sabato 30 dicembre 2017

Storia aceto balsamico.

Fra gli elementi unificanti della cucina Italiana dall’antichità romana in poi, hanno dominato l’aceto e il vino cotto. Da quest’ultimo è nato un ingrediente che non ha riscontro in nessun’altra cultura alimentare: l’aceto balsamico. Questa straordinaria eredità degli antichi Romani si depositò in un ristretto territorio dell’Emilia.

È certo che storicamente appare emblematico l’anno 1747, durante il quale compare, per la prima volta, nei registri delle cantine della Corte estense modenese l’aggettivo “balsamico”, attribuito ad uno dei tanti aceti lì presenti. Quell’aggettivo non può essere stato associato ad un prodotto comparso all’improvviso, al pari di qualche “aceto speciale” (aromatizzato o altro), dal momento che anche per ottenere un semplice buon aceto di vino occorrono tempi abbastanza lunghi. È più facile ritenere che la scelta sia stata del tutto consapevole, anche per far chiarezza nel ricco insieme dei prodotti presenti a Palazzo.
Al termine viene attribuito un carattere fortemente qualificante, dal momento che i “balsami” sono noti come essenze in grado di produrre sollievo e benessere a quanti vi ricorrono: sostanze particolarmente odorose, capaci di lenire i dolori e prevalentemente usate in farmacopea. Le loro proprietà, in questo caso vanno indubbiamente interpretate in senso figurato e riferite, oltre che alla particolarità dei profumi riconosciuti al prodotto, anche ad aspetti gradevoli dal punto di vista dei sapori.

La base del suo processo produttivo è il mosto di uve, trebbiano o lambrusco, che viene cotto per 24 ore e poi fatto riposare in piccole botti per tutto l’inverno. Quindi, per almeno 12 anni, viene ripetutamente travasato in botti sempre più piccole, di legni diversi, che imprimono ciascuno una nota caratteristica al bouquet dell’aceto balsamico. Rovere (favorisce la concentrazione), castagno (accentua l’agro), ciliegio (esalta la nota dolce), gelso (delicato), ginepro (aromatico).

Alla fine, da 350 chili d’uva si ricavano, si e no, 15 litri d’aceto. Un liquido bruno, denso, sciropposo, con un profumo penetrante e un sapore agrodolce vellutato. Sulle pietanze crude ne basta una lacrima, perché sprigioni tutto il suo magico gusto.

L’aceto balsamico è variamente usato in gastronomia: quale aperitivo, così come fece Giosuè Carducci nel 1872 all’esposizione agricola di Vignola, degustandone uno di 175 anni d’età; quale condimento per insalate, pinzimoni o salse; quale elisir per insaporire panini, formaggi, macedonie di frutti di bosco, creme pasticciere, gelati, panettoni e strudel.

Nessun commento:

Posta un commento