È un modo di essere: una costante spinta spontanea a desiderare il bene degli altri e a procurarlo. È l’incapacità di voler far male: empatia sia con chi soffre sia con chi è felice. La persona buona è spinta ad aiutare senza giudicare, a incoraggiare, a non comprendere la malvagità, pur riconoscendola. La persona buona non invidia, non sparla, non crea zizzania, si industria anzi per creare armonia. Divide con chi ha bisogno le proprie cose, spesso lavora gratuitamente, per il bisogno di far del bene, non scende facilmente a compromessi con la propria coscienza. Ama la vita, propria e altrui. Rispetta gli animali e non ne sopporta la sofferenza. Lo psicologo Alfred Adler definisce la bontà come un orientamento socialmente positivo di quella tensione ad affermarsi che tutti hanno. La bontà richiede forza e certezza di sé: non bisogna confonderla con l’indulgenza né con l’incapacità di distinguere fra bene e male. Anche se le persone buone faticano a riconoscere la cattiveria negli altri e sono spesso preda di sfruttamento o truffe, con l‘età e l’esperienza imparano ad essere caute e trattenere l’impulso generoso vagliando a chi lo rivolgono. Bontà non è dire sempre sì o accontentare i capricci degli altri e neppure lasciarsi sfruttare. I buoni sanno dire no ed essere autorevoli. La bontà deve essere temperata con la saggezza nel comprendere e giudicare, avendo cura di non essere invadenti e di non sostituirsi agli altri, anche se convinti che sia per il loro bene.
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