Dal greco dià, “attraverso” e lógos, “discorso”, è il confronto verbale tra due o più persone per scambiarsi informazioni e opinioni, sempre per comprendere, mai per prevalere. Può avvenire anche in forma scritta, e, oggi, telematica. Come pratica sociale, è possibile in società a larga comunicazione. È un modo evoluto di comunicare: impossibile per chi abbia convinzioni immutabili e non accetti pareri o informazioni contrastanti col suo credo. Il dialogo sottende infatti la volontà reciproca di comprendere l’altro; non può esistere se anche uno solo dei partecipanti ha scopi diversi. Ovviamente sottende rispetto per l’interlocutore, capacità di ascoltare e di interpretare i diversi interventi, senza lasciarsi coinvolgere emotivamente da opinioni discordanti dalle proprie, né cedere alla tentazione di discutere o di sentirsi offesi: il dialogo è fatto di opinioni, non di prese di posizione o di competizioni personali. Per sostenere un dialogo bisogna avere le idee chiare su cosa si vuol dire, il che non è sempre facile, ma è sempre utile. Si possono educare i bambini al dialogo, ascoltando le loro ragioni, spiegando le proprie. Questo non significa lasciare che decidano loro, ma permettere di esporre motivi che, se validi, possono influenzare le decisioni degli adulti. Molto difficile il dialogo interculturale, quello fra individui e gruppi che hanno origini e patrimoni linguistici, culturali, etnici, religiosi differenti: infiniti ostacoli, di cui bisogna essere coscienti, lo ostacolano o impediscono.
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