Passava il postino tutti i giorni e magari si fermava a bere un bicchier di vino anche quando non aveva posta. Passava il fornaio ‘’Babi e furnèr’’ tutti i giorni, domenica esclusa, preceduto dal suono del clacson. Passava ‘’e spranghin’’ (lo spranghino) ogni 15 giorni. Si chiamava ‘’e Zupazz’’. Gli mancavano entrambe le gambe ma era abilissimo ad aggiustare gli ombrelli e le teglie di terracotta. Passava il maniscalco ogni tre mesi per ferrare gli asini ed i cavalli. Una volta al mese passava Biondi, era un bravo ed onesto venditore di olio, ‘’fourma’’ (parmigiano). Ogni tanto passavano ‘’ i zengan’’ (gli zingari) per chiedere l’elemosina ma in realtà per rubacchiare le galline. Appena un contadino li avvistava passava la voce a tutti i vicini che così stavano in guardia e garantivano l’ordine pubblico. Passava ogni tanto Nando ‘’e strazer’’ (lo straccivendolo) per raccogliere stracci e ferro vecchio. Arrivava con la sua bicicletta con due enormi cesti di ferro, uno davanti ed uno di dietro. Proveniva da ‘’ e Bosch’’ (Gambettola) città del ferro vecchio. Se ci pensate la raccolta differenziata era perfetta: stracci e ferro allo stracciaio, l’umido nella mucchia del letame, la plastica non c’era. Passavano i due frati ‘’zarcantoun’’ dopo la trebbiatura del grano e dopo la vendemmia. Con le loro bisacce chiedevano un po’ di grano e qualche fiasco di vino. Passava ‘’e mutin’’ (il sordomuto). Era un uomo che si esprimeva con le mani e chiedeva o meglio pretendeva un poco di farina e di frutta. Noi bambini avevamo paura e preparavamo il tutto, sempre pronti per l’occorrenza. Passava il venditore di corredi presso le famiglie che avevano ragazzine che dovevano essere pronte al matrimonio. Passavano i venditori di enciclopedie. Passavano i venditori di macchine da cucire. A volte erano propri e veri farabutti. Passavano i carabinieri per portare la cartolina ai ragazzi che dovevano andare militari. Passava il prete a benedire nella settimana prima di Pasqua preceduto dal chierichetto che scuoteva ‘’la scarabatla’’ e riceveva come compenso 12 uova fresche. Ancora passava il prete prima della festa di Sant’Antonio, patrono degli animali, per benedire le stalle e donare un pezzo di pane benedetto che le donne spezzettavo per le mucche, i maiali, i conigli e le galline. Passava ‘’ e pularol’’ o meglio ‘’la pularola’’ (la pollivendola). Si chiamava Iolanda ed era soprannominata ‘’la braghira’’ perché iniziava ad urlare forte nella strada prima di entrare nell’aia. Comprava galline e conigli, spesso fregava con la bilancia ma i contadini erano furbi e volevano ripesare a loro volta. Arrivavano i parenti dai paesi vicini in occasione delle feste di natale e ferragosto, per le cresime, le comunioni, i matrimoni ed i funerali. Ogni anno passava ‘’la carovana’’ di Olindo e Lella e si fermava tre giorni nello spiazzale del circolo dei comunisti. Arrivavano con la caravan trainata da una cavalla. Per tre sere tutti i contadini accorrevano per assistere ai giochi di prestigio, ai giocolieri, al cane che attraversava il cerchio di fuoco. La lella era una bella e robusta signora e dopo mezzanotte si spogliava per la gioia degli uomini. Per la festa della parrocchia arrivava la banda, la famosa ‘’banda ad Muncin’’ (banda di Montiano) che era la più famosa. Suonava la tromba un uomo piccolo e grosso che gonfiava talmente le gote che tutti dicevano:’’e va a finì che sc-iopa’’ (va a finire che scoppia). Per la festa del paese e dei paesi vicini passava il gelataio. Arrivava dalla città con il suo carrettino a forma di barchetta spinto da un motorino che nelle salite annaspava. Noi bambini lo aspettavamo sotto il mandorlo. Lui si fermava, indossava il suo camice bianco ed il berretto a forma di cono. Apriva la barchetta e distribuiva i coni con panna, cioccolato e limone. Passava spesso il fattore oppure il padrone del podere. Discuteva con il contadino e cerva di controllarlo. Passava spesso il veterinario per il parto del vitellino o per visitare gli animali ammalati. Passava il medico