In passato, la polenta era costituita da farine di cereali diversi unite all’acqua e cotta a lungo nel paiolo. Un altro modo di prepararla consisteva nel pestare delle fave lessate in un mortaio e poi riscaldarle e condirle con olio e aromi. Intorno al ’700, si iniziò a utilizzare la farina di granoturco per fare la polenta che veniva cotta e poi fatta raffreddare sulla spianatoia per tagliarla a fette da rifare, eventualmente, alla griglia o fritte. Era il piatto più diffuso tra i contadini e i poveri e spesso costituiva l’unico alimento; il mancato apporto vitaminico della polenta diede luogo al diffondersi della pellagra. All’inizio del Novecento, la polenta veniva ancora consumata, ma come accompagnamento ad altri cibi e in sostituzione del pane. Poiché si può preparare questa pietanza con diverse farine, oggi si usa specificarne il tipo come, ad esempio, “polenta di granturco”. In commercio si trovano le cosiddette polente rapide che si preparano in poco tempo. A rigore, però, la polenta fatta con farina di granoturco alla maniera originale (eventualmente miscelata in piccola parte con quella di grano saraceno) va cotta quasi un’ora per diventare digeribile.
CONSIGLI
Per non far prendere alla polenta odori sgradevoli aggiungete all’acqua fredda iniziale un cucchiaio di farina bianca.
Se risulta troppo molle aggiungete durante la cottura un po’ di farina di granturco; se è troppo dura mettete qualche goccia di latte.
La polenta è della giusta consistenza quando il mestolo inserito al centro della pentola resta “in piedi”.
Per rispettare le tradizioni, versate la polenta cotta su un piatto di legno e tagliatela con una spatola di legno.
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