nella foto una cicala mimetizzata su un tronco
Accanto al barattolo del “mio serpente”, sulla libreria, ne ho un altro di barattoli, con delle “pupe “, che non sono bamboline, come il termine potrebbe far credere... sono delle cicale, o meglio, sono gli involucri dai quali questi animaletti escono, lasciandoli, quando hanno finito il loro ciclo di crescita.
Quelle che sentiamo cantare d'estate sugli alberi, son le stesse che dopo mutazioni che durano anche diversi anni, sono arrivate fin lì.
La cicala adulta depone le uova in tronchi, o nel fogliame secco, da quelle si sviluppano delle larve, che appena escono si interrano. Lì, le piccole larve vivono e crescono nutrendosi della linfa delle radici, in un periodo che può variare dai due ai quattro anni... ce ne sono di specie che arrivano a sette e oltre, ma non le nostre. Le nostre, dopo esser cresciute e trasformate col tempo, rimanendo sempre sotto terra, fanno la loro ultima trasformazione, da larve in pupe o ninfe, ed escono fuori.
Le pupe sono una via di mezzo fra la larva e la cicala. Son chiare, trasparenti, con zampette e ali non definite, dentro quest'ultimo involucro è pronta la cicala come la vediamo noi e, alla fine della trasformazione,il dorso si apre, si spacca proprio, si forma un taglio, una croce, dal quale il nuovo insetto, ancora bagnato, ma pronto in tutte le sue parti, esce.
Rimane attaccato al tronco per qualche ora per asciugarsi e prendere il suo colore più scuro definitivo, poi la sua vita da cicala ha inizio.
Sui tronchi, sulle foglie, in giro, rimangono questi involucri crociati della vecchia pupa. Non ho mai visto l'uscita proprio dell'animaletto, ma ho trovato tanti di quei gusci... e la loro cicala appena uscita lì vicino.
D'estate quando le sento cantare, è il maschio che lo fa per attirare le femmine, non mi danno nessun fastidio, anzi mi fanno piacere.
Penso a quanto hanno tribolato prima per arrivare ad essere ciò che sono, e tutto per quanto? Quindici giorni, un mese da cicale, il tempo di trovarsi maschi e femmine, accoppiarsi, far nascere le uova e poi morire, perchè tanto poco dura il loro tempo.
Ciò mi fa riflettere sulla nostra vita, su quanto ci affanniamo senza fermarsi mai a pensare che abbiamo molto e che dovremmo prendere esempio più dagli animali, anche i più piccoli, i più umili, e ringraziare per ciò che siamo, invece di biasimare noi stessi, per ciò che non possiamo essere o non possiamo raggiungere.
Meno male ho questo carattere, che mi permette di grogiolarmi al sole, ascoltando i versi di queste piccole creature e pensare ad un concerto improvvisato apposta per me, invece che esserne infastidita.
Quest'anno, oltre naturalmente ai grilli e alle cicale, sul prato potevo osservare anche il darsi da fare di una miriade di formiche, che in un formicaio a piramide si indaffaravano con ogni tempo.
Falciando l'erba ce l'avevo trovato e ce l'avevo lasciato dicendomi... “ … se hanno lavorato tanto per farlo perchè devo toglierlelo... che noia mi dà...” infatti poi con la falciatrice giravo intorno al loro covo per benino facendo attenzione a non rovinarlo.
La gente poi mi prende in giro, perchè anche con le formiche, cerco di conviverci... per esempio, se mi danno fastidio le sposto... metto del sale dove voglio che non vadano, e dello zucchero dove le voglio traslocare...
Diventano matte! Lasciano tutto quello che stanno facendo e corrono verso quella materia dolce caricandosene come muli e trascinando il tutto, il più delle volte, nel nuovo luogo.
Povere piccole creature, quante volte le ho osservate caricarsi anche dei piccoli, delle larve, se sentono un pericolo è la prima cosa che fanno , sistemarle da un'altra parte.
Ero così anche da piccina.
La mi' nonna con me era disperata. Portavo a casa di tutto: grilli, ragni, bruchi, girini...giusto li osservavo, poi li lasciavo andare, ma per nonna era terribile trovarsi i barattoli coi ragni o coi girini, sul camino, fra quelli dello zucchero e del sale....faceva certi salti a volte pora donna!
Ormai era rassegnata a quella nipote stramba e non mi osteggiava più di tanto, anzi spesso si adattava alle mie stramberie, ma quando una notte si dovette alzare coi capelli ritti, per scarcerare un povero grillo che segregato in una scatola coi buchi, continuava a frinire, mi proibì di portare più insetti in casa.
Il grillo fu riposizionato nel prato, come pure i ragni, i girini che navigavano in vetro, ritornarono all'acqua del rio, io mi limitai ai gatti. A quelli nonna non si opponeva..
Non era amante come me. Quella che adorava gli animali ero io. Nonna era molto terrena, non faceva mai del male a nessuno di loro, ma la passionaria ero io. Voglio dire che la mia passione deve essere stata mia fin da subito, ce l'avevo dentro già da piccola, nonna in questo senso non mi ha insegnato nulla, anzi in questo senso son io che ho insegnato a lei.
Non poteva credere che il mio micio mi seguisse e che chiacchierasse con me, che venisse appena lo chiamavo alla sera, per lei era una cosa strana.
Lei i gatti, i cani, tutti quelli che si erano susseguiti in casa, li aveva trattati bene, ma da animali diceva spesso a me, quando mi vedeva patire per qualche bestiola o preoccuparmi se Giorgio non arrivava.
Invece Giorgio (il mio gatto personale) si era adattato subito a quella vita campagnola, ma col letto caldo e i cuscini del salotto. A volte lo trovavo già sotto le coperte la sera, accanto allo scaldaletto col caldano che se la dormiva beato aspettandomi.
Nonna brontolava “ Nel letto un ce lo voglio quel sudicione...”ma poi si tranquillizzava e quando ero ammalata, me lo andava addirittura a cercare e me lo portava su lei stessa, questo insegnandomi, che opinioni diverse possono convivere, e le persone adattarsi le une alle altre con l'amore e il buonsenso.
Perchè era così fra me e nonna, un battibecco continuo per far valere ognuna le proprie ragioni, e quanto ho lottato con lei per me mie! Ma quanto ho riso anche .
Nonna era di un'ironia che pelava! E capiva! Era importante, con lei non avevi scampo, non faceva nulla che non fosse retta da una sostanziale verità e cresceva, non rimaneva sulle sue posizioni, se tu eri in grado di farle vedere le tue e portarle avanti.
Quando aveva verificato che le realtà dell'altro erano sorrette da vere emozioni e non da capricci, le accettava, ti accettava fino in fondo, e, per quanto poteva cambiava anche lei.
Siamo cresciute insieme io e nonna, pur se c'erano settant'anni di differenza.
Lei non capiva fino in fondo le mie sensibilità, ma le rispettava e soprattutto le amava e così ha insegnato anche a me che si può fare, si può essere diversi e volersi bene.
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