della mutua il famoso Dottor Celletti. Visitava gli ammalati ma si fermava volentieri a fare quattro chiacchiere con i contadini e controllare quelli che dal medico non andavano mai. Passava Sirri con la sua macchina a sei posti e portava le maestre a scuola nei vari paesi poi le andava a riprendere alla fine delle lezioni. Passava la sarta per ‘’prendere le misure’’ alle donne o alle ragazze che dovevano confezionarsi un abito nuovo. Alla domenica mattina passava Battistini a vendere l’Unità ma solo presso quelli che erano comunisti dichiarati. Il Primo maggio invece passavano da tutte le famiglie per vendere l’Unità insieme con il garofano rosso. Molti non volevano l’Unità ma accettavano volentieri il garofano simbolo della festa dei lavoratori. In primavera passava il prete Don Piero Altieri (brav’uomo ancora in mezzo a noi), caricava gli adolescenti nella sua 600 e li portava al Seminario di Carpineta dove confluivano anche i bambini con altri preti dai diversi paesi. Facevano catechismo e venivano spiegati loro i peccati da confessare che spesso in campagna non si conoscevano neppure. Al mercoledì mattina e sabato mattina, giorno di mercato, passava la SITA (la corriera) e molti contadini salivano per andare a fare spesa in città. Una volta all’anno passava la corriera per il pellegrinaggio a Longiano dove si venerava ‘’e Crest’’ (il Cristo). Ogni tre anni passava la ‘’madonna della Saletta’’. Non ho ricordi precisi ma la statua attraversava il paese di notte su un auto e dentro un armadio di vetro trasparente e con le luci accese. Tutte le donne aspettavano il passaggio sulla pubblica via facendosi il segno della croce e recitando il rosario. Prima delle elezioni comunali e nazionali veniva sempre da Cesena un funzionario del Partito Comunista a tenere un comizio. Iniziava immancabilmente con le parole ‘’compagne e compagni’’. Quando parlava delle grandi conquiste dell’Unione Sovietica gli occhi dei presenti diventavano lucidi. Alla fine tutti dicevano :’’cum l’è stè brev’’ (come è stato bravo). Per la festa del paese veniva il famosissimo canonico Don Baronio, andava a casa dei contadini che volentieri gli facevano un’offerta per il suo orfanotrofio. Era sempre tutto stazzonato, una statua ancora lo ricorda all’ingresso di Cesena a Porta Santi. Spesso passava il cantoniere che aveva il compito di ripulire i fossi e sistemare le buche della strada inghiaiata. Per due anni fu cantoniere un uomo che si dichiarava apertamente fascista. Tutti i contadini di tutte le fedi politiche gli tolsero il saluto perché era ancora recente (meno di 15 anni) l’eccidio nazifascista di tutti gli uomini della famiglia ‘’Cudin’’ (Ridolfi). Un cippo ricorda ancora oggi il fatto sulla strada che porta a San Tommaso. Passavano i ragionieri della banca per acquistare un pollo o un coniglio ruspante. I contadini li allevavano a mangime e li lasciavano liberi 15 giorni prima della vendita. Quelli veramente ruspanti se li mangiavano loro. In settembre passavano in bicicletta alcune insegnanti della scuola media per vendere i libri che loro avevano in omaggio ai pochi bambini che dovevano frequentare la prima media o il primo anno dell’avviamento industriale. Passava un generale in pensione, così lui diceva di essere, e proponeva alle famiglie che avevano un figlio in età da militare di fare domanda di esonero. In cambio si accontentava di un prosciutto o di una damigianina d’olio, quello buono. Il furbo contadino Marchet gli propinò l’olio vecchio di due anni prima semplicemente mescolato con un poco di quello nuovo per dargli colore. Per il giorno della cresima arrivava da Cesena il vescovo con la sua FIAT 1100 blu e con le tendine rosse. Era robusto e di carnagione bianchissima. I contadini dicevano ‘’us veid cun un fa ‘’ (si vede che ne fa poca cioè che non fa un lavoro di fatica). Per l’occasione il Prete Don Antonio chiedeva aiuto anche ai numerosi parrocchiani comunisti che accorrevano in massa e gli facevano fare bella figura. Il giorno delle elezioni arrivavano i soldati