Presi la bicicletta e la sportina e mi avviai pedalando, tutta imbacuccata, verso il paese.
Avevo detto una bugia a nonna sul perchè di quella partenza improvvisa, ma sapevo che tanto il prete me l'avrebbe condonata, perchè era stato a fin di bene. Nessuno doveva sapere che stavo andando a comprare i regali.
Mio padre quell'anno sarebbe arrivato per l'Epifania.
Era già un evento di per sé l'arrivo di qualcuno da Milano. Difficilmente arrivavano i miei tutti insieme, o c'era l'uno o c'era l'altro a turno e a secondo delle festività e delle loro possibilità visto il lavoro, ma io sapevo che essendoci lui, mio padre, ci sarebbe stato pranzo festivo di sicuro, e invitati e salotto aperto illuminato, tavola imbandita e cose buone per tutti, perchè lui era speciale per creare certe atmosfere anche dove non c'erano.
Il pensiero della festa alla quale avrei partecipato mi elettrizzava e tanto mi piaceva l'idea e mi rendeva felice, che allargai la mia felicità con la voglia di far regali a tutti.
Non se ne facevano allora di regali, o meglio non c'era l'usanza di scambiarsi tanti doni. Esisteva qualcosa per i piccoli e lo portava Gesù Bambino e non Babbo Natale e poi c'era la Befana per i doni e i chicchi.
Le calze di noi bimbi, penzolavano dai camini e venivano riempite di poche cose... qualche caramella, un mandarino, noci … erano Befane povere, che arrivavano su un ciuchino, almeno qui , ed era tanto se non ti portavano del carbone.
“ Senti senti – dicevano i vecchi a noi bambini- senti come raglia il ciuchino della Befana... via via su su a letto, sennò se vi vede un vi dà nulla..”
Era semplice per quei vecchi far ragliare il ciuchino, molti ce l'avevano davvero quell'animale nella stalla, e molti nonni, come seppi poi crescendo, si piazzavano fuori le case, nascosti, a far quel verso perchè i bambini ci credessero... si divertivano come matti, e le befane, le donnine travestite, col carretto e il piccolo animale, si sprecavano nella nostra campagna, e nella notte andavano di casa in casa a distribuire regali di quella che sarebbe stata l'ultima festività.
Io, i miei li comprai in una botteghina che classica dei paesi, teneva tutto e di più, ci trovavi dalla verdura, ai quaderni, e andai sul sicuro, convinta che avrei avuto quello che mi serviva per i commensali che sapevo già avrebbero partecipato al pranzo l'indomani.
Per l'occasione dovetti fare un sacrificio, che non fu nemmeno tanto doloroso, perchè non ruppi il salvadanaio, ma al mio porcellino di coccio che serviva allo scopo di mantenimento delle mie poche sostanze, allargai solo un poco la fessura limandola e rigirandolo infilando dentro la lama di un coltello feci uscire il mio tesoro di cento lire in cento lire di monete, che insieme a qualche mille lire di carta, ammontò ad una quantità di ben ottomila lire.
Era un espediente che avevo imparato da tanto, e me ne servivo per prelevare come in un bancomat qualche moneta che finiva in gelati e caramelle, senza che nonna si accorgesse di nulla, perchè il salvadanaio rimaneva intero.
“Occhè te li mangia issoldi questo maiale...è sempre voto...”- diceva lei sospettosa guardandomi, quando lo scuoteva per accertarsi che io i quattrini li avessi risparmiati...
Che bello fu spendere quei soldi scegliendo con emozione un dono adatto ad ognuno e ad ognuno diverso, secondo le mie possibilità e la loro personalità!
Scelsi convinta un profumaccio di dopobarba per mio padre, uno di quelli che all'epoca c'erano e sapevano di pino... ma la boccetta e la scatola erano deliziose... a nonna comprai del borotalco, perchè da quanto ne usava pareva lo mangiasse... però il mio era in una scatolina tonda e colorata che aveva anche una nappina dentro che pareva un cigno...nonna l'ha usata finchè è campata quella scatolina... a zio Checchere e zia Alaide comprai del caffè buono e delle caramelle.. una scatola di cioccolatini per i loro figli grandi miei cugini , e un arco con le frecce per mio cugino il piccolo... non comprai niente per me.
Tornai zitta zitta dal paese con i miei tesori e rimpiattai tutto... di nascosto feci pacchi e pacchettini e aspettai con ansia il grande momento.
Sapevo che avrei fatto la mia entrata esattamente come un'attrice consumata, alla fine del pasto, quando tutti erano tranquilli e rilassati, quando si ride si scherza, si beve il caffè, ecco, allora mi sarei assentata un attimo dal mio posto a tavola, sarei andata di sopra a recuperare i doni che avevo avvolto in altrettante carte deliziose, e trattenendo il respiro avrei fatto il giro del tavolo e li avrei distribuiti ai commensali... e così feci...
Nessuno capì nulla, io ero emozionatissima quando rientrai in salotto carica dei miei doni, e cominciai a distribuirli, come mi ero prefissa, facendo il giro del tavolo. Ricordo un silenzio assoluto, nemmeno un fiato, e lo stupore nelle facce di tutti... il cuore mi batteva nel petto come un tamburo e le gambe mi tremavano ma che soddisfazione però...rimasi lì ad osservare i gesti e i volti di quelle persone che nemmeno sapevano esprimere a parole ciò che li aveva appunto fatti restare basiti...e nemmeno sapevano come pronunciarsi se non ringraziare a balbettii quasi... ma che luce negli occhi di mio padre per quel regalo inaspettato, una luce che ancora mi porto nel cuore, uno sguardo fiero per me e una risata coinvolgente che contagiò ogni persona e fra risate e abbracci fimimmo il desinare.
Che donare fa più bene a chi dà che non a chi riceve si sa e già allora in me esisteva una realtà che poi ho visto molto mia. Furono attimi meravigliosi che conservo dentro e che ancora mi fanno ragionare perchè non ero adulta, ma una bambina di una decina d'anni e avevo svuotato il salvadanaio non per me, ma per gli altri... spesi proprio tutto, a me rimase un resto piccolo che trasformai in poche caramelle, non pensai nemmeno per un attimo di comprarmi qualcosa, non mi passò nemmeno per la mente che dovevo farmi un regalo anche per me.
Se l'Epifania è donare, se i Magi arrivano da terre lontanissime per questo motivo, facciamo che come il Natale sia ogni giorno la nostra Epifania e regaliamo doni a tutti, ma non facciamo come feci io, non è mica giusto... regaliamo qualcosa anche a noi stessi, in fondo quel piccolo cresciuto che i Magi Re sono andati a trovare, ha detto “ Ama il prossimo tuo come te stesso”... non di più!
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