità delle misurazioni l'ingegner Aldo Neroni Mercati di Fabriano a cui in seguito venne affidato dall'Amministrazione del Comune di Genga l'incarico di progettazione dell'opera (a ricordo del suo lavoro, fino a pochi anni fa era affissa una piccola lapide all'ingresso delle grotte).
Il percorso fu studiato con la massima cura e nel rispetto dell'ambiente, evitando soprattutto di abbattere le concrezioni.
Il progetto originale includeva anche una galleria di ritorno all'aperto che sarebbe dovuta sfociare a livello della strada da cui si era partiti (di questo progetto figura la rappresentazione nella bacheca situata all'ingresso attuale della Grotta Grande)
All'interno delle grotte di Frasassi c'è, durante tutto l'anno, una temperatura costante di 14 °C e un'umidità relativa prossima al 100%.
Le "Canne d'Organo"
All'interno delle cavità carsiche si possono ammirare delle sculture naturali, formatesi ad opera di stratificazioni calcaree nel corso di 190 milioni di anni grazie all'opera dell'acqua e della roccia. L'acqua, veicolando il biossido di carbonio nelle rocce calcaree, crea un processo chimico che da origine all'idrogenocarbonato di calcio, un sale che esiste solamente in soluzione [H2O+CO2+CaCO3 = Ca(HCO3)]. Tale fenomeno determina il trasferimento di piccole quantità di carbonato di calcio da un posto all'altro e, nel corso di uno stillicidio che dura millenni, finisce per formare delle concrezioni di notevoli dimensioni e di forme completamente casuali e a volte anche curiose. Le concrezioni si dividono in stalagmiti (colonne che crescono progredendo dal basso verso l'alto) e stalattiti (che invece scendono dal soffitto delle cavità).
Le forme e le dimensioni di queste opere naturali hanno stimolato la fantasia degli speleologi, i quali dopo averle scoperte le hanno "battezzate" denominandole in maniera curiosa. Tra le stalattiti e le stalagmiti più famose ricordiamo: i "Giganti", il "Cammello" e il "Dromedario", l'"Orsa" , la "Madonnina", la "Spada di Damocle" (la stalattite più grossa, di 7,40 m di altezza e 150 cm di diametro), le "piccole cascate del Niagara", la "Fetta di pancetta" (di colore rosa chiaro) e la "Fetta di lardo" (completamente bianca, per via della calcite), l'"Obelisco" (stalagmite alta 15 metri al centro della Sala 200), le "Canne d'organo" (concrezioni conico-lamellari che devono il loro nome al fatto che se vengono colpite dall'esterno risuonano), il "Castello delle streghe".
All'interno delle grotte sono presenti anche dei laghetti in cui ristagna l'acqua dello stillicidio e dei "pozzi", cavità cilindriche profonde fino a 25 m che possono raccogliere l'acqua o convogliarla verso piani carsici inferiori.
Nelle grotte non penetra in alcun punto la luce naturale superficiale, pertanto l'illuminazione è completamente artificiale e utilizza solo luci bianche fredde, cioè che non producono calore verso le concrezioni (come già detto la temperatura è costante). Le uniche luci non di questo tipo sono quelle azzurre usate per mettere in evidenza i pozzi e i laghetti.
Uno dei pozzi naturali profondi 25 m
Fauna
Nel complesso delle grotte sono state censite ben 67 specie di animali, alcune delle quali endemiche di questo ecosistema ipogeo.
Sono presenti decine di specie diverse di pipistrelli, con una colonia di oltre 12.000 miniotteri. Tra gli anfibi sono segnalati il geotritone italiano (Speleomantes italicus), la salamandrina dagli occhiali (Salamandrina terdigitata) e il tritone italiano (Lissotriton italicus).
Fra gli invertebrati merita infine una menzione la presenza di Niphargus ictus, un piccolo crostaceo troglobio che vive nelle pozze di acqua sulfurea, e di almeno altre 2 specie del genere Niphargus (N. frasassianus, N. montanarius).
Ricerca scientifica
All'interno delle grotte di Frasassi si svolgono esperimenti scientifici di cronobiologia. Tra gli speleologi che hanno trascorso più tempo all'interno delle grotte si ricorda Maurizio Montalbini.
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