a guardia del seggio elettorale che era nella scuola ed i carabinieri a garantire l’ordine pubblico. La gente accorreva per offrire loro ciambelle calde appena sfornate ed albana dolce. Il giorno delle elezioni era proibito fare campagna elettorale ed allora il prete Don Antonio nella messa del mattino alle sette durante l’omelia spegneva l’altoparlante e diceva alle pie donne: mi raccomando fate la croce sullo scudino che era la Democrazia Cristiana. Nelle serate invernali arrivavano i vicini per le veglie. Ora vi chiedo, credete veramente che i contadini in campagna vivessero in solitudine?. Direi proprio di no con questo via vai di gente! Siamo alla fine degli anni 50 e ci troviamo a San Tommaso bel paesino sulle colline romagnole di Cesena ed abitato prevalentemente da famiglie di contadini mezzadri e la mia era una di queste. Dovete sapere inoltre che molti che andavano a trovare i contadini per vendere loro qualche cosa sceglievano i mesi di settembre ed ottobre. Si era alla fine dei raccolti estivi e le famiglie avevano messo insieme il gruzzolo di denaro. Iniziavano a consumarlo da dicembre in avanti infatti per settembre, ottobre e novembre aiutavano ancora i ricavi del vino, dei cachi e delle mele. Era una domenica mattina di fine settembre. Erano all’incirca le 11 e ili contadino soprannominato Banoun faceva i piccoli lavoretti passatempo tipici della giornata festiva: spazzare l’aia, travasare un poco di vino. Dal lungo viottolo vide spuntare una lambretta. La guidava un uomo di mezz’età vestito con cura: doppiopetto su camicia azzurra aperta davanti, scarpe nere e lucide, capelli brizzolati e perfettamente sbarbato. Si presentò in modo dimesso, parlava a bassa voce mostrando molta timidezza e disse di avere fatto il militare con il fratello del quale conosceva esattamente il nome e la data di nascita. Anzi, non avendo più sue notizie da molti anni era curioso di sapere dove abitava e se stava bene in salute. Lui per parte sua aveva continuato la carriera militare ed ora era un colonnello. Banoun, guardingo come tutti i contadini, volle saperne di più ma iniziò a fidarsi dialogando tranquillamente. Lo invitò in casa e gli offrì un bicchiere di sangiovese. Era quasi passata un’ora e l’ospite decise di togliere il disturbo. Prima di risalire sulla lambretta si fermò di soprassalto fingendo di essersi dimenticato qualche cosa, tolse dalla tasca un panno azzurro arrotolato e disse:’’ dimenticavo, io ho un cugino che fa il cuoco in una grossa petroliera che trasporta il petrolio dagli Emirati Arabi all’Italia. Gli emiri sono molto ricchi ed hanno un sacco d’oro che costa pochissimo. Mio cugino ha acquistato ad un prezzo incredibilmente basso braccialetti, anelli e collanine. Se sei interessato te ne posso lasciare alcuni in visione e passo domenica prossima a ritirarli se decidi di non acquistarli.’’. Mentre parlava srotolava il rotolo di tela azzurra ed apparvero in tutta la loro lucentezza bracciali, collane ed anelli. Davanti a tanta maestria la diffidenza di Banoun cominciò a crollare. Chiamò la moglie e la figlia che guardavano con occhi meravigliati quel ben di dio. Vi faccio notare che il raccolto estivo era stato abbondante ed il contadino doveva ancora versare i soldi in banca. Teneva il gruzzolo in due posti diversi, una parte nel fondo dell’armadio della camera da letto e l’altra in una scatola di latta ben nascosta nel pagliaio. Per essere breve vi dico che alla fine furono acquistati e pagati due braccialetti ed un anello. L’importo corrispondeva a circa 10 quintali di pesche. L’indomani mattina pur essendo convinto di avere fatto un ottimo affare andò in un negozio di oreficeria a Cesena in ‘’via Diureps’’ (Via degli orefici). Grande fu la sorpresa quando l’orefice gli disse che si trattava di ‘’or chiga zveta’’ (ora color cacca di civetta cioè falso). Banoun concluse: ‘’ a so propi stè un pataca’’ (sono stato proprio un pataca) anzi ‘’un quaioun d’un pataca’’(un coglione di un pataca).